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Energie rinnovabili: un buon affare per le aziende

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A conti fatti, l’investimento nelle tecnologie pulite ha un rendimento molto interessante: lo dimostra uno studio Bocconi che ne quantifica gli aspetti economici e finanziari 

Gli investimenti in impianti a energie rinnovabili sono attraenti per le imprese, sia in veste di fornitori di energia alla rete elettrica nazionale che in qualità di utilizzatori diretti per i propri processi produttivi.  È quanto emerge dalla ricerca “Investire in energie rinnovabili – La convenienza economica per le imprese”, coordinata da Alessandro Nova. In tempi di grande attenzione per l’impatto che la produzione industriale ed energetica ha sull’ambiente e di grande dibattito sulla dipendenza italiana dall’estero per l’energia elettrica (l’Italia è il secondo importatore al mondo), cresce l’attesa per le prospettive di sviluppo delle energie rinnovabili. Un settore in grande fermento, come dimostra la ricerca.

Grazie al sistema di incentivazione della legislazione italiana per la produzione da energie rinnovabili, un investimento di questo tipo risulta estremamente appetibile sotto il profilo del rendimento. L’innovatività dello studio è rappresentata dalla quantificazione degli effetti economico-finanziari degli investimenti in energie rinnovabili sia nell’ipotesi di cessione dell’energia prodotta alla rete elettrica nazionale che in quella di un utilizzo nell’ambito dei processi produttivi delle imprese finanziatrici. 

È il caso, per esempio, di un impianto idroelettrico che, in grado di produrre 2 milioni di kwh l’anno e con una vita utile di 30 anni, è capace di assicurare un tasso interno di rendimento (l’indice che i ricercatori hanno posto come misura della profittabilità dell’investimento) superiore al costo del capitale investito, sia che l’energia sia completamente utilizzata per i processi produttivi industriali, sia che parte di essa (o al limite, tutta) sia venduta alla rete nazionale. In questo tipo di investimento, nel caso del 100% di autoconsumo, il tasso interno di rendimento raggiungerebbe il 18,3%, rispetto al 7,5% del costo del capitale, con una rilevante generazione di valore per gli investitori. Il periodo di rientro dell’investimento sarebbe di 8 anni nell’ipotesi di completo utilizzo dell’energia prodotta all’interno dei propri processi produttivi e si prolungherebbe di un solo anno se la metà dell’energia prodotta fosse venduta alla rete.

Un investimento conveniente, dunque, che, dal punto di vista industriale “trae origine dal differenziale tra prezzo-costo dell’energia acquistata e costo di produzione dell’energia, integrato però dagli incentivi economici che caratterizzano questi progetti” –  aggiunge Alessandro Nova. “Le iniziative legate a energie rinnovabili si confermano come investimenti estremamente interessanti sotto il profilo dei rendimenti economici ma soprattutto caratterizzati da una rischiosità sostanzialmente contenuta, caratteristica sempre più rara nel panorama industriale contemporaneo”.

Lo studio Bocconi fa il punto della situazione sul mercato delle energie rinnovabili in Italia. L’attenzione per le produzioni pulite, infatti, rappresenta per il paese non soltanto un’opportunità: “L’Europa si è posta come obiettivo il raggiungimento del 20% di quote di mercato per le energie rinnovabili entro il 2020, si tratta dunque di un obbligo. Inoltre – aggiunge Nova -, tutta una serie di condizioni spingono, nel nostro paese, verso gli investimenti in questo tipo di energie. L’Italia è il secondo importatore al mondo di energia elettrica, ma non figura tra i primi 10 produttori, e il prezzo medio per kwh è tra i più alti in Europa. Siamo fortemente dipendenti dall’estero e dalla volatilità dei prezzi che si determina sul mercato mondiale. Investire nelle energie rinnovabili potrebbe significare limitare questa dipendenza. Non solo: la riduzione del costo del kw per le imprese rappresenta un importantissimo elemento di competitività per il sistema, oggi imprescindibile, soprattutto nei settori ad alta intensità energetica”.

Infine, poiché la realizzazione di impianti idroelettrici, fotovoltaici, eolici o a biomasse è conveniente là dove ci sono industrie a grande assorbimento di energia, “la ricerca ha fornito una mappatura dei consumi energetici in Italia, identificando così le 100 combinazioni provincia/settore industriale caratterizzate dalla maggiore attrattività sia per i produttori di impianti ad energia rinnovabile sia per attività di finanziamento delle iniziative” – spiega Nova. Nella classifica delle ‘top 100’, redatta in base all’indice di ‘rilevanza energetica relativa’ delle province, ovvero in base alla spesa energetica nell’area rispetto alla spesa complessiva italiana, Milano è quella che appare più volte (13), seguita da Torino (7), Bergamo, Brescia e Vicenza (6), Treviso e Varese (5), Modena (4). Otto province che da sole occupano 52 posizioni e il 62% del ‘potenziale elettrico’ delle top 100.