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Economia/Imprese

Alla ricerca del manager perduto

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Crescono i licenziamenti dei dirigenti, ma c’è un settore in controtendenza: nel manifatturiero la ricerca di leader è in aumento con il 25% di nuove assunzioni nel 2009. L’analisi di questo fenomeno secondo una ricerca di Promolec

Speciale manager – Parte prima

AAA manager cercasi. In tempi di crisi sembrerebbe un annuncio lontano dalla realtà, ma da quanto emerge da una ricerca di Promelec International, società milanese di executive search, il settore delle medie e medio-grandi aziende manifatturiere italiane andrebbe in controtendenza, confermandosi l’unico capace di mantenere una certa vitalità dal punto di vista della mobilità dei dirigenti. In generale l’andamento del comparto dirigenziale mostra 5mila manager lincenziati nel 2008, contro i 3mila del 2007, a fronte di sole 2800 assunzioni. E il 35% del totale dei manager assunti quest’anno riguarda proprio le imprese del comparto manifatturiero. “Si tratta soprattutto dei settori storici delle “4A” Made in Italy – spiega Maurizio Cuocci, partner di Promelec International – l’Alimentare- Vini tiene senza grandi problemi (vedi per esempio Grandi Salumifi ci Italiani), mentre Abbigliamento-Moda, Arredo-Casa e soprattutto Automazione-meccanica-gommaplastica risentono maggiormente di un calo degli ordini. Un altro settore in cui “il saper fare italiano” è protagonista e sembra risentire meno della crisi è quello della progettazione, costruzione e manutenzione dei grandi impianti in ambito chimico e petrolchimico, Oil & Gas, Energia e Infrastrutture civili. In quest’ultimo ambito sono le realtà di progettazione e installazione di impianti di energia rinnovabili, in particolare il Fotovoltaico, ad avere un andamento molto positivo”. Questo segmento di imprese, secondo uno studio di Mediobanca e Unioncamere, è composto da 4000 imprese industriali di medie dimensioni (fatturati tra 13 ai 290 milioni di euro e da 50 a 499 dipendenti), cui si aggiungono 600 realtà medio-grandi con fatturati fino a 3 miliardi di euro.

Nella maggior parte dei casi, le aziende in questione hanno i connotati di piccole multinazionali con stabilimenti produttivi e filiali commerciali a livello internazionale, accomunate dal posizionamento nell’alta di gamma dei rispettivi mercati e da una solida vocazione all’export. Ma uno tra i veri punti di forza che permettono a queste aziende di fare la differenza sul mercato nazionale e internazionale e di far fronte alla crisi, è la rapidità, come spiega Cuocci: “Il principale punto di forza è la rapidità con cui si riescono a mettere a punto le contromosse per combattere la crisi e a implementare praticamente delle strategie, sia quando si tratta di intervenire sui costi (riorganizzazioni – tagli al personale), sia sui ricavi e sullo sviluppo (ricerca di nuovi mercati di sblocco, magari di nicchia, su cui recuperare fatturati che si perdono altrove). Nelle aziende di medio – medio grandi dimensioni, l’azionista di riferimento ha spesso un ruolo attivo in azienda e pertanto i processi decisionali sono più corti. Davanti a scenari economici in mutamento come l’attuale, l’agilità e quindi la rapidità con cui si modificano i comportamenti di un’impresa è un fattore critico di successo se non addirittura di sopravvivenza”.

Il denominatore di molte delle imprese resta il Made in Italy “inteso come capacità tutta italiana di innovare e di puntare su prodotti che si distinguono nel mondo per qualità e creatività, rappresenta una scelta obbligata per competere nell’economia globale”. Ricerca alla mano, i principali ruoli ricoperti dai manager assunti sono in ambito tecnico produttivo o in ambito commerciale: fra i primi le direzioni tecniche o le direzioni di stabilimento/produzione in Italia o all’estero dove è importante avere persone in grado di guidare le funzioni verso i caratteri differenzianti del prodotto/impresa. “In ambito commerciale – spiega Cuocci – i ruoli più significativi sono quelli di Responsabilità Commerciale sui mercati esteri (Direttore Export o Direttore di Filiale Estera) perché le imprese, anche di medie dimensioni, hanno necessità di fare conoscere e vendere il loro prodotto di qualità sui mercati esteri, dove il Made in Italy è molto apprezzato anche sui mercati emergenti del sud-est asiatico. La crescita di queste imprese è guidata dalla capacità di sviluppare business sui mercati internazionali con incremento della quota export sul fatturato e ciò richiede manager di visione internazionale in grado di analizzare quali sono i mercati di maggior potenziale e di definire strategie commerciali”.

La maggior parte dei manager in questione arrivano da altre imprese manifatturiere italiane “dove hanno già avuto la possibilità di confrontarsi con successo su progetti di sviluppo aziendale e sono pronti, grazie alle competenze acquisite, per replicare i progetti condotti all’interno di altre organizzazioni o imprese”. In altri casi provengono da grandi gruppi multinazionali esteri dove hanno sviluppato competenze manageriali solide (commerciali o tecniche che siano). “In questo caso – sottolinea Cuocci – devono fare un cambio di mentalità perché devono essere in grado di calarsi in contesti meno burocratici e orientati a uno stile manageriale più operativo e concreto”. Il peggio inteso come momento più basso in termini di domanda di mercato/ingresso ordini sembra terminato. Lo conferma lo stesso Cuocci per cui “l’opinione comune è che il ritorno a valori/volumi ante-crisi sarà comunque molto graduale e non si completerà prima di un paio d’anni, non ci sarà la cosiddetta curva a “V” nell’andamento degli ordini e dei fatturati. Settembre – ottobre 2009 sarà il momento in cui le aziende avranno una visione più chiara su quelli che saranno i tempi e le modalità della ripresa e quindi una prospettiva circa i propri investimenti”.

È opinione comune che questa crisi abbia cambiato per sempre alcuni modelli di comportamento dei consumatori e di conseguenza delle imprese. “Sembra terminato il tempo di un consumismo irrazionale a favore di un consumismo consapevole – conclude Cuocci -. Il consumatore finale sarà sempre più attento a valutare concretamente il valore di prodotto in relazione al bisogno che soddisfa. Il cambiamento negli stili di consumo non potrà non avere effetti anche sul modo di fare impresa, facendo propri principi etici di responsabilità sociale di impresa”.

Segue la seconda parte >>