Anche il business ha il suo angelo custode

Si afferma sempre più la figura del “Business Angel”, manager o imprenditori disposti a investire capitali ed esperienza in nuovi progetti. Per capirne di più una panoramica del fenomeno e alcune case history di successo
Speciale Business Angel – Parte prima
Si scrive “Business Angel” e si legge creazione di innovazione e nuova impresa grazie all’intervento diretto di una persona fisica. Sono per lo più manager, imprenditori con una lunga esperienza alle spalle, disposti a investire capitali ed esperienza in progetti nuovi. La figura del Business Angel nasce negli Stati Uniti e a partire dagli ultimi anni si sta radicando anche sul territorio italiano. E oggi più che mai, causa la crisi del credito da parte delle banche, riveste un ruolo sempre più importante. Secondo una ricerca dell’Italian Business Angel Network (IBAN), il mercato dell’Angel Investing in Italia sembra ormai aver superato la sua fase pionieristica, iniziata negli anni 1999/2000, a favore di un consolidamento e di una maggior diffusione sul territorio, allineandosi alle realtà degli altri paesi europei. Dati alla mano infatti, da circa tre anni, vengono registrati valori in crescita delle operazioni concluse, ma numerose persone componenti il campione si dichiarano BA e vorrebbero seriamente investire ma ancora non lo hanno fatto. Indubbiamente, la crescita di questo fenomeno fornisce un importante contributo al completamento della filiera italiana degli attori finanziari.
Anche il profilo personale che emerge si è allineato con gli aspetti che caratterizzano la figura dei Business Angels anglosassoni, e che è andata consolidandosi negli ultimi anni: prevalentemente maschio, quarantenne, residente al Nord, con titolo di studio elevato, con esperienza di alto dirigente, quando non già imprenditore (anche se le donne non mancano; hanno un patrimonio personale non enorme (attorno ai 500 mila euro); aderiscono alla rete IBAN e investono attorno al 10% del proprio patrimonio; se ha già fatto un investimento non intende fermarsi e ne fa altri; non necessariamente tende a creare una nuova società quando entra in un progetto d’impresa. Secondo la ricerca, inoltre, il suo apporto oltre ai soldi si concentra nel fornire strategia aziendale e contatti; per quanto riguarda le informazioni, attinge dalla rete IBAN e dagli amici, e raramente dalle banche e dai centri universitari. Il Business Angel è molto mobile sul territorio – il 60% è disponibile ad uscire dalla regione e anche investire all’estero; la forma societaria impiegata in maniera prevalente è la srl.
La motivazione principale che muove l’investitore è la ricerca di una soddisfazione personale di auto realizzazione più che dalla sete di Angelo Anche il business ha il suo guadagno, entra in progetti con forte potenziale di crescita ma dove vi sia un gruppo fortemente impegnato e competente; prima di decidere di entrare in un progetto ne analizza almeno 6 e quando scarta un progetto è perché ha dubbi sulle capacità del proponente o perché il BP è poco sviluppato e poco credibile. Come spiega Paolo Anselmo, Presidente dell’Associazione Iban, “sul fronte dei settori, preferisce investire nell’ICT e Internet, ma non disdegna il settore manifatturiero, dove, ovviamente interviene nelle primissime fasi di vita del progetto d’impresa. La quota azionaria posseduta è inferiore al 30% e, a parte le operazioni che nascono in sindacato, preferisce operare da solo. Mediamente resta nel progetto circa 3 anni e al momento dell’uscita – se guadagna – guadagna molto bene”. La storia del Business Angel nasce a Broadway a fine Ottocento per aiutare i giovani artisti che non avevano risorse economiche proprie per finanziare i vari spettacoli. “La sua presenza è cresciuta a cavallo tra la Prima e la Seconda guerra mondiale – prosegue Paolo Anselmo -. In Europa il fenomeno ha preso piede a partire dalla metà degli anni Sessanta e si è sviluppato a metà degli anni Novanta. Nello specifico l’attività di Iban è iniziata insieme alla rete europea, nel 1998”.
Ma come avviene l’investimento, o meglio l’intervento attivo, del BA in azienda? “I Business Angel – prosegue Anselmo – investono generalmente dai 25mila euro ai 250mila euro per impresa. Sul piatto, oltre ai capitali, mettono le loro competenze che permetteranno alle nuove aziende di svilupparsi ed entrare nel mercato. E’ un intervento che si sviluppa nel tempo e che prende forme molto diverse. I vantaggi? Diversi sia per l’investitore che per l’impresa naturalmente. In Italia sta crescendo la consapevolezza dell’importanza di queste figure soprattutto alla luce della legge finanziaria 2009 che ha introdotto l’esenzione fiscale delle plusvalenze da investimenti in Start Up, ad opera di persone fisiche (i Business Angel), se reinvestite in altre Start Up entro 24 mesi”. L’obiettivo di Iban, spiega l’ingegner Anselmo, è quello di crescere ulteriormente e non fermarsi ai 31 milioni di euro investiti nel 2008: “L’associazione ha ricevuto ed esaminato circa 300 progetti d’impresa all’anno, di questi ne ha selezionati circa 70 ogni 12 mesi, che sono poi stati presentati ai business angels accreditati presso il circuito. Ha contribuito alla nascita di oltre 45 nuovi progetti d’impresa, per un apporto totale di capitale di rischio di circa 10 milioni di euro. Iban punta, poi, a favorire la nascita di almeno 30 nuovi progetti l’anno, per un apporto di oltre 5 milioni di euro annuali”.