A proposito di Mark…
Un’analisi sulla nomina di Mark Zuckerberg, creatore di Facebook, a uomo dell’anno 2010.
Dall’essere stimolo per rimettere le nuove generazioni al centro dell’attenzione delle nostre classi dirigenti all’aver stravolto l’approccio con il web fino ad arrivare al ruolo svolto dai social network nelle dinamiche aziendali.
Secondo la rivista Time, Mark Zuckerberg, creatore di Facebook, è l’uomo dell’anno 2010. È un prestigioso riconoscimento che certamente va a premiare un giovane che ha rivoluzionato il modo secondo il quale interagiamo e comunichiamo. Facebook non è infatti solo uno dei tanti social network. Secondo una recente indagine di Vincenzo Cosenza, Facebook è di fatto il social network più usato in quasi tutti i paesi del mondo: più di mezzo miliardo di persone lo usano per comunicare, interagire, partecipare alla vita sociale.
È indubbio che la storia di Zuckerberg e la nascita di Facebook siano state e tuttora sono accompagnate da polemiche, zone d’ombra e conflitti legali sui quali è stato girato addirittura un film dal titolo “The Social Network” che ha incassato 193,651,734 dollari. Nel film si racconta la storia del ragazzo che allora era uno studente diciannovenne di Harvard. Facebook viene creato con il nome di The Facebook il 4 febbraio del 2004. Nasce per essere una piattaforma sociale in cui gli studenti della famosa università americana si sarebbero potuti scambiare informazioni personali come foto e status sentimentale. Per la fine del mese metà degli studenti di Harvard erano iscritti al servizio. In poco tempo i requisiti partecipativi per iscriversi al social network si espandono anche all’Università di Stantford, alla Columbia University e all’Università di Yale, per poi continuare con la Ivy League (le otto più prestigiose università private degli USA), il MIT, la Boston University e il Boston College. In seguito basta un indirizzo di posta elettronica con dominio universitario (per esempio .edu, .ac.uk, etc.) per accedervi da tutto il mondo. Ma è solo dall’11 settembre 2006, che chiunque abbia più di 13 anni, può parteciparvi. Il 21 luglio 2010 Mark Zuckerberg annuncia con entusiasmo sul suo blog che sono in 500 milioni ad avere un profilo su Facebook.
Ultimamente si parla della volontà di Zuckerberg di quotare Facebook in Borsa, la società ha infatti già raccolto tramite la Goldman Sachs un investimento da 1,5 miliardi di dollari, cosa che è stata resa nota tramite un comunicato stampa. Sul grey market, il mercato non ufficiale dove si fanno le precontrattazioni di azioni di società in procinto di essere quotate, il social network poco tempo fa, scambiava a livelli che scontavano una capitalizzazione di 76 miliardi. La Goldman Sachs fa inoltre sapere, tramite un documento informativo, che Facebook ha chiuso i primi nove mesi dell’anno con un utile netto di 355 milioni di dollari su ricavi per 1,2 milioni di dollari. Per gli acquirenti di titoli del social network è stato creato a Delaware un veicolo d’investimento ad hoc chiamato FBDC Investors.
L’investimento di Goldman Sachs in Facebook ha suscitato l’attenzione anche nella Sec (l’ente governativo statunitense preposto alla vigilanza della Borsa valori), che aveva già avviato un’indagine sul mercato secondario. Nel momento in cui Facebook supererà la quota di 500 azionisti o investitori avrà 120 giorni a disposizione per regolarizzare la propria posizione con la Consob americana (la legge prevede che una società non quotata possa aver un numero massimo di 499 azionisti o investitori. Una volta raggiunta quota 500 o più, c’è l’obbligo di registrarsi). Con ogni probabilità, la quotazione di Facebook in Borsa è prevista nel 2012.
Detto tutto questo, come interpretare il riconoscimento della rivista Time? Ci sono diversi punti di vista e commenti che a questo proposito si possono fare. In primo luogo, è positivo e emblematico che il riconoscimento vada a un giovane che ha saputo creare in pochi anni una realtà che ha cambiato nel profondo usi e costumi della nostra società. Se pensiamo alla realtà italiana, afflitta da una cronica incapacità di valorizzare e sostenere l’entusiasmo e la voglia di fare dei nostri migliori giovani, un primo messaggio forte che emerge è il bisogno di rimettere le nuove generazioni e le persone più dinamiche e creative del nostro paese al centro dell’attenzione delle nostri classi dirigenti.
Peraltro, la storia di Facebook mette in luce anche un secondo problema critico: come gestire l’innovazione, la competizione e il mercato in un mondo dove la primogenitura di una idea o anche solo una semplice intuizione possono fare la differenza? È un tema che continuamente riemerge sia per la progressiva dematerializzazione di molti prodotti e servizi, sia per il momento storico che stiamo vivendo. Le economie occidentali devono fronteggiare la poderosa e arrembante crescita dei paesi emergenti e della Cina in particolare, paesi che sui temi della protezione della proprietà intellettuale e della concorrenza hanno posizioni e atteggiamenti abbastanza differenti da quelli dei paesi del “primo mondo”.
C’è un terzo tema che questo riconoscimento porta in primo piano. L’avvento di sistemi come Facebook sta incidendo profondamente sulle dinamiche delle imprese e di molte attività economiche. Facebook non è semplicemente uno strumento di svago o di divertimento. È una rete e un luogo di incontro che sta diventando anche e soprattutto uno strumento di marketing e di presenza sul mercato. Non si tratta solo di “un gioco”, come alcuni ancora tendono a considerarlo. Questa visione è miope e di retroguardia: il mondo di internet e dei social network sta sempre più diventando lo snodo che determina visibilità e successo delle nostre imprese e quindi è necessario saper guardare in modo nuovo a questi fenomeni.
Un quarto aspetto critico collegato allo sviluppo di Facebook è la cosiddetta morte del web. Il rapporto dell’utente nei confronti di internet è evidentemente cambiato. Per molti oggi l’esperienza del web si riassume e chiude in Facebook, che in qualche modo tende a modificare gli equilibri o la natura stessa dell’accesso a internet. Il fatto che il social network stia diventando sempre di più “Il Luogo” della rete (nel 2010 il sito ha addirittura superato, negli Stati Uniti per una settimana, come numeri di accessi, il motore di ricerca Google), porta gli utenti a scaricare sempre più spesso delle applicazioni che permettono di usufruirne senza accedere al web via browser (lo stesso vale per Twitter, RSS feeds reader ecc..) e questo fenomeno potrebbe avere delle implicazioni sul medio e il lungo periodo sulla natura stessa e sullo sviluppo del web.
Infine, lo sviluppo e l’affermazione di social network come Facebook stanno incidendo profondamente sul tessuto e sulle dinamiche delle nostre relazioni sociali. Cambia il modo secondo il quale interagiamo. Nascono problemi sempre più complessi e delicati di privacy e di sicurezza delle persone e delle informazioni. Emergono nuove sfide sul fronte dell’educazione e della formazione delle diverse fasce della popolazione. Si tratta di sfide molto delicate che troppo spesso vengono affrontate in modo semplicistico o addirittura snobbate, in quanto questi fenomeni sono considerati transitori ed effimeri. In realtà, stanno incidendo profondamente e permanentemente sullo sviluppo complessivo della nostra società.
In generale, il riconoscimento di Time Magazine è emblematico e certamente ci stimola – ci deve stimolare – a riflettere e valutare con grande attenzione quanto sta accadendo in questi anni. Dobbiamo saper guardare a questi fenomeni con lungimiranza e intelligenza, sapendo cogliere tutte le complessità e criticità che essi nascondono, ma anche le straordinarie opportunità e ricchezze che possono offrire a tutte le componenti della nostra società.