Tempo di green economy
Impatto ambientale, energie alternative, politiche d’impresa mirate: il settore dell’ecosostenibilità in campo business vive un forte dinamismo con un potenziale occupazionale di 250mila nuovi posti entro il 2020. L’analisi di Sara Quotti Tubi, direttore di Solarexpo su questo mondo in continua evoluzione
Nuove fonti di energia, innovazione tecnologica ed efficienza energetica, in poche parole la green economy. Le previsioni di raddoppio della domanda mondiale di energia entro il 2030 hanno dato il “là” ad un certo dinamismo del settore, dall’eolico al fotovoltaico fino ad arrivare alla realizzazione di edifici a basso impatto ambientale, realizzati secondo i canoni dell’efficienza energetica e del comfort abitativo. E dal punto di vista dell’occupazione, la corsa alla green economy rappresenta un volano sicuro per nuovi posti di lavoro: si ipotizza infatti un potenziale occupazionale pari a 250.000 posti di lavoro nel 2020. La conferma di un trend in continua ascesa arriva direttamente da Sara Quotti Tubi, direttore Solarexpo & Greenbuilding, la fiera leader del settore a livello italiano ed europeo.
Ci può fornire una fotografi a sull’attuale situazione del settore rinnovabile?
L’andamento del settore delle fonti rinnovabili è decisamente in contro tendenza con l’attuale trend economico. A livello globale stiamo affrontando la più seria crisi economica degli ultimi decenni, ma c’è un comparto che per fortuna non sembra essere particolarmente interessato ed è proprio quello legato alla cosiddetta green economy. Parliamo di nuove fonti di energia, innovazione tecnologica ed efficienza energetica, tutti settori che a Solarexpo e Greenbuilding trovano la loro collocazione ideale. L’ottimo risultato registrato dall’ultima edizione delle due manifestazioni fieristiche è di fatto la cartina tornasole dell’andamento di questi mercati. Tale successo si spiega con il fatto che oggi dobbiamo fare i conti con le previsioni di raddoppio della domanda mondiale di energia entro il 2030, l’incremento delle emissioni di CO2 collegate e il problema del cambiamento climatico. È evidente che in questo contesto il ruolo delle tecnologie legate alle fonti rinnovabili e all’efficienza energetica diventa predominante. Dal 1990 a oggi il consumo di energia registrato in Italia, soprattutto nei settori servizi e commercio, è cresciuto costantemente fino a portare il nostro Paese al 12° posto nella graduatoria mondiale, con una percentuale dell’1,7% rispetto alla domanda globale. I vincoli di contenimento delle emissioni di gas serra ci impongono quindi di mettere in campo le migliori tecnologie per far fronte alla sfida energetico-ambientale dei prossimi anni. È quindi evidente che il settore delle rinnovabili sia oggi interessato da una particolare vivacità, soprattutto se parliamo di tecnologia eolica e solare. In termini di numeri, secondo i dati pubblicati dal Gestore dei servizi elettrici (Gse), a fine 2008, in Italia, sono stati installati 23.859 MW di potenza da fonte rinnovabile per una produzione complessiva di 58.164 GWh. L’incremento di produzione rinnovabile dal 2007 al 2008 è stato di oltre il 21% e il fotovoltaico ha registrato un incremento in termini di capacità di circa il 400%, passando da 87 MW nel 2007 a 431 MW nel 2008. Allo stesso modo anche l’eolico e le biomasse sono cresciute dal 2007 al 2008 rispettivamente del 30% e del 16%. Giusto per dare un’idea degli sviluppi futuri, secondo uno studio condotto dall’Associazione Europea dell’Industria Fotovoltaica (Epia) l’energia solare fotovoltaica potrebbe soddisfare entro il 2020 il 12% della domanda di elettricità dell’Unione Europea, contro una situazione attuale di poco inferiore all’1%.
In un periodo di difficoltà per il settore immobiliare come procede il comparto green?
Si sta sviluppando una certa cultura ecologica tra la gente comune nonostante i costi siano alti? Il settore immobiliare, come molti altri, sta vivendo un periodo non particolarmente felice, ma questo serve a ridurre le speculazioni edilizie. Dal canto suo il comparto green, ovvero l’edilizia a basso impatto ambientale, realizzata secondo i canoni dell’efficienza energetica e del comfort abitativo, si sta affermando. Oggi la popolazione si è resa conto che è importante vivere in edifici di buona qualità e non in strutture edilizie energivore, con una domanda energetica molto alta. Quando si compra un’automobile tra le prime caratteristiche che si valutano sono i consumi, allo stesso modo oggi quando si deve acquistare un’abitazione ci si chiede “quanto consuma”, quale peso avranno le bollette energetiche sul bilancio annuale. Il discordo vale che si tratti di una famiglia o di un’azienda, ridurre i consumi di elettricità e di gas significa contenere i costi di gestione, ridurre le emissioni di gas serra e limitare il proprio impatto sull’ambiente. Realizzare edifici di classe A o mettere in campo ristrutturazioni edilizie che rispettino i canoni dei contenimento della domanda energetica è fondamentale per la riduzione dei consumi energetici e dell’impatto sull’ambiente. Senza dimenticare che può essere una via per dare respiro all’economia, con nuovi investimenti, nuove professioni e nuova occupazione. È un processo ormai avviato e al quale non possiamo sottrarci. Sotto l’aspetto legislativo, per fortuna, stiamo assistendo a un nuovo approccio. In Italia dal primo luglio è in vigore la certificazione energetica degli edifici, anche per singole abitazioni. È bene ricordare che in caso di compravendita il venditore dovrà disporre di un attestato che certifichi il rendimento energetico del proprio appartamento o della propria casa. In altre parole tutti gli edifici dovranno essere dotati di una sorta di etichetta energetica, come avviene per gli elettrodomestici, così che si possano valutare i consumi energetici. Si deve inoltre sfatare l’idea che i costi di un’edilizia di qualità siano alti. L’investimento iniziale è maggiore, ma si deve considerare la gestione dell’edificio negli anni che è certamente più economica grazie a bollette energetiche più leggere.
Dove si investe di più e dove l’investimento ha un ritorno a più breve termine?
L’ultimo report pubblicato dall’Unep, Global Trends in Sustainable Energy Investment 2009, indica che gli investimenti in rinnovabili, dal 2004 al 2008, sono quadruplicati e hanno superato per la prima volta quelli nelle fonti tradizionali. Le fonti pulite hanno attirato nel 2008 capitali per 140 miliardi di dollari, contro i 110 delle fonti tradizionali. A livello globale, su un totale di 250 miliardi di dollari investiti in energia nel 2008, per una capacità installata di 157 GW, 105 miliardi per un totale di 40 GW, è andato alle tecnologie solari, eolico, mini-idroelettrico, biomassa e geotermia. L’eolico, di fatto, si è confermato il settore in cui si investe di più a livello assoluto: 51 miliardi di dollari, mentre il solare è la fonte che è cresciuta maggiormente in quanto a investimenti: +49%, per un totale di 33,5 miliardi di dollari. Questi dati dimostrano che la green economy sta attirando l’attenzione degli investitori che, nonostante le incertezze dei mercati, vedono nel comparto rinnovabile un mercato interessante e con buone potenzialità di crescita. Anche a livello italiano l’interesse è alto. Recenti studi stimano che nei prossimi 12 anni saranno investiti nelle energie rinnovabili 100 miliardi di euro, con una media di oltre 8 miliardi di euro l’anno. Il settore del solare è certamente uno dei più attivi, tanto che il Gse stima che la potenza totale installata raggiungerà i 900 MW nel 2009 pari a circa 70.000 nuovi impianti. La crescita continuerà nel 2010 quando si potranno raggiungere circa 1.500 MW di potenza. Anche il comparto dell’efficienza energetica rappresenta un’area di particolare interesse per gli investitori. Ridurre i consumi energetici con interventi di efficientamento, soprattutto per il settore industriale, significa abbassare notevolmente l’incidenza della voce energetica nel bilancio generale. Gli investimenti hanno effetti immediati e il ritorno degli investimenti è particolarmente veloce, si parla addirittura di due/tre anni per gli interventi più efficaci.
Quali sono le maggiori difficoltà che incontrano le aziende che vogliono investire nel verde?
Sicuramente gli iter autorizzativi. In Italia non è facile districarsi nel ginepraio della burocrazia, dove spesso vi sono diverse interpretazioni di una stessa legge o dove si trovano norme differenti da regione a regione. Un ulteriore ostacolo è dato dalla legislazione, in ritardo rispetto alle esigenze del mercato, incapace, al momento, di sollecitare l’adozione delle misure necessarie per raggiungere gli obiettivi di sviluppo delle rinnovabili o di contenimento delle emissioni di gas serra. Credo che una maggiore uniformità e semplificazione della legislatura potrebbe aiutare l’Italia nel raggiungimento degli impegni presi a livello internazionale. Poi c’è anche il fenomeno nimby (not in my back yard), dove le opposizioni locali ostacolano la realizzazione di nuovi progetti, anche semplici come un impianto fotovoltaico. Un quadro, questo, che fa desistere gli investitori e scoraggia i singoli cittadini che vogliono investire in progetti sostenibili.
Al recente G8 si è parlato della riduzione del 50% delle emissioni di gas serra entro il 2050. Entro il 2020 si dovrà raggiungere il 20% di fonti rinnovabili sul consumo finale di energia (per l’Italia si tratta del 17%). Obiettivo decisamente ambizioso. A che punto siamo?
L’Italia non spicca per celerità nel recepimento delle normative europee, soprattutto in materia ambientale e di sviluppo delle rinnovabili. Alcuni segnali ci sono, anche se il ritardo accumulato è notevole e dovremo mettere in campo sforzi ingenti per rispettare gli impegni presi in termini di contenimento delle emissioni di gas serra, di sviluppo delle rinnovabili e dell’efficienza energetica. Potrà sembrare un controsenso, ma la difficile congiuntura economica potrebbe darci una mano. Oggi investire nel settore green è sicuramente più sicuro rispetto ad altri comparti poiché garantisce il ritorno degli investimenti e allo stesso tempo ci avvicina ai target di riduzione delle emissioni di gas climalteranti. Per raggiungere gli obiettivi del pacchetto 20- 20-20 di Bruxelles dobbiamo avere una visione globale e mettere in campo progetti che abbiano efficacia sia sul breve sia sul lungo periodo. Non dobbiamo puntare su un’unica tecnologia, ma piuttosto investire sullo sviluppo di un mix di tecnologie che nel loro insieme ci consentano da un lato di avere un mix energetico equilibrato e dall’altro una gestione della domanda energetica il più possibile efficiente e razionale.
Quali sono i profili che hanno buone possibilità di trovare un’occupazione nel settore?
Secondo i dati pubblicati dal WWF Internazionale almeno 3,4 milioni di posti di lavoro in Europa sono direttamente legati ai settori delle energie rinnovabili, della mobilità sostenibile e dei beni e servizi per l’efficienza energetica. Stiamo parlando di professioni quali la produzione, installazione e manutenzione di turbine eoliche e pannelli solari, i lavori per il miglioramento dell’efficienza energetica negli edifici esistenti e la progettazione. Poi ci sono le figure esperte correlate, quali gli avvocati, i commercialisti, i consulenti che devono avere una specializzazione nel settore energetico. A livello economico, ad esempio, si sta sviluppando un filone di esperti del settore tra gli analisti finanziari, senza contare le banche che al loro interno hanno risorse umane dedicate al finanziamento di progetti energetici. Uno studio dell’Università Iefe-Bocconi ipotizza che si possa sviluppare un potenziale occupazionale pari a 250.000 posti di lavoro nel 2020. La capacità della nostra industria di rispondere alla sfida tecnologica, di ricerca e sviluppo, di innovazione, oltre che alla cooperazione tra pubblico e privato, potrà configurare tre diverse prospettive in base allo sfruttamento delle opportunità fornite dalle rinnovabili per i prossimi 12 anni. Le stime indicano che si può andare da un fatturato di 30 miliardi di euro e un’occupazione di 100.000 posti, per arrivare – nel migliore dei casi – a un fatturato di 70 miliardi e raggiungere 175.000 posti lavoro e 75.000 occupati all’estero.
Quanto può fare la tecnologia, internet per diffondere e facilitare la conoscenza del settore rinnovabili?
Internet è sicuramente uno strumento con enormi potenzialità per la diffusione della conoscenza delle rinnovabili. Anche se non si può certo fare a meno della carta stampata, credo che la maggior parte delle informazioni ormai viaggi sulla rete che ha il vantaggio di essere molto veloce, accessibile a tutti e arrivare quasi ovunque. Lo svantaggio di Internet è che non sempre le informazioni sono attendibili e verificate, ma i molti blog, forum e siti dedicati alle fonti rinnovabili sono certamente uno strumento importante per diffondere la cultura della sostenibilità ambientale. Noi, ad esempio, stiamo puntando molto sui new media e quindi anche Internet per la nostra campagna di promozione e informazione relativa alla prossima edizione di Solarexpo e Greenbuilding.
Quali sono gli obiettivi per la prossima Fiera?
Puntiamo a raffozare la leadership internazionale dei nostri eventi. Al momento Solarexpo è leader in Italia e tra i primi tre eventi di settore in Europa. Anche Greenbuilding, sebbene più giovane di Solarexpo, sta crescendo anno dopo anno affermandosi come evento di riferimento a livello nazionale. A livello di tematiche, per il 2010, oltre a trattare i consueti argomenti, punteremo i riflettori su tecnologie di frontiera come il CSP (concentrating solar power), sull’importanza delle rinnovabili nella cooperazione allo sviluppo e realizzeremo una serie di technology focus volti ad approfondire determinate tematiche: la filera produttiva del fotovoltaico, la mobilità a basso impatto ambientale, l’illuminazione ad alta efficienza e molto altro. Inoltre, all’interno di Greenbuilding, tornerà “Illuminazioni”, lo showroom su tecnologie, applicazioni e materiali innovativi per l’efficienza energetica e l’architettura sostenibile. In questi undici anni, ci siamo distinti per essere una manifestazione che guarda al futuro, senza comunque perdere di vista l’attualità. Abbiamo sempre affrontato gli argomenti caldi del settore ma anche i temi di frontiera, affiancando la capacità di approfondimento tecnicoscientifico alla capacità di stimolare il dibattito del settore con temi innovativi.