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Economia/Imprese

In aumento le aziende che hanno chiesto affidamenti, ma meno che nel resto d’Italia

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Nella difficoltà generalizzata del lockdown il rapporto banca – impresa ha tenuto e ha registrato in città e provincia indici migliori rispetto ai dati nazionali. La maggior parte delle imprese del terziario ha chiesto un fido, ma il 40% è ancora in attesa di una risposta.  Elevato il numero delle domande accolte, sostanzialmente stabile il costo dei finanziamenti. Ma resta fondamentale l’erogazione tempestiva del credito. Di contro, i tempi per la restituzione dei finanziamenti sono ancora giudicati troppo brevi per le piccole imprese, che, a sorpresa, si sentono più tutelate dalle coperture pubbliche. Sono questi in sintesi i dati dell’Osservatorio del credito emerso dal rapporto commissionato da Ascom Confcommercio Bergamo all’agenzia Format Research e relativo all’impatto dell’emergenza Covid–19 sull’andamento delle imprese del terziario

Il dato positivo è in parte da attribuire al sistema associativo e ai consorzi fidi che hanno sostenuto le imprese nella richiesta delle moratorie e di liquidità dei decreti emanati.

I dati dell’Osservatorio

Il 32% delle imprese del terziario bergamasche ha chiesto un fido nei primi 4 mesi del 2020 (il 4% in più rispetto al semestre precedente). Di queste, il 47% ha avuto risposta immediata e positiva; il 7%  delle domande sono state accolte ma con importo inferiore e il 6% sono state respinte. Al 30 aprile il 40% delle imprese era ancora in attesa di riposta. I dati bergamaschi sono migliori del quadro nazionale, in cui si registra la richiesta di finanziamento da parte del 41% delle imprese (+ 9% rispetto a Bergamo). Solo il 41% ha avuto tuttavia immediato via libera (– 6% rispetto alla nostra provincia) e il 51,1% ad aprile era ancora in attesa (+11,1 rispetto a Bergamo).

Nonostante quindi Covid-19 e lockdown abbiano colpito fortemente il territorio bergamasco, rispetto al quadro nazionale sono meno le imprese ad aver ricorso a finanziamenti e le aziende che si sono rivolte al sistema bancario hanno avuto risposte più positive e immediate.
Resta sostanzialmente stabile il costo del finanziamento con un indice del 51 (-0,7% rispetto al semestre precedente). Il dato è fortemente negativo e in peggioramento per le microimprese e per il settore turismo, il più esposto al lockdown.

L’indicatore del costo dell’istruttoria diminuisce di poco rispetto al semestre precedente (arriva al 37,9 con – 4,1% rispetto a ottobre 2019). Non ci sono grandi differenze settoriali, mentre è sempre peggiore la percezione della piccolissima impresa.

Il nodo dei costi incide soprattutto sulla micro e piccola impresa, che non ha potere contrattuale con la banca e che avrebbe maggiormente la necessità di un’intermediazione associativa nella relazione con il sistema bancario, attraverso i Confidi.

È in forte peggioramento l’indice della durata temporale, che si attesta al 43,4 (– 6,5% rispetto al semestre precedente). Nettamente sotto la media il dato relativo alle micro e piccole imprese (fino a 5 addetti), mentre la tendenza è uniforme nei settori.

Migliora l’indicatore relativo alle garanzie richieste 43,1% (+ 3%) e paradossalmente è più elevato nelle micro e piccole imprese fino a 5 addetti e nel comparto del commercio, imprese che hanno avuto accesso alle garanzie base del Decreto liquidità. Hanno invece pagato lo scotto delle garanzie soprattutto le imprese tra 6 e i 9 dipendenti, più esposte rispetto ai requisiti forniti dal Decreto e di dimensione ancora piccola per sostenere in autonomia l’affidamento. Il decreto liquidità è stato più efficace per le micro imprese e per le realtà più strutturate, lo è stato decisamente meno per le imprese oltre i 5 ed entro i 10 dipendenti.

In miglioramento l’indicatore del costo dei servizi bancari che si attesta a 51,5 con una crescita del 2,2%,  trainata dalle imprese di media e grande dimensione e dai servizi.

Per quanto riguarda il blocco degli affidamenti o moratoria fino a settembre 2020, alla fine di aprile se ne è avvalso il 37% delle imprese del terziario bergamasco; il 25% era in procinto di farlo; mentre, il 21% non l’ha chiesto e il 17% non conosceva questa opportunità.

Se si considera che il 53% delle imprese del terziario non hanno subito il lockdown in quanto hanno potuto proseguire l’ attività, l’impatto sulla liquidità è stato quasi generalizzato: chi non ha lavorato ha sicuramente fatto ricorso alle moratorie e chi ha tenuto aperto ha richiesto liquidità per allentare la pressione finanziaria.