Coronavirus e supply chain
Da un punto di vista economico, lo scenario è estremamente delicato: la sola città di Whuan, importante snodo di distribuzione e fornitura nel settore hi-tech ed automobilistico, rappresenta l’1,6% del PIL nazionale, ed il suo isolamento sta causando notevoli difficoltà al comparto produttivo.
Davanti alla progressiva paralisi delle catene di approvvigionamento, alla crescente mancanza di manodopera, all’impossibilità di transito delle merci e al rischio di disordini sociali, le aziende che puntano sulla produzione just.in-time si trovano in notevole difficoltà, e sempre più prossime al completo blocco della supply chain: questo potrebbe ad una sempre minore reperibilità dei prodotti, e al conseguente aumento dei prezzi. Inoltre, S&P Global Retings ha stimato una decrescita del PIL nazionale cinese di 1,2 punti percentuali, che impatterebbe in maniera considerevole sul mercato globale.
Per tutelare le aziende da conseguenze catastrofiche, i risk manager si affidano al Geoaudit, una procedura che identifica i potenziali rischi legati all’esposizione internazionale: in primo luogo, si studiano le dinamiche dei rapporti con l’estero, e la maniera in cui queste possono impattare, sulla catena di fornitura. Il compito del risk manager, a questo punto, è quello di monitorare il rischio di cambiamento, per cercare di anticipare il momento in cui può comparire un problema, ed elaborare non solo un piano B in caso di blocco, ma anche con un piano C che garantisca il regolare transito delle merci.
Le procedure per condurre un audit e mantenerlo nel tempo sono complesse, ma fondamentali per operare in un mondo globalizzato, dove ogni più piccolo cambiamento politico, fiscale o sociale può avere un grande impatto”.