La crisi, un grande stimolo al cambiamento e i modelli di consulenza che possono aiutare a superarla
Il valore aggiunto della consulenza aziendale per aumentare la competitività e l’efficienza operativa dell’azienda. Come aiutare le imprese a capire la direzione da prendere
In un momento come questo dove parecchie realtà aziendali stanno fortemente risentendo di una crisi economica e di mercato importante, e che sembra essere passata solo a parole, ci siamo posti questa domanda: La consulenza aziendale può veramente aiutare le imprese ad affrontare meglio a superare questa difficile situazione ed essere quindi un vero partner per le aziende o è forse meglio in questo momento di tagli ai costi cominciare proprio da quelli per i consulenti?
E’ chiaro che non ci possa in effetti essere una risposta univoca, ma questa provocazione può essere di spunto per meglio capire quale dovrebbe essere il ruolo della consulenza e la tipologia che meglio si adatta a un momento di crisi. Prima però di parlare dei consulenti, che dovrebbero essere un mezzo, chiediamoci quale debba essere l’obiettivo, ponendoci una semplice domanda: quali sono i fattori che possono aiutare la mia azienda nel contesto attuale? In linea generale vi sono due grandi temi che possono aiutare ad aumentare la competitività e il il valore sostenibile di un’impresa: l’effi cienza operativa, ossia la capacità di ottimizzare il business model esistente migliorando l’effi cienza e l’effi cacia di un’organizzazione (dalle vendite agli acquisti, dalla produzione alle risorse umane, e da cui in generale si riesce a ottenere migliori margini, e a migliorare il cash fl ow anche con orizzonti temporali di breve periodo) e la capacità di trovare e mettere in pratica idee innovative, non solo a livello di prodotto o servizio, ma anche di modello di business o della rete di partner aziendali per off rire servizi nuovi o più completi ai clienti. Normalmente la parte legata all’innovatività ha orizzonti temporali leggermente più lunghi dell’efficienza operativa, ma in genere ritorni decisamente più interessanti. In entrambi i casi però stiamo parlando di creare valore sostenibile grazie alla capacità di mettere in discussione quello che facciamo e abbiamo fatto tutti i giorni e che, mentre ci ha garantito il successo in passato, potrebbe non essere più suffi ciente per il futuro. La crisi quindi rende più che mai necessaria la capacità di un’azienda di migliorare e di conseguenza di essere capace di ripensare in maniera più o meno approfondita il suo modo di fare business e di lavorare. La crisi, se vogliamo vederla in modo positivo, è in eff etti un enorme stimolo al cambiamento e come diceva quella formidabile leader che era Caterina la Grande (1729-1796): “Quando soffi a il vento del cambiamento alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento”. Voi quali vorreste essere? Partendo dal presupposto che tutti preferiamo stare nella squadra dei mulini a vento, in modo da guadagnare dalla crisi piuttosto che perderci, dovremmo quindi essere tutti d’accordo di quanto sia assolutamente fondamentale essere capaci non solo di cambiare, ma anche di saper gestire il cambiamento. Cambiare infatti non è per niente una cosa facile. Prima di tutto perchè bisogna capire bene qual è la direzione giusta da prendere e secondo perchè, anche una volta convinti che la direzione sia assolutamente giusta e necessaria, il cambiamento porta sempre con sé, a tutti i livelli aziendali, insicurezza, sconforto e paura per qualcosa che non si conosce così bene come il passato. Se siamo d’accordo con questi due assiomi fondamentali, e cioè che in tempo di crisi cambiare è assolutamente necessario, ma anche particolarmente diffi cile, credo che concorderemo con il fatto che un aiuto esterno, per esempio dei consulenti aziendali possa essere utile su entrambi i fattori: aiutare a capire la direzione da prendere e aiutarci a gestire la transizione fi no al raggiungimento del risultato.
Il che però non vuol dire che tutti i consulenti e i modelli di consulenza vadano bene! Quali sono allora i modelli da ricercare e quelli da evitare? Prima di tutto abbiamo detto che l’obiettivo in tempo di crisi è quello di creare valore sostenibile ossia di mettere in pratica soluzioni effi – cienti, innovative e orientate al cliente, e che producano risultati economici subito senza per altro ipotecare la competitività futura e che perdurino nel tempo. Non è sicuramente il momento di prendere consulenti che come output fi nale ci propongano la “migliore strategia possibile” o “il miglior sistema informatico possibile”, ma piuttosto la “migliore strategia fattibile” e “il miglior sistema informatico fattibile”. La diff erenza fra Fattibile e Possibile è enorme: mentre il secondo è normalmente un’analisi semplicemente orientata all’output in valore assoluto e non prende in considerazione le risorse aziendali necessarie per attuarlo (dove per risorse non intendiamo solo il numero di teste, ma in senso più lato le loro capacità, la leadership aziendale e, perchè no, la capacità aziendale di investire e gestire il cambiamento), il secondo applica un trade-off , un compromesso, fra ciò che sarebbe l’ottimo irrealizzabile e un buono realizzabile nei tempi e con le capacità esistenti in azienda. In poche parole soprattutto di questi tempi non bisogna farsi ammaliare dai grandi cambiamenti strategici (seppure spesso necessari), ma bisogna focalizzarsi piuttosto su quali siano le fasi per arrivarci, non disperdendo risorse in progetti a lunghissimo termine che assorbirebbero troppe risorse senza avere un pay-off di breve (mai capitato di ricevere da consulenti meravigliose idee riguardo alle strategie aziendali che poi sono rimaste in un cassetto?) Diventa inoltre importante capire che oltre alla fattibilità bisogna concentrarsi sulla sostenibilità delle soluzioni e del valore creato dal cambiamento. La sostenibilità è fondamentalmente funzione della capacità dell’azienda di gestire al suo interno il cambiamento; come diceva quel grande guru del cambiamento che era Jerry Sternin (inventore della positive deviance) “change is a door that you can only open from inside”, il cambiamento è una porta che si può aprire solo dall’interno (mai capitato di progetti gestiti in toto da consulenti che hanno portato a cambiamenti tanto interessanti quanto veloci a sparire con la sparizione dei consulenti stessi?). Il che vuol dire che volenti o nolenti non si possono dare completamente in outsourcing alla consulenza né l’ideazione né l’implementazione delle attività che ci porteranno una migliore competitività. In breve quindi anche per i consulenti non è più neanche tempo di soluzoni meravigliose che però il cliente da solo non può e non riesce a mettere in pratica o che appena essi spariscono evaporano come ghiaccio al sole.
E’ necessario che i consulenti non si sostituiscano al cliente, ma lo aiutino a utilizzare le risorse interne per gestire il cambiamento. E’ vero quindi che una consulenza che produce risultati sostenibili nel tempo, con il cliente e non al posto suo, è però fondamentalmente diversa da quella più in voga in passato, perchè non può permettersi di fare leva su un esercito di junior messi a fare number crunching o a chiedere a manager navigati lumi sul loro mestiere. Deve essere una consulenza di senior, fatta da gente che ne ha viste tante in azienda e che ora può veramente aiutare chi sta dall’altra parte perchè sa benissimo quali siano i “veri” problemi e che soprattutto sia disposto a rimanere con il cliente fi no al momento in cui si realizzano i benefi ci attesi. Questo ovviamente dal punto di vista del consulente potrebbe sembrare molto più complesso e fondamentalmente meno redditizio, ma così è solo in parte. Bisogna in fondo anche educare chi la consulenza la compra a non guardare solo i prezzi a giornata delle risorse, come se si comprassero viti e bulloni, ma molto più in profondità quali sono le caratteristiche vincenti di un progetto di consulenza, come le abbiamo discusse prima. La consulenza può fare molto per aiutare le aziende a uscire dalla crisi e a uscirne senza grandi bagni di sangue, ma è anche vero che la prima cosa che deve fare è sicuramente quella di rimettere un po’ in discussione alcuni suoi modelli operativi.