Lavorare nel futuro. L’ufficio in stile “mobile”
Cambiamenti in vista per l’organizzazione del lavoro. Nell’era della comunicazione digitale il modello “dalle 9 alle 5” risulta ormai superato. Maggiore mobilità e orari flessibili sono la chiave della crescita aziendale. È quanto dice Alison Maitland sulla base di una ricerca pubblicata nel libro “Future Work: How Businesses Can Adapt and Thrive in the New World of Work”
Lavorare quando si vuole e dove si vuole senza tempi e luoghi fissi; dimenticare il traffico delle ore di punta e il tempo perso nel viaggio; essere valutati per quello che si fa e non per quanto tempo si passa alla scrivania; sembra un sogno ma in realtà non lo è. È un nuovo trend di organizzazione del lavoro che ha da poco iniziato a prendere piede a livello internazionale e che si è dimostrato già molto efficiente. Nel libro “Future Work: How Businesses Can Adapt and Th rive in the New World of Work” Alison Maitland e Peter Thomson presentano i risultati di una ricerca condotta su un campione di 360 manager in 40 paesi diversi.
Dai sondaggi in aziende come Google, Gap e Microsoft è emerso che il modello di lavoro dalle “dalle 9 alle 5” che vincola la retribuzione alle ore che si passano in ufficio non è più l’unico possibile ne tantomeno il migliore. È stato dimostrato attraverso diverse case history che una maggiore flessibilità oraria unita ad una misurazione del rendimento per obiettivi è la chiave vincente per far crescere l’azienda. Con l’introduzione di questo nuovo metodo cala l’assenteismo, i lavoratori si dimostrano molto più motivati e di conseguenza aumenta la produttività. Una concezione del tutto nuova del modo di lavorare che in futuro potrebbe portare alla fine dell’orario fisso e alla nascita e diffusione degli “hub”, luoghi per lavorare ma anche per incontrarsi senza vincoli di orari, dove sviluppare e mantenere le connessioni interpersonali.
Abbiamo chiesto a Alison Maitland, Senior Visiting Fellow alla Cass Business School di Londra e coautrice del libro di spiegarci in cosa consiste questa “rivoluzione del lavoro” e in che modo dovrebbe concretizzarsi.
Quella proposta nel libro è una concezione del lavoro assolutamente innovativa. Da dove nasce?
Molto semplicemente è qualcosa che sta realmente accadendo in società ed organizzazioni in tutto il mondo. Nel libro, per esempio, abbiamo descritto quello che Microsoft sta già facendo in Olanda, Gap negli Stati Uniti, Vodafone e BT in Inghilterra. Già 50 anni fa, i grandi guru del pensiero manageriale moderno, come Douglas McGregor, Peter Drucker e Gary Hamel, parlavano di selfmotivation e selfmanagement e dell’importanza di incoraggiare e sostenere le persone, piuttosto che controllarle, se si vogliono ottenere i migliori risultati. Oggi abbiamo le tecnologie di comunicazione adatte per fare in modo che queste idee siano tradotte in pratica. Guardate alla velocità alla quale la tecnologia e i social media hanno cambiato la nostra vita come consumatori. Purtroppo, molte delle nostre abitudini lavorative sono ancora bloccate all’era industriale. Per stare al passo con l’era digitale e l’economia della conoscenza, occore uncambiamento dell’ap-proccio manageriale e della cultura aziendale, e il nostro libro parla proprio di come e perché raggiungere questo obiettivo.
In generale, quali sono state le reazioni?
Il libro é uscito solo ad ottobre ma siamo molto contenti delle risposte entusiaste che abbiamo ricevuto sinora, sia in Europa che negli Stati Uniti. Anche la rivista inglese “Management Today”, raccomanda il libro come “un campanello d’allarme per il mondo aziendale”.
Qual è secondo lei il valore aggiunto di questa nuova idea del modo di lavorare?
Il valore aggiunto del libro giace nell’ampia varietà di benefici che il mondo degli affari può trarre nell’offrire alle persone gli strumenti, le informazioni, gli obiettivi e la fiducia per svolgere il loro lavoro nel modo migliore per loro stessi e per la loro società. Ci sono molti case studies che esemplificano questi benefici nel libro, fra questi: impiegati più produttivi; risparmi dei costi; accesso più rapido ai nuovi mercati; miglior customer service; rischi inferiori di fallimenti aziendali; dipendenti più motivati e disponibili a fare degli sforzi supplementari.
Delle case history presenti nel manuale quale secondo lei è più significativa?
Sono tutte significative a modo loro, alcuni esempi sono meno radicali di altri, ma tutti includono un grande cambiamento per il settore in cui si verificano, per esempio, negli studi legali della City of London. Lo studio su BDO, società di contabilità negli Stati Uniti, é uno degli esempi più significativi, per via del modo in cui hanno trasformato le loro pratiche lavorative in una vera e propria strategia di business indotta dall’alto, non come programma di gestione sollecitato dalle risorse umane, ma semplicemente perché hanno saputo misurare la vasta gamma di vantaggi per il proprio business. Microsoft in Olanda e Unilever Germany sono degli esempi molto interessanti, per via dei grandi cambiamenti che hanno luogo all’interno della loro cultura aziendale e dell’apertura con cui i loro dirigenti raccontano di come debba cambiare anche l’attitudine dei loro manager. La ricerca presenta un cambiamento che parte in primis dalla mentalità del datore di lavoro ma anche del dipendente.
In che modo secondo lei dovrebbe concretizzarsi questa evoluzione?
Questa domanda richiede una risposta molto lunga, perché é proprio di questo di cui parla il nostro libro. Basti sapere che richiede un cambio di convenzioni ai vertici e considerare tutti i lavori come flessibili, per poi limitare questa fl essibilità in accordo con i limiti logici, per esempio, nel caso di alcune attività che devono essere svolte in un posto fisso, ad un orario prestabilito. Abbiamo stabilito 5 principi per compiere, con successo, la transizione verso il lavoro del futuro ovvero avere fiducia nelle per-sone siano esse dipendenti o collaboratori, ricompensare i risultati, non il monte ore, capire il business case, cominciare dall’alto e trattare le persone come individui. Vedrete che questi 5 punti faranno crescere la parola “fiducia”, ecco perché li chiamiamo i “precetti della fiducia”.
Retribuzione non più basata sulle ore di lavoro ma sulla produttività. La scelta migliore e più giusta in teoria, ma in pratica come si calcola la “produttività”?
Risponderei dicendo: perché calcolare la produttività, su base oraria, per esempio, se gli obiettivi vengono raggiunti e i risultati garantiti? Nei settori della knowledge economy, per molti tipi di occupazioni, le persone non hanno bisogno di lavorare a orari fissi, (dalle 9 alle 5), in un posto fisso. Potrebbero giocare a tennis alle 2 il mercoledì pomeriggio, o fare shopping e ricominciare a lavorare la sera. Fintantoché gli obiettivi e le richieste dei clienti sono soddisfatti, perché dovrebbe essere un problema? Anzi, le persone sono più produttive quando non si devono preoccupare di giostrarsi fra i diversi fattori della loro vita come lavoro, famiglia, studio, tempo dei trasporti, ecc. Infine, il traffico sarebbe meno congestionato e ci sarebbe meno stress in giro. In che modo sappiamo che le persone sono più produttive? Primo, le persone intervistate hanno dichiarato che la loro produttività aumenta quando possono lavorare in un ambiente più tranquillo, dove sono meno distratti che in ufficio. Secondo, le società come BT sono state capaci di misurare l’aumento di produttività delle persone creando delle attività molto misurabili, come per esempio gestire le chiamate dei clienti. BT ha trovato che gli operatori da casa erano più produttivi del 30% di quelli nei call center, in parte perché lavoravano durante le ore più congestionate, e poi facevano altre cose, come occuparsi dei loro figli, o dei parenti anziani, o seguendo dei trattamenti medici durante le ore più cal-me della giornata.
Molto interessante è l’idea degli “hub” di lavoro. Potrebbe spiegarmi meglio in cosa consistono questi spazi e se ne esistono già?
Gli “Hub”, o i “centri di lavoro intelligenti”, sono luoghi dotati della tecnologia necessaria per permettere alle persone di incontrarsi e lavorare. Spesso, si trovano in prossimità delle loro abitazioni, ai margini delle città piuttosto che in centro, per cui le persone non devono fare i pendolari e percorrere un tragitto troppo lungo. Si riducono di conseguenza anche l’inquinamento e gli ingorghi. Ci sono già degli esempi negli Stati Uniti, nel Regno Unito, nei Paesi Bassi e la Corea del Sud ha in programma un centinaio di centri di lavoro “intelligenti” per i prossimi cinque anni.
Questa “rivoluzione” per ora è partita dalle singole aziende. In futuro potrebbe o dovrebbe partire direttamente dai governi?
Si, potrebbe essere aiutata dai governi. Questo mese, il ministero dei trasporti inglese ha creato un consorzio di organizzazioni chiamato “Anywhere Working” (lavorare ovunque), per incoraggiare le società a utilizzare la teconologia al fine di lavorare in modo più flessibile e tagliare le spese di trasporto. Il governo americano, per esempio, incoraggia il telelavoro dei dipendenti degli uffici federali.
Come crede che sarà il modo di lavorare tra 10 anni? Avrà preso piede questa nuova concezione o saremo ancora fermi al rapporto ore di lavoro/retribuzione?
Questa é un grande interrogativo, con molte risposte possibili. Il cambiamento é già in atto, come dicevo prima. Ma ciò non significa che accadrà dappertutto nello stesso momento, ovviamente. Molte organizzazioni resistono al cambiamento, benché ci sia il pericolo che diventino dei dinosauri se non si adattano. In futuro, il luogo di lavoro diventerà sempre di più un luogo di incontro. Molti lavori individuali si concentreranno progressivamente in altre locations (a casa, in viaggio, in uffici-satellite o in piccoli “centri di lavoro intelligenti”). C’é già una grossa commistura fra lavoro e vita personale e ce ne sarà progressivamente di più, e così manager e dipendenti farebbero meglio a trovare il bottone per spegnere, altrimenti saranno sopraffatti dal lavoro. Il lavoro diventerà sempre più di una merce negoziabile, piuttosto che un semplice posto di lavoro. Ci saranno più imprenditori indipendenti e liberi professionisti e si troveranno sem-pre più offerte di lavoro on-line remunerate sulla base dei risultati. La distinzione fra lavoratori dipendenti e lavoratori indipendenti diventerà più sottile e vedremo, con molta probabilità, il diffondersi di contratti ibridi, con dei collaboratori che lavorano in parte per una società, in parte per un’altra o per se stessi. Lo status sarà definito meno dalla gerarchia e più dalla capacità di ispirare e incoraggiare le persone e dalle vostre conoscenze, competenze e capacità di restare in contat-to con gli altri e contribuire alla comunità, sia fisicamente che virturtalmente.