Seedorf, campione anche nel business
Non c’è solo il calcio nella vita del numero 10 del Milan che si distingue dai suoi “colleghi” per un forte spirito imprenditoriale. Parla correntemente sei lingue, ha disegnato linee di gioielli e posseduto un team motociclistico. Con la sua società ON International si occupa di sportbusiness. Ma la grande passione resta la solidarietà con progetti a sostegno dei bambini in tutto il mondo
Ha iniziato la sua carriera calcistica inseguendo prima di tutto un sogno: diventare miliardario per aiutare quanti crescono nella povertà e nelle difficoltà. Quel sognatore oggi è diventato soprattutto un campione, un fuoriclasse sul campo da gioco e nella vita. Clarence Seedorf, numero “dieci” del Milan e un curriculum sportivo lunghissimo, riesce a indossare contemporaneamente maglie diverse su “campi da gioco” differenti, dal business alla solidarietà. Conosce sei lingue, inglese, italiano, olandese, spagnolo, portoghese e surinamese; ha disegnato linee di gioielli, ha posseduto un team motociclistico e gestisce fondazioni benefiche e progetti per bambini in tutto il mondo. L’ultima sfida di Seedorf si chiama ON International, un tipo di società nuova in Italia, nata per supportare calciatori e talenti nella loro vita extracalcistica.
Come è nata l’idea di creare una società che seguisse i calciatori nella loro vita quotidiana e che si preoccupasse di studiare la loro “second life”?
La società si rivolge a tutti i talenti, non solo ai calciatori. Il calcio resta comunque il primo mercato dove vogliamo essere presenti perché è un settore che ne ha bisogno. Ho iniziato a pensare a questo tipo di impresa tre anni fa; per capire come e se potesse concretizzarsi, ho contattato persone dell’ambiente calcistico, dalla Uefa agli avvocati, soprattutto per evitare incomprensione o confl itti di interesse. Successivamente ho cercato le persone, un vero e proprio gruppo di management in grado di gestire un’operazione simile. Il percorso è stato lungo perché volevo un team competente capace di trasmettere una nuova immagine del calcio come mondo pulito, con aspetti belli e importanti. Il vero calcio è fatto dalle persone, dai calciatori e dai tifosi, tutto il resto sono solo strumenti che lo rendono visibile.
Quali sono i servizi off erti dalla On International?
La società gestisce tutta una serie di servizi che completano la vita del talento a partire dalle fasi iniziali della sua carriera. Si stila un career planing e un marketing strategy. Studiando la personalità e le capacità della persona, si crea un progetto ad hoc per il suo futuro. Sappiamo tutti che il calcio non si ferma al campo da gioco ma abbraccia un mondo molto più ampio che il calciatore deve imparare ad affrontare, cercando di restare a un certo livello senza correre il rischio di uscire di strada per un infortunio o per un’intervista e dichiarazioni sbagliate. Io, come altri giocatori quali Ronaldo e Cafù siamo stati fortunati, abbiamo avuto la forza di rimanere protagonisti della nostra carriera. Avrei voluto fare meno fatica, meno errori ed è proprio per evitare rischi e facilitare il percorso di crescita che è nata On International. I servizi vengono costruiti in base alle necessità di ciascun talento, dai giovani fino ad arrivare ai calciatori già affermati e professionisti. Si tratta di servizi concreti che vanno dalla prenotazione di un viaggio all’acquisto di una casa o all’organizzazione di un’intervista. Un giovane talento ha bisogno di un ambiente che lo protegga, permettendogli di concentrarsi sul suo lavoro alleggerendolo dalle varie problematiche quotidiane.
Che tipo di risposta state ricevendo dall’ambiente?
Io sono il primo cliente e come tale mi dico molto soddisfatto. Lavoriamo con giovani sportivi e devo dire che è stimolante assistere alla crescita dei talenti, dà valore all’impegno di tutti i giorni. Personalmente mi sento sereno; sto facendo molte cose che vanno oltre al calcio e senza l’appoggio della società non sarei riuscito a studiare e a seguire la mia fondazione. On International vuole andare oltre proponendosi una missione ambiziosa: il sistema calcio purtroppo ha molte lacune. Per tornare a credere nel gioco che tanto amano i ragazzi e i tifosi c’è bisogno di ritrovare i valori, l’etica, l’onestà e recuperare il rapporto umano con i protagonisti del calcio. On International vuole offrire tutto questo. Mi rendo conto che c’è bisogno di tempo perché siamo una realtà completamente nuova in Italia.
Secondo lei, qual è lo stato di salute del calcio in Italia?
Rispetto ad altri Paesi, In Italia c’è una mancanza di natura sportiva soprattutto nella scuola. In molti hanno capito l’importanza del calcio per la sua alta visibilità, lo vedono come uno strumento utile e necessario ai fini dell’educazione e della formazione. Io stesso, con la mia Fondazione, ho messo in atto la filosofi a di educare attraverso lo sport. Solo così possiamo cambiare la società.
Il mondo del business e il calcio non sono due realtà separate tra loro. Negli ultimi anni, nel bene o nel male, le loro strade si sono spesso incrociate. Secondo la sua esperienza, quali possono essere le conseguenze, in positivo e in negativo, di questa convivenza sullo stesso campo?
Il calcio è business. Oggi forse questa pratica sportiva ha assunto dimensioni più grandi rispetto al tipo di competenza che si può incontrare a certi livelli. Fortunatamente esponenti del business stanno entrando nel calcio per dare una svolta e soprattutto per cambiare la mentalità nella gestione dei club. L’ondata di competenza e specializzazione può veramente stravolgere in positivo il settore, sono ottimista per il futuro.
Come si sente nel vestire i panni dell’imprenditore?
Parto dal presupposto che ci sono ancora tante cose da imparare. La mia è una formazione continua perché credo che ciascuno, alla fine, sia imprenditore di se stesso e proprio da questa consapevolezza nasce la libertà della mente, condizione necessaria per fare impresa. Non solo, bisogna avere voglia di crescere e di fare, avere il coraggio di rischiare e tanta umiltà. In questo mio percorso nel mondo del business ho conosciuto persone che mi hanno consigliato e continuano a farlo, gente affermata nel proprio settore che mi sta aiutando nella creazione di una mia identità nel mondo imprenditoriale.
Quanto conta il gioco di squadra all’interno di un’azienda?
È un punto in cui continuo a credere tantissimo. L’ottimizzazione del gioco di squadra è una garanzia in più nella ricerca della vittoria. Tutte le grandi imprese hanno un team forte e un leader carismatico che rispecchia i valori dell’umiltà, del coraggio e della creatività. Nella mia società le risorse umane sono molto importanti ed è per questo che cerco di valorizzarle. On International è una struttura molto organizzata, ognuno deve avere ben chiaro il proprio ruolo per concentrare le energie su cosa fare per arrivare al miglior risultato possibile. Quando il rapporto con il cliente è diretto, è necessario dare molto valore alla trasparenza e alla comunicazione.
Oltre al calcio e al business, nella sua vita esiste un terzo aspetto, altrettanto importante, l’attività umanitaria. È ambasciatore per il progetto Goal for Africa e fondatore dell’associazione benefica Champions for Children. Come si è avvicinato alla beneficenza? Quali sono i progetti che sta seguendo?
Da piccolo avevo un sogno: diventare miliardario e famoso per dare concretezza ai progetti umanitari che avevo in mente. Avevo all’incirca dieci anni e probabilmente allora ho capito quale doveva essere la missione nella mia vita. La vera felicità sta nell’aiutare il prossimo e ciascuna delle mie attività è nata e continua a vivere perseguendo questo obiettivo. Sono sempre stata una persona generosa, mi piace ascoltare la gente e fare di tutto per aiutarla. Due anni e mezzo fa è nata la fondazione Champions for Children nata per sostenere, aiutare e tutelare le condizioni di crescita, la formazione e l’educazione dei bambini e dei giovani in stato di bisogno nei paesi in via di sviluppo e in quelli colpiti da calamità naturali. Ci si propone di operare dove le condizioni economiche o naturali rendono difficoltoso lo sviluppo dignitoso ed umano della Persona. Oggi abbiamo concretizzato una strategia precisa: utilizzare lo sport, in particolare il calcio per rieducare con dei metodi diversi, in collaborazione con università e scuole. I nostri primi progetti sono partiti in Olanda, Cambogia, Brasile, Kenia e Suriname. In alcuni Paesi stiamo lavorando non tanto per creare le strutture ma per educare il bambino allo sport e tutti quei valori che esso comporta; in Olanda, ad esempio, è partito il progetto Play Ground in partnership con una scuola olandese. Grazie a questa iniziativa, ad Almere, la criminalità si è ridotta del 30%. In cosa consiste esattamente Play Ground? Si sviluppa seguendo un progetto preciso: ci sono dei life coach che lavorano con bambini e persone, ogni settimana sono circa 700. È stata una bella soddisfazione vedere la nascita di questa struttura nella mia ex scuola di Echnaton, dove è partita l’idea. Playground utilizza circa 6.400 mq per un campo da calcio in erba sintetica, un’area tennis, uno spazio per il basket ed un’area multiuso. Serve come luogo per far fare sport ai bambini e come posto dove i ragazzi possono sviluppare le proprie attitudini sociali e le capacità emozionali. L’obiettivo è di ampliare il progetto adattandosi alle diverse culture, vorrei portare migliaia di questi play ground nel mondo per riuscire a togliere i ragazzi dalla strada.
Dal pallone alle imprese
Dal pallone alle imprese, i calciatori che scelgono di cimentarsi nel settore dell’imprenditoria sono sempre di più: un esempio su tutti l’accoppiata Vieri-Maldini che nel 2003 ha lanciato Sweet Years e che, visto il successo, l’attaccante della Fiorentina ha pensato di replicare con la creazione insieme al collega Cristian Brocchi di un’altra linea di abbigliamento, la Baci & Abbracci. Più recente l’avventura imprenditoriale del campione giallorosso Francesco Totti che, insieme alla moglie Ilary Blasi, hanno lanciato sul mercato la linea di abbigliamento casual Never Without You. Chi invece ha scelto di coniugare il business con la volontà di dare una risposta alle esigenze di lavoro dei più giovani è Gennaro Gattuso, che nel 2006 ha inaugurato a Corigliano Calabro (Cosenza), suo paese natale, un’azienda ittica, la Gattuso & Catapano, dedicata alla depurazione e all’allevamento di molluschi. L’obiettivo è quello di dare ai giovani che vivono in quell’area economicamente depressa un’occupazione. Ma non tutte le storie che vedono l’abbinata calcio e imprenditoria sono storie di successo. Basti pensare a Ronaldo: la sua società, la Emporio Ronaldo, incaricata di gestire il collegamento tra l’immagine del campione e alcune linee di orologi prodotti in Svizzera ha dovuto fare i conti con una serie di contenziosi e problemi di bilancio. E anche la linea di abbigliamento Urban 77, lanciata da Francesco Coco, non si può certo dire che abbia avuto un grande successo, anche se il terzino si è rifatto aprendo a Milano, nello sciccosissimo quadrilatero della moda, un negozio multibrand con marchi di stilisti emergenti. Infine c’è anche chi ai settori dell’abbigliamento e della ristorazione, da sempre i più gettonati dai calciatori imprenditori, ha scelto di investire in campo artistico: è il caso dello juventino Jonathan Zebina che lo scorso anno ha inaugurato la “JZ Art Trading”, galleria d’arte moderna e contemporanea nel quartiere di Brera, a Milano.