“Eliminare le barriere in entrata”: una proposta per migliorare l’occupazione giovanile
Dopo l’uscita del saggio “Giovani e Lavoro”, Angelo Pasquarella, amministratore delegato di Projectland, società di consulenza, ricerca e formazione in ambito managerialea e coautore del libro, fa una riflessione sulla situazione nel nostro Paese approfondendo un tema di grande attualità come quello dell’occupazione giovanile. Dal ruolo della scuola a quello delle istituzioni una panoramica di quale potrebbe essere la soluzione al problema.
Sul tema del lavoro ci sono proposte a iosa e qualcuno potrebbe dire che forse sia già stato detto tutto in merito. Che contributo avete inteso dare, con il libro “Giovani al lavoro”?
E’ vero le proposte sono moltissime, ma spesso affondano nella palude dei grandi progetti che non si possono realizzare o nella consueta frase: “bello ma non ci sono i soldi”. Animati come siamo da un ottimismo inguaribile e dalla convinzione che per fare qualcosa occorra cominciare a farla, ci siamo domandati se non vi siano anche piccoli progetti che vanno nella giusta direzione, che non costano e che possano essere portati avanti da ciascuno di noi sia come persone che come enti pubblici, datori di lavoro o sindacalisti.
Inconsciamente siamo infatti convinti che un grande problema necessiti di una grande soluzione. Spesso così finiamo col non far niente perché la situazione risolutiva è difficile da trovare o perché difficile o costosa da realizzare. Ci siamo quindi ispirati al grande Totò: “E’ la somma che fa il totale!” e ci siamo domandati: ma se si fanno tantissime piccole cose non possiamo ottenere grandi risultati? E se i risultati non saranno grandi, almeno avremo fatto qualcosa!
Ma cosa è possibile fare senza soldi? E alla fine chi dovrebbe fare?
Certo un intervento del Pubblico è comunque necessario, ma se non è oneroso è più facile che si concretizzi. Pensiamo però che sia i giovani che la pubblica amministrazione e la scuola che le parti sociali che perfino ciascuno di noi possa fare concretamente molto. I suggerimenti sono moltissimi e quindi mi limiterò a citarne solo alcuni.
Diamoci però un ordine cominciamo dalla Pubblica Amministrazione…
Abbiamo fatto di tutto per porre ai nostri figli delle pesanti barriere all’ingresso affinchè non inizino a lavorare mai. La Pubblica Amministrazione può fare tantissimo senza spendere nulla! Tre le parole d’ordine: abbattere le barriere all’ingresso, semplificare e liberalizzare. Il punto è oggi quello di fare in modo che i giovani facciano esperienza e inizino a darsi da fare! Le barriere all’ingresso all’assunzione servono solo a tutelare qualcosa che non esiste ancora: un lavoro. Portiamo a tre anni il tempo determinato… Per chi vuol giocarsi in proprio con una iniziativa imprenditoriale, occorre abbattere l’altra barriera all’ingresso: quella burocratica. Il costo della burocrazia è stato calcolato in 31 miliardi l’anno, ma non è stata calcolata la perdita derivante dalle mancate iniziative anche dei giovani che si sono trovati nell’impossibilità di mettersi in gioco a causa del macigno burocratico. Abbiamo calcolato la perdita ma non il mancato guadagno! Che fare? Un esempio: i Comuni, oltre a fornire informazioni, possono indicare delle persone che si affianchino ai giovani che vogliono intraprendere per risolvere i loro problemi nel disbrigo delle pratiche. E che dire delle liberalizzazioni? Altro macigno: quello corporativo, dannoso per due motivi: ostacola chi vuol svolgere una professione e alza i costi per chi vuol fare un’impresa. Ricordate la società da un euro? Un mio amico ha ceduto il trenta per cento di una SRL (3000 euro), spendendo 2250 euro dal notaio. E’ proprio così necessario l’atto pubblico? Non può farlo il comune? E quanto costa una norma che stabilisca una proporzione logica tra ciò che si vende e il costo per farlo sapere in giro? Molti poi sono i suggerimenti per quanto riguarda il capitale di rischio, il back to work, il volontariato delle competenze, ecc.
E i giovani? e la scuola?
Una serie di suggerimenti vengono innanzitutto dati ai giovani affinchè affrontino il mondo del lavoro senza preclusioni, facendo all’inizio un lavoro qualsiasi per radicare esperienze e spirito di iniziativa che sarà utile in ogni circostanza. Altro punto importante è l’abbandono della logica del lavoro dipendente (inculcata dai genitori che hanno però vissuto in una situazione molto diversa): in molti casi il lavoro occorre inventarselo, guardarsi intorno, trovare degli amici e intraprendere una qualsiasi attività nella quale ci sentiamo portati. Adattarsi da una parte ed essere intraprendenti. Chi saranno gli imprenditori del futuro se non i giovani di adesso? E la scuola può aumentare le occasioni di interscambio col mondo delle imprese, ma soprattutto promuovere nell’insegnamento anche la cultura del lavoro per progetti e il collegamento tra qualunque forma di conoscenza e il suo impiego e la sua utilità pratica per l’attività economica: un collegamento c’è davvero sempre…
Le parti sociali?
Nel novembre del 2011 sindacati e datori di lavoro fecero un accordo per mantenere il posto di lavoro a coloro che subivano un demansionamento. Posti di lavoro in cambio di remunerazioni adeguate a mansioni meno retribuite. Non è stata necessaria una legge, è bastato l’accordo tra le parti sociali, e così potrebbe essere se scambiassimo ad esempio gli aumenti derivanti da automatismi (anzianità) in nuove assunzioni di giovani. L’effetto sarebbe comunque un aumento dell’occupazione. Altre soluzioni sono invece volte a favorire l’avvicendamento tra giovani e vecchi.
Io e lei cosa possiamo fare?
La parola d’ordine deve essere: trasformiamo il capitale di risparmio in capitale di rischio! L’Italia, l’Europa, ha la più grande ricchezza privata dopo la Germania. Favoriamo gli investimenti produttivi! E’ possibile farlo con le associazioni di Business Angel, con i sistemi di Crowdfunding, con il Social Lending, ecc. Gli italiani poi spendono molto nel gioco e allora: giochiamo a fare i capitalisti, magari con piccolissime somme! Sempre meglio che arricchire i gestori del gioco d’azzardo.