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Milano, nel 2009 capitale del Futurismo

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A partire da febbraio e per tutto il 2009 Milano diventerà capitale del futurismo: a breve l'inaugurazione della mostra a Palazzo Reale "Futurismo 1909-2009. Velocità + Arte + Azione".

Qui il Futurismo è nato e ha vissuto la sua prima, entusiasmante stagione. Dedica al Centenario di questa avanguardia rivoltosa e visionaria una mostra  promossa dal Comune di Milano e da Skira Editore e prodotta da Palazzo Reale in collaborazione con Skira e Arthemisia. La mostra, che occuperà eccezionalmente  l'intero piano terreno della Reggia milanese, sarà l'evento centrale di un ricchissimo programma di iniziative promosso dal Comune di Milano, con manifestazioni di teatro, cinema, danza, moda, che faranno della città, per l'intero 2009, la capitale del Futurismo. Sono circa quattrocento le opere che la compongono, oltre 240 delle quali sono dipinti, disegni, sculture, mentre le restanti spaziano dal paroliberismo ai progetti e disegni d'architettura, alle scenografie e costumi teatrali, dalle fotografie ai libri-oggetto, fino agli oggetti dell'orizzonte quotidiano: arredi, oggetti di arte decorativa, pubblicità, moda, tutti segnati dall'impronta innovatrice del Futurismo.

Unica tra le numerose manifestazioni espositive del Centenario, questa mostra intende infatti documentare l'intero, vastissimo campo d'azione del Futurismo, ponendo l'accento sulla sua generosa e per certi versi utopistica volontà di ridisegnare l'intero ambito dell'esperienza umana in una chiave inedita. Ridurre l'esame del Futurismo alla sola pittura e scultura rischia infatti di snaturarne il volto, cancellando quella che resta la sua più vistosa e ineguagliata specificità. Non solo, ma poiché il Futurismo non operò nei soli, più celebrati, anni Dieci, ma fu vitale per almeno un trentennio, la mostra ne rileggerà l'intera estensione, fino allo scadere degli anni Trenta, ampliando poi ulteriormente il suo orizzonte temporale per evidenziare da un lato le eredità che raccolse, dall'altro i lasciti che seppe affidare alle generazioni future: il percorso si avvia infatti nell'ultimo decennio dell'Ottocento, documentando la cultura visuale entro cui il Futurismo si formò e si inoltra nella seconda metà del Novecento, con alcuni dei protagonisti di quella stagione (Fontana, Burri, Dorazio, Schifano, i poeti visivi) che al Futurismo guardarono o resero un esplicito omaggio. 

Così come i futuristi volevano porre lo spettatore “al centro del quadro”, un allestimento fitto e incalzante porrà il visitatore “al centro del Futurismo” in una mostra vitale, esuberante e polifonica come fu quella straordinaria e irripetibile avanguardia, che da Milano si irradiò nell'intera Italia e di qui in Europa, coinvolgendo una vera folla di artisti. Tuttavia, di tutti coloro che in Italia operarono in seno al Futurismo si è scelto di presentare solo quelli che diedero un più importante contributo alla causa, sul piano della qualità della loro ricerca o sul versante del dibattito teorico: entrati nel nuovo secolo, è infatti ormai possibile gettare su questo movimento uno sguardo che travalichi la mera cronaca per servirsi dei soli strumenti della storia e della storia dell'arte.

F.T. Marinetti
Tocca poi alla figura di Filippo Tommaso Marinetti fungere da snodo tra questa stagione ancora radicata nell'Ottocento e la nuova, deflagrante età dell'avanguardia: è lui infatti il vero detonatore del nuovo corso dell'arte italiana, il demiurgo della rivoluzione estetica che segna trent'anni del nuovo secolo. Di qui in poi la mostra è articolata per decenni, secondo un percorso che si propone di individuare la dominante estetica di ognuno.
 
Gli anni Dieci e il Dinamismo plastico
Con il tema del dinamismo si introduce nell'arte quello che viene inteso come il nuovo valore assoluto della modernità. Non più un'arte statica, estranea al flusso del reale, ma un'arte capace di incorporare in sé la vita in quanto pulsione vitale e di connettersi alla realtà nel suo farsi. Questi anni, illustrati in mostra da un centinaio di preziose opere giunte da importanti raccolte pubbliche e private, rappresentano la fase più sperimentale del Futurismo e le proposte estetiche formulate dai protagonisti sono numerose e articolate, scaturite ora dal confronto dialettico con il Cubismo (in Boccioni dopo il 1912 e anche più precocemente in Carrà), ora da un'evoluzione personale, come accade a Balla, che sin dal 1915 giunge alle soglie dell'astrazione pura, ora invece derivate dall'apporto di idee delle generazioni più giovani di futuristi, che portano linfa nuova al movimento. Fra questi ci sono i giovani che con manifesti e scritti teorici contribuiscono al dibattito sul dinamismo plastico (come Depero e Prampolini) sia altri artisti, come Sironi, che transita per il movimento declinandone i principi in modo del tutto personale, o Soffici, che da Firenze conduce la sua battaglia per il nuovo, o come alcuni dei membri del gruppo Nuove Tendenze (Funi e Dudreville soprattutto):  tutti artisti che, spesso in modo decisamente autonomo, danno un apporto significativo alle ricerche futuriste.
 
Gli anni Venti e l'Arte meccanica
Lungo gli anni Venti, in un'Europa impegnata nella ricostruzione e nella riconversione industriale dopo la Grande Guerra, l'arte futurista appare fortemente connotata da una nuova esigenza di ordine e di chiarezza, ponendosi — in stretta consonanza con l'appello, diffuso un po' dovunque, del “ritorno all'ordine”. Il Futurismo non si pone più, dunque, in antagonismo bensì in piena e stretta concordanza con le altre avanguardie europee, contribuendo a mantenere aperta una dimensione internazionale dell'arte italiana anche in questi anni politicamente bui, in cui si insedia e si impone il fascismo. Balla, il vecchio maestro capace però di sempre nuove invenzioni, crea in questi anni dipinti caratterizzati da rigide architetture formali, posti quindi sotto il segno del “macchinismo”, sebbene non vi figuri una sola macchina. Depero, che già nel pieno degli anni Dieci aveva inaugurato il filone dell'arte meccanica, prosegue su questa strada dando vita a un'inedita e personale vicenda in cui il Futurismo entra in consonanza con la metafisica, ibridandosi in opere singolari immerse in un tempo fermo e sospeso; Prampolini, grazie anche alla sua rivista Noi, da subito aperta all'Europa, è il tramite con le altre avanguardie internazionali e crea opere dalle fitte concatenazioni prima di piani, poi di volumi. I futuristi torinesi, Fillia, Diulgheroff, Farfa, Mino Rosso, che nella seconda metà del decennio tengono alto e vivo il dibattito teorico, formulano da parte loro opere esemplari di questa temperie meccanica e del nuovo culto della macchina, ora intesa come “idolo” dispensatore di rigore geometrico e di nitore formale.
 
Gli anni Trenta e l’Aeropittura
Nelle opere esposte in questa sezione viene esemplificato un inedito alfabeto della modernità, declinato secondo le due direttrici fondamentali dell'esperienza fisica e mentale del volare. Frutto della nuovissima avventura percettiva consentita dal volo aereo, l'Aeropittura apre orizzonti inattesi, rimettendo in discussione quei codici della prospettiva che da sempre costituivano i principi ineludibili della pittura italiana. Con il volo aereo la prospettiva rinascimentale si annulla: la visione si fa strapiombante, i rapporti spaziali si distorcono, gli orizzonti si incurvano, trasferendo l'uomo “volante” in una dimensione spaesante e talora perfino allucinatoria. Se per alcuni lo sguardo si volge dall'alto verso il basso, per altri la prospettiva si inverte e l'occhio si alza a penetrare le profondità del cosmo. Il volo si fa così esperienza mentale, incarnando l'utopia antica del mito di Icaro, cioè dell'uomo che affonda lo sguardo nel mistero del divino. È il versante fascinoso dell' Idealismo cosmico, dalla cui costola prende forma l'esperienza del Polimaterismo: in seno a questa nuova sensibilità “cosmica” Prampolini trasfigura infatti la materia caricandola di inediti valori emozionali, fino a “spiritualizzarla”. Completano l’indagine sul Futurismo importanti opere appartenenti agli altri innumerevoli ambiti che questa generosa avanguardia ha investito con i suoi principi: in mostra figurano così delle sezioni dedicate all'esperienza dirompente del Paroliberismo; alle sperimentazioni messe in atto nella fotografia e nel cinema; alle ricerche innovative condotte nell'ambito della musica, della scena e del teatro (qui si potranno ammirare due straordinarie ricostruzioni di scenografie di Balla e Depero); alle futuribili novità concepite nell'architettura come nelle arti decorative, nella pubblicità, nella moda.

Da ultimo, una sezione intitolata "Dopo il futurismo", la quale presenta opere di Fontana, Burri, Schifano, Dorazio  e di esponenti della Poesia Visiva come Miccini e Pignotti, documentando tanto l’azzeramento dell’arte operato dalla nuova generazione del dopoguerra, quanto l’omaggio, ideale ma palpabile e talora dichiarato, che questi artisti, ognuno a suo modo, hanno reso al  Futurismo. Una saletta cinema, con un montaggio di spezzoni di film futuristi chiude il percorso di questa imponente rassegna che vuole ripercorrere nel modo più esaustivo, in occasione del suo entenario, la leggendaria storia del movimento futurista.