Distribuzione di beni e servizi e nuove regole UE di concorrenza

Le principali novità introdotte dal regolamento dell’Unione Europea sugli accordi verticali tra le imprese per l’acquisto o la vendita di beni e servizi. Ce ne parlano l’avvocato Renzo Maria Morresi e l’avvocato Mariangela Balestra, Esperti Unioncamere Lombardia
Dall’1 giugno 2010 è in vigore il nuovo regolamento UE 330/2010 di esenzione relativo agli accordi verticali tra imprese per l’acquisto o la vendita di beni e servizi (tra cui accordi di distribuzione, fornitura, franchising). Divieti e limitazioni imposte dai produttori alla rivendita online dei loro distributori potrebbero costituire restrizioni gravi della concorrenza.
Nell’UE sono vietati tutti gli accordi, le pratiche, le decisioni tra imprese che possano impedire, restringere o falsare la concorrenza all’interno del mercato comune e incidere sugli scambi tra gli Stati membri. Gli accordi che producono vantaggi in termini di efficienza tali da compensare gli effetti anticoncorrenziali possono essere esentati per categoria, ovvero autorizzati individualmente dalla Commissione Ue (art. 101, 1° e 3° comma del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, di seguito, “il Trattato”) o dalle autorità di concorrenza nazionali (Regolamento CE 1/2003, art. 5). Il nuovo Regolamento UE 330/2010 (di seguito, “il Regolamento”), in vigore dall’1 giugno 2010 al 31 maggio 2022, conferma la struttura del precedente regolamento CE 2790/99 di esenzione per categoria degli accordi verticali (cioè, tra imprese operanti a diversi livelli della catena produttiva e/o distributiva), con alcune novità.
Accordi verticali tra imprese non concorrenti
Fruiscono dell’esenzione prevista dal Regolamento, e dunque si presumono compatibili con le norme di concorrenza UE, se: non contengono
1.restrizioni fondamentali della concorrenza (di seguito indicate)
2.il venditore detiene una quota inferiore al 30% del mercato rilevante su cui vende il bene o il servizio contrattuale
3.l’acquirente detiene una quota inferiore al 30% del mercato rilevante su cui acquista il bene o il servizio contrattuale. Il precedente regolamento, prevedendo solo la quota di mercato del venditore,esentava gli accordi tra piccoli fornitori e acquirenti con elevato potere di mercato. Con la nuova soglia del 30% anche per l’acquirente, alcuni di questi accordi (ad esempio, quelli della grande distribuzione organizzata con i propri fornitori) non beneficeranno dell’esenzione dall’1 giugno 2011 (termine del periodo transitorio, art. 9 del Regolamento) e occorrerà una verifica caso per caso di compatibilità con le norme di concorrenza.
Accordi verticali tra imprese concorrenti
Fruiscono dell’esenzione alle stesse condizioni purché tali accordi non siano reciproci e, in particolare:
• se accordi di vendita di un bene, l’acquirente non sia concorrente del venditore nella produzione di detto bene
• se accordi di fornitura di servizi, l’acquirente venda a sua volta beni e servizi al dettaglio e non sia concorrente del fornitore “al livello della catena commerciale in cui acquista i servizi oggetto dell’accordo” (art. 2, comma 4 del Regolamento).
Restrizioni fondamentali alla concorrenza
Accordi verticali contenenti restrizioni fondamentali alla concorrenza non beneficiano dell’esenzione prevista dal Regolamento, indipendentemente dalla quota di mercato delle imprese interessate (considerando il punto 10 del Regolamento). Secondo il Regolamento (art. 4) configura, ad esempio, una restrizione fondamentale della concorrenza:
• imporre prezzi di rivendita fissi o minimi; è consentito indicare prezzi massimi o raccomandati (art. 4, lett. a)
• limitare il territorio o la clientela a cui l’acquirente può rivendere i beni o i servizi contrattuali (art. 4, lettera b); è consentita tuttavia la creazione di reti di distribuzione esclusiva o selettiva, a certe condizioni. E’ possibile dimostrare l’esistenza delle condizioni per un’esenzione individuale (punto 47 delle linee guida che accompagnano il Regolamento).
Nelle linee guida che accompagnano il Regolamento (punti 51 e ss.), la Commissione evidenzia che un produttore:
• può vietare ai propri distributori esclusivi la promozione e le vendite nel territorio e ai clienti assegnati ad altri distributori (c.d. “vendite attive”) anche se effettuate tramite banner su siti internet di terzi, o tramite inserzioni pubblicitarie su motori di ricerca, o e mail destinate ai clienti di altri distributori (punto 53) • non può proibire di rispondere a ordini non sollecitati di clienti di altri distributori (c.d. “vendite passive”), salvo che tale divieto serva a proteggere, per un periodo fino a due anni, gli investimenti di un nuovo distributore esclusivo per la diffusione di un nuovo marchio o un marchio esistente su un nuovo mercato (punto 61).
Restrizioni e commercio online
La Commissione precisa che a ogni distributore deve essere consentito di utilizzare il suo sito internet in una o più lingue di sua scelta, in quanto il sito web è un modo ragionevole per i clienti di entrare in contatto con i venditori. Le vendite tramite sito web sono infatti qualificabili come vendite passive, in via di principio, non limitabili dal produttore (punti 51 – 59 delle linee guida). Confi gurerebbe dunque una restrizione grave della concorrenza:
• impedire al distributore di promuovere e rivendere online tramite il suo sito web mpedire a clienti “fuori zona” l’accesso al sito web di un distributore esclusivo e/o interrompere le transazioni internet con consumatori “fuori zona” paganti con carta di credito
• reindirizzare automaticamente le richieste di clienti verso siti web di altri distributori esclusivi o dello stesso produttore
• fissare un tetto alle vendite online del distributore, salvo il diritto del produttore di richiedere al distributore un certo standard di qualità per il sito web e/o un certo volume di vendite offline al fine di assicurare l’efficiente gestione del negozio fisico
• far pagare al distributore un prezzo più elevato per i prodotti commercializzati online (c.d. “doppia tariffazione”). Accordi contenenti tali restrizioni gravi possono eventualmente beneficiare di esenzioni individuali: nel caso della doppia tariffazione, il maggior prezzo della distribuzione online potrebbe essere giustificato, ad esempio, da maggiori oneri per reclami o richieste di reso a carico del produttore (punto 64 delle linee guida). Quanto al divieto di rivendita online, la Corte di Giustizia comunitaria dovrà pronunciarsi (causa C/439-09) su un’interessante questione sollevata dalla corte d’appello di Parigi in una causa promossa da Pierre Fabre Dermo- Cosmétique S.A.S., società sanzionata dall’autorità di concorrenza francese per aver imposto ai suoi distributori autorizzati un divieto generalizzato di rivendita online necessario, per la società, a preservare la qualità della sua distribuzione, non garantendo internet ai consumatori la consulenza personalizzata di un farmacista nella scelta dei suoi prodotti dermo- cosmetici. I giudici comunitari dovranno dunque dire se il divieto di rivendita online agli utilizzatori finali imposto ad una rete di distributori autorizzati costituisca effettivamente una grave restrizione della concorrenza e se possa eventualmente beneficiare di un’esenzione individuale (ai sensi dell’art. 101, n. 3, del Trattato). In conclusione, è consigliabile per le imprese un’analisi attenta della compatibilità dei loro accordi con le nuove regole di concorrenza ed in particolare dei vincoli imposti alla distribuzione online di beni e servizi contrattuali.