Nobel: “Forse ad ottobre la fine della crisi”
L'economista americano Allen Sinai, intervenuto a Bergamo in occasione della quarta edizione "Nobel per Bergamo", ha parlato della crisi finanziaria insieme agli altri Nobel Robert Solow e William Sharpe. La ripresa? Forse in autunno
«Il peggio di questa recessione, la peggiore dagli anni Trenta, sembra ormai alle nostre spalle. E di sicuro è passato il peggio per il comparto bancario. Ma restano molti punti di debolezza e bisogna attendersi una ripresa molto lenta almeno fino al 2011». Lo ha detto alla quarta edizione dei «Nobel per Bergamo» organizzato dall'Iseo (istituto di studi economici e per l'occupazione), l'economista americano Allen Sinai, secondo cui e' ora cruciale che «i governi e le banche centrali inizino a delineare delle exit strategies dalle politiche di stimolo seguite sino ad ora. Questo perchè siamo in territorio inesplorato e non sappiamo quali potrebbero essere le conseguenze di una politica accomodante troppo prolungata». Al convegno nell'aula magna dell'Accademia della Guardia di Finanza sono intervenuti i Nobel Robert Solow e William Sharpe che hanno discusso della crisi finanziaria.
«La ripresa sarà caratterizzata da consumi privati molto più bassi negli Stati Uniti che non nel recente passato e non è da escludere che l'economia americana in generale cresca meno su base annuale di quella europea», è quanto invece prevede Robert Solow, vincitore del premio Nobel per l'economia nel 1987, secondo cui inoltre uno dei trend di fondo dei prossimi anni sarà quello di un ulteriore indebolimento del dollaro. «Credo che sarà superiore al 15-20 per cento – ha detto parlando agli studenti dell'11esima summer school, organizzata dall'Iseo e a cui partecipano 70 studenti provenienti da 40 diversi paesi – e mi auguro che si tratterà di un processo ordinato e graduale nel tempo». «La crescita dovrà essere supportata – ha aggiunto Solow – da investimenti federali, soprattutto nel campo delle energie alternative. Altrimenti è probabile che il settore privato, senza un forte stimolo pubblico, procederà a bassa velocità. Servirà dunque ancora una politica di significative spese federali ma secondo Solow occorre al tempo stesso porre attenzione agli squilibri di lungo termine.
«Si dovrà aumentare il debito in valori assoluti – ha detto – ma si dovrà anche cercare nel corso del tempo di ridurne il rapporto rispetto al pil». «Negli Usa tendiamo a pensare che la Fed debba fare tutto, ha detto e intervenire ogni volta che siamo in difficoltà ma non è così – ha spiegato Solow -. Io credo che la banca centrale dovrà usare tutti i suoi strumenti, inclusa la zero interest rate policy ancora per qualche tempo ma anche iniziare a pensare a una exit strategy. Ad esempio per quanto riguarda la politica di inondare i mercati di nuova liquidità. A mio parere il quantitive easing dovrà essere uno dei primi strumenti ad essere abbandonati non appena ci saranno segnali di una ripresa sostenibile».
«Il peggio di questa recessione, la peggiore dagli anni Trenta, sembra ormai alle nostre spalle. E di sicuro è passato il peggio per il comparto bancario. Ma restano molti punti di debolezza e bisogna attendersi una ripresa molto lenta almeno fino al 2011». Lo ha detto alla quarta edizione dei «Nobel per Bergamo» organizzato dall'Iseo (istituto di studi economici e per l'occupazione), l'economista americano Allen Sinai, secondo cui e' ora cruciale che «i governi e le banche centrali inizino a delineare delle exit strategies dalle politiche di stimolo seguite sino ad ora. Questo perchè siamo in territorio inesplorato e non sappiamo quali potrebbero essere le conseguenze di una politica accomodante troppo prolungata».
Al convegno nell'aula magna dell'Accademia della Guardia di Finanza sono intervenuti i Nobel Robert Solow e William Sharpe che hanno discusso della crisi finanziaria.
«La ripresa sarà caratterizzata da consumi privati molto più bassi negli Stati Uniti che non nel recente passato e non è da escludere che l'economia americana in generale cresca meno su base annuale di quella europea», è quanto invece prevede Robert Solow, vincitore del premio Nobel per l'economia nel 1987, secondo cui inoltre uno dei trend di fondo dei prossimi anni sarà quello di un ulteriore indebolimento del dollaro. «Credo che sarà superiore al 15-20 per cento – ha detto parlando agli studenti dell'11esima summer school, organizzata dall'Iseo e a cui partecipano 70 studenti provenienti da 40 diversi paesi – e mi auguro che si tratterà di un processo ordinato e graduale nel tempo». «La crescita dovrà essere supportata – ha aggiunto Solow – da investimenti federali, soprattutto nel campo delle energie alternative. Altrimenti è probabile che il settore privato, senza un forte stimolo pubblico, procederà a bassa velocità. Servirà dunque ancora una politica di significative spese federali ma secondo Solow occorre al tempo stesso porre attenzione agli squilibri di lungo termine.
«Si dovrà aumentare il debito in valori assoluti – ha detto – ma si dovrà anche cercare nel corso del tempo di ridurne il rapporto rispetto al pil». «Negli Usa tendiamo a pensare che la Fed debba fare tutto, ha detto e intervenire ogni volta che siamo in difficoltà ma non è così – ha spiegato Solow -. Io credo che la banca centrale dovrà usare tutti i suoi strumenti, inclusa la zero interest rate policy ancora per qualche tempo ma anche iniziare a pensare a una exit strategy. Ad esempio per quanto riguarda la politica di inondare i mercati di nuova liquidità. A mio parere il quantitive easing dovrà essere uno dei primi strumenti ad essere abbandonati non appena ci saranno segnali di una ripresa sostenibile».