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Yacht, alle origini di una grande storia

Viaggio a puntate per scoprire la vera storia dello Yacht. Dalle annotazioni di Plutarco al regno di Carlo II d’Inghilterra: l’amore dell’uomo per la nautica ha origini lontane. Uno speciale, con tante curiosità, che proseguirà anche sui prossimi numeri di B&G. Dedicato a tutti gli appassionati che vogliono saperne di più sullo straordinario mondo della nautica

Il termine “yacht” e conseguentemente “yachting” deriva dalla espressione olandese “jaght” che significa cacciare: lo jaght vogel e un uccello predatore simile al falco, veloce come il fulmine. “Jaght schips” erano quindi chiamati quei mezzi navali di dimensioni ridotte da utilizzarsi per piccolo cabottaggio tanto per diporto che per operazioni belliche. Se indiscutibile e la genesi linguistica del termine, più complesso appare datare la nascita della navigazione diportistica. Come noto, nel lago di Nemi, sono state ritrovate due navi, della lunghezza di oltre settanta metri, fatte costruire dall’imperatore Caligola. La sede del ritrovamento non può che far pensare ad un utilizzo meramente diportistico, al pari della galea con la quale Cleopatra, convocata dal governatore romano della Cilicia, Marco Antonio, giunse nel porto di Tarso nel 42 a.C. Scrive Plutarco che “avanzava mossa da fila di remi rivestiti d’argento, che fendevano l’acqua al ritmo della musica suonata da flauti, pifferi ed arpe. Le vele di lino color porpora, appena mosse dalla brezza sui corti alberi, contribuivano a dare imponenza allo spettacolo. La poppa, rivestita d’oro, mandava bagliori sotto il sole, e, all’ombra di un tendalino ricamato in oro, sedeva l’affascinante regina d’Egitto”.

Reperti archeologici indicano in maniera incontrovertibile come nell’antichità, e alle più svariate latitudini, l’uomo, una volta affrancatosi progressivamente dalla necessita della mera sopravvivenza, avesse scoperto nella navigazione, accanto alla componente con ricchi mercanti di avere a disposizione tempo e denaro per un divertimento certamente impegnativo e costoso come il diporto nautico. Sotto il profilo ambientale, i canali ed i fiumi con i loro estuari da un lato, e le acque aperte insidiose per correnti impetuose e fortunali frequenti dall’altro, rendevano la navigazione interna e costiera tranquilla sotto il profilo meteorologico e sicura dalle insidie dei pirati che ben difficilmente si sarebbero spinti in quei bracci di mare cosi insidiosi. In queste condizioni crebbe una navigazione da diporto che veniva praticata con imbarcazioni a fondo quasi piatto per navigare in acque poco profonde e munite di due derive laterali indispensabili per bilanciare la spinta del vento al traverso sulle vele ed evitare lo scarrocciamento. Potremmo dire che queste imbarcazioni, nate con vocazione commerciale, per trasportare derrate e persone, venivano utilizzate per trascorrere qualche ora di svago sui canali e fi umi con qualche breve puntata in acque libere.

E cosi sarebbe proseguita pigramente l’attività diportistica dei ricchi borghesi olandesi se la storia , come spesso accade, non avesse creato le condizioni perchè avvenisse un fatto che determinerà poi la nascita della marineria da diporto e cioè, mutuando il termine dalla lingua olandese, dello yachting. Era l’anno 1660 quando il principe Carlo Stuart , gia in esilio in Olanda ove si dilettava di qualche navigazione, portato sul trono di Inghilterra dopo la morte del Cromwell con il nome di Carlo II, in un pubblico discorso rivolto ai dignitari di corte lodo le qualità dello “jaght” sul quale aveva lungamente navigato durante il forzato distacco dalla patria dichiarando che se ne avrebbe fatto costruire uno per navigare sul Tamigi. La diplomazia olandese, con molta probabilità, non volendo perdere una facile occasione per ingraziarsi il potente sovrano provvide senza indugio a recapitargliene uno, del tutto simile a quelli utilizzati dal sovrano nei tempi d’esilio che era lungo poco meno di 16 metri, largo poco meno di 6 ed era armato con 10 cannoni. Lo governava un equipaggio di 20 uomini. Nell’agosto del 1660 il “Mary”, questo il nome dello yacht, si dice in onore della sorella del re, già costruito per la compagnia delle indie orientali, risaliva il Tamigi, dono del borgomastro di Amsterdam.

Le cronache registrano che “il re era andato a vedere, fin dalle 5 della mattina, il passaggio, sotto il ponte sul Tamigi, della nave da diporto olandese” che poi ormeggio al molo di Whitehall. La passione del re si trasferì rapidamente ai cortigiani, o forse più semplicemente, proprio perchè cortigiani, costoro ritennero di dover compiacere il sovrano. In entrambi i casi ciò costituì una fortuna perchè nacque la prima flotta da diporto della storia. Nello stesso anno infatti, non volendo essere secondi ai vicini olandesi, i costruttori locali cercarono di imitare il bastimento appena arrivato dal continente ed il famoso mastro d’ascia Christopher Pett costrui, sempre per il re, il Catherine, di dimensioni e conformazione analoghe al Mary, mentre Peter Pett varo Anne per il duca di York, fratello del re. Nel 1661, ormeggiati lungo le rive del Tamigi si dondolavano quindi quattro yachts. Il Mary, il Catherine, l’Anne e il Bezan, nel frattempo arrivato quale dono del re di Olanda al sovrano inglese. La presenza di quattro yachts, acque tranquille quali quelle del fiume, tempo libero ed un folto pubblico di cortigiani non potevano non far nascere la voglia di competere e nacquero cosi le prime regate. Possiamo quindi far risalire la data di nascita dello yachting al regno di Carlo II di Inghilterra.

Babordo e Tribordo, forse non tutti sanno che… Forse non tutti conoscono l’origine curiosa dei termini marinareschi, BABORDO e TRIBORDO, per la verità poco in uso nella marina italiana, ove si preferiscono, invece, le espressioni sinistra e dritta, per indicare il lato sinistro della nave, rispetto la sua direzione di moto, ed il lato opposto. Alcuni ritengono che l’origine del termine babordo debba essere fatto risalire all’olandese “bakboord”, cioè lato posto dietro e ciò a causa del fatto che un tempo la ruota del timone non era posta, come attualmente, in posizione ortogonale rispetto all’asse della nave, bensì in posizione coassiale e sul lato sinistro con l’effetto che il timoniere in manovra volgeva le spalle al lato sinistro che quindi era il “lato posto dietro”. Se questa potrebbe essere una ragionevole spiegazione per l’origine del termine “babordo”, difficile, per non dire inspiegabile, appare la genesi dello speculare termine “tribordo”. Alcuni ritengono che le espressioni simmetriche di “babordo” e “tribordo” trovino la loro origine nel none della nave francese “BATRIE”, come di consueto scritto sullo specchio di poppa con l’effetto che leggendo il nome l’incipit “BA” si trovasse al bordo sinistro per l’osservatore da cui , in francese “ba-bord”, ed il completamento del termine “TRIE”- da pronunciarsi semplicemente “tri” a destra da cui “tri-bord”. La spiegazione e pero vera o verisimile solo in parte; nella parte in cui da ragione della genesi delle espressioni “babordo” e “tribordo” ma inverosimile nelle premesse di fatto. Innanzitutto non pare sia mai esistita un’improbabile nave a nome “Batrie” mentre e vero che sul naviglio militare francese del tempo, sul cassero di prua campeggiasse la scritta “ BATTERIE” “espace compris entre deux ponts sur un batiment de guerre”, come si esprime l’enciclopedia Larousse vale a dire la nostra “santabarbara” ove, ben lontano dal ponte di comando, venivano stivati inneschi e munizioni e prudentemente ne veniva data notizia con una imponente scritta sul fronte in modo che fosse visibile da tutto l’equipaggio. In tali termini e veramente ragionevole ritenere che i comandi, facendo riferimento al dato visivo, fossero semplificati e immediatamente percepibili da una ciurma rozza e certamente non scolarizzata.

a cura di Roberto Magri – Nautica Story