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Speciale COVID19

Bar e ristoranti, la riapertura non è una ripartenza per il settore

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Se il periodo di chiusura per il lockdown ha rappresentato una fase durissima per il settore della ristorazione, la riapertura non si può definire una ripartenza. È quanto emerge dal questionario realizzato da Ascom Confcommercio Bergamo e indirizzato a ristoratori e baristi di città e provincia: i dati confermano la percezione di difficoltà che il settore sta attraversando. L’indagine, realizzata dal 17 al 20 giugno, evidenzia come il lockdown abbia modificato le abitudini di ristoratori e consumatori, misurando il calo di fatturato e di lavoro che l’emergenza sanitaria ha generato. Tre imprese su quattro hanno fatto ricorso alla Cassa integrazione. Il 6% delle attività non ha ancora riaperto. Nella fase 2 di riapertura (dal 18 maggio a metà giugno), il 43% delle attività ha perso più dell’80% di fatturato. Delivery e asporto sono stati utilizzati durante il periodo del lockdown dal  59% delle imprese (prima dell’emergenza erano il 43 %), ma dopo il periodo di stop forzato il 27% dei nuovi esercizi ha sospeso il servizio. E, tra coloro che proseguono l’attività, registrano una crescita solo il 4,4% delle imprese.

Effetti del lockdown

I ristoranti hanno chiuso dal 12 marzo al 18 maggio e hanno potuto mantenere il rapporto con i loro clienti solo attraverso i canali di comunicazione, qualcuno si avvalso successivamente del delivery e poi dell’asporto. I ristoratori hanno mantenuto aperto il canale con i loro clienti per il 64,6% attraverso i social network, per il 30,1% tramite whatsapp, e attraverso il sito aziendale il 19,5%.

La chiusura ha portato alla richiesta di finanziamenti il 60,2% degli imprenditori, percentuale altissima  e decisamente sopra la media delle imprese del terziario (il dato è secondo solo al settore dell’accoglienza delle strutture ricettive). Il ricorso alla Cassa integrazione interessa il 73,5% delle imprese:  tre attività su quattro hanno fatto ricorso agli ammortizzatori sociali.

Riapertura

Solo un’attività su due (il 52,2%) ha riaperto il 18 maggio.  Il 23% ha aperto le porte al pubblico verso la fine di maggio e il 18,6% entro la metà di giugno. Il 6,2% di bar e ristoranti non ha ancora aperto. Bilanci e fatturati evidenziano la sofferenza del settore: il dato confrontato tra la data di apertura e metà giugno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, evidenzia in quattro settimane perdite superiori all’80% per ben il 43,4% delle imprese. Il 33% degli imprenditori ha perso più del 50%, il 17% più del 25% e il 4,5% meno del 25%. Le perdite hanno toccato ogni fascia: nel week end il 68%, nel pranzo di lavoro infrasettimanale il 64% e nel servizio cena infrasettimanale 54%.
Il 57,1% di chi ha riaperto non ha modificato giorni e orari, il 25% ha ridotto gli orari e il 12,5% ha ridotto i giorni. Il 6% non ha ancora riaperto.

Il rispetto delle norme di distanziamento e sicurezza hanno portato a una riduzione dei posti troppo alta ed economicamente insostenibile il 16,8% delle imprese. Per il 52,2% la riduzione dei posti è importante ma ancora sostenibile. Per il 31% la riduzione dei coperti è sostenibile per la disponibilità di ampi spazi nel ristorante.

Per fronteggiare l’emergenza gli imprenditori della ristorazione hanno messo in campo diversi strumenti: il 45,1% ha optato per il servizio di asporto, 43,4% per il delivery, il 12,4% ha richiesto l’ampliamento degli spazi all’aperto (dehors e altri), l’8,8% ha riorganizzato turni e prenotazioni, mentre l’ 8% ha esteso le fasce orarie di apertura.  Ma il 35,4% non ha integrato altri servizi.
Gli intervistati intravedono la possibilità di incrementare l’attività nelle prossime settimane nei week end ( il 62%),  con i pranzi di lavoro (39%) e con le cene infrasettimanali (16%)

Asporto e delivery: solo il 4,4% rileva una crescita

Prima dell’emergenza  il 43% degli esercizi offriva il servizio di delivery e asporto, di questi quasi il 72% non ha registrato un aumento. Durante il lockdown gli esercizi che si sono affidati a delivery e asporto sono saliti a quota 59%. Dopo il lockdown il 27,4% dei nuovi esercizi ha sospeso il servizio. Tra quelli che proseguono l’attività, registrano una crescita solo il 4,4% delle imprese. Per il 22,1% l’andamento delle vendite tramite asporto e delivery è stabile, mentre per il 46% è in diminuzione.