Qualità e velocità, la svolta che manca all’e-commerce del food tricolore
La domanda di food e-commerce è in esplosione in tutta Europa: secondo i dati dell’Osservatorio PoliMi e Netcomm Nielsen, è cresciuta del 90-120% nel 2020 e di un ulteriore 40-70% nel 2021. Questo aumento è stato guidato dal bisogno: durante la pandemia anche le fasce d’età meno avvezze a comprare online hanno sperimentato questo canale, scoprendone i vantaggi, tanto da cambiare le proprie abitudini per sempre. Di conseguenza, si è ampliata anche l’offerta: si pensi che solo in Italia nell’ultimo anno, l’86% della popolazione ha avuto accesso alla spesa online, con una penetrazione dell’e-commerce che ha finalmente raggiunto i piccoli centri. Gli italiani che hanno fatto acquisti online nel 2021 sono stati 10,7 milioni, vale a dire 2,3 milioni in più rispetto al periodo pre-pandemico, e il valore medio delle vendite settimanali, tra il 2020 e il 2021, è cresciuto da 28 a 34 milioni di euro. Oggi, ben il 44% dei grandi brand del settore agroalimentare hanno una presenza online (un aumento del 23% in due anni).
In questo mercato, l’Italia gioca un ruolo da protagonista: lo scorso anno l’export di cibo italiano è arrivato a quota 52 miliardi di euro, un record storico che ha trascinato l’intero comparto agroalimentare domestico, che è cresciuto, nel complesso, del 16,5%. Accanto al mercato del cibo, prospera anche quello del vino: secondo Osservatorio dell’Unione italiana vini, l’export nel 2021 ha superato i 7 miliardi, con una crescita del 13% rispetto al 2020 e del 10% rispetto al 2019: numeri che pongono l’Italia – al primo posto tra i produttori globali di vino.
Una sfida che passa per velocità e qualità
Quest’accelerazione, tuttavia, ha colto di sorpresa molti operatori e ha messo in evidenza le carenze di alcuni player rilevanti sul mercato: infatti, se alcuni dei big della grande distribuzione organizzata (con in prima fila Esselunga – prima in Italia a credere in un servizio che oggi riteniamo necessario) si erano in qualche modo già attrezzati, gli operatori medio piccoli del settore alimentare sono rimasti spiazzati e hanno solo da poco iniziato a investire sui canali e-commerce e sul servizio logistico.
Un vuoto che ha lasciato spazi prima non ipotizzabili a nuovi attori e nuovi modelli di business, dando il via a una gara che si compie su due ring. Il primo è quello dell’immediatezza, in cui un gigante come Amazon Fresh si scontra con marchi giovani come Everli, Gorillas o Getir: una battaglia che si combatte sui tempi di consegna, con modelli differenti che concorrono alla conquista di quote di un mercato ancora nascente. Amazon ha dettato le regole del gioco, abituando i clienti consumatori a un livello di servizio che è diventato un benchmark da raggiungere per tutti i competitor. Si spiega anche così l’accelerazione degli investimenti nel comparto alimentare: Gorillas ha chiuso un round di finanziamento da un miliardo di dollari con una capitalizzazione – secondo Bloomberg – di circa tre miliardi, Everli ha raccolto altri 100 milioni di dollari per spingere le consegne online (arrivando a una valorizzazione stimata di circa 1 miliardo di dollari). Getir, che oggi vale 12 miliardi di dollari, invece, punta molto sulla crescita del marchio oltre a quella operativa. La proposta di business, però, è sostanzialmente simile: consegnare la spesa in tempo reale, entro dieci minuti. Una promessa difficile da mantenere: è una sfida contro il tempo che si vince (ma non sempre, come sottolineato anche dal NY Post) con la presenza di magazzini dislocati nei punti nevralgici della città e con una scelta obbligata di prodotti da consegnare. Una sfida che si fonda su un presupposto importantissimo: che ricevere la spesa “subito” sia un need del consumatore così forte da giustificare lo stress a cui si sottopone la filiera logistica sottostante e la necessità di creare sovrastrutture costose che rischiano di minare la sostenibilità di questo modello di business.
L’altra pista è quella della qualità: start-up ormai consolidate nell’ambito del vino – Tannico, o brand del calibro di Eataly, si impegnano ad offrire al consumatore un po’ più esigente prodotti certificati, selezionando i produttori locali tracciati e qualificati, garantendo la massima freschezza e la possibilità di acquistare alimenti che sono introvabili sui banconi dei principali supermercati. Già l’Osservatorio Netcomm NetRetail 2020 evidenziava come l’e-shopper del cibo apprezza, più che in altre categorie, l’ampiezza dell’assortimento e la creazione di una relazione di fiducia verso il brand, oltre a rilevare uno spostamento della domanda verso brand minori.
Verso la convergenza: l’era dei marketplace
Se guardiamo ai mercati europei più evoluti, come quelli di Francia e Gran Bretagna, notiamo che sono in forte sviluppo i modelli di business fondati sui marketplace: piattaforme che offrono moltissimi prodotti diversi, locali e particolari, con grande visibilità per i produttori, e con una gestione centralizzata del magazzino che permette una consegna veloce sì, ma non necessariamente in pochi minuti.
Crediamo fermamente che questo trend arriverà presto anche in Italia, che supererà così l’attuale dicotomia tra chi punta tutto sulla consegna in tempo reale e chi invece investe sulla qualità, “allungando” i tempi d’attesa al giorno dopo. I dati sostengono questa tesi: sempre dall’ultima ricerca Netcomm emerge come gli utenti siano sempre più attenti all’assortimento dei prodotti dell’e-commerce premiando – di conseguenza – i verticali, dal vino al fresco, e sottolineando – indirettamente – la mancanza di un marketplace multiprodotto in grado di garantire una piattaforma logistica di prim’ordine e una consegna same day, che vada di pari passo ad una selezione di prodotti ricercati e assortimenti sufficienti a soddisfare la domanda.
L’asso nella manica: una solida filiera logistica
Se fino a oggi gli operatori che hanno cercato di strappare quote di mercato alla grande distribuzione si sono concentrati soprattutto sulla logistica di prossimità, per accorciare i tempi di consegna, è importante sottolineare che però solo pochi sono riusciti a costruire una filiera d’eccellenza in grado di portare sulle tavole italiane il meglio di prodotti regionali, in un tempo di consegna che rispondesse alle attuali esigenze dei consumatori (vale a dire same day o al massimo next day). E chi lo ha fatto ha dovuto puntare tutto sulla verticalità del prodotto: solo verdura fresca, o solo wine, ecc.
Tuttavia, scommettendo solo sull’ultimo miglio o sulle consegne rapide in aree molto limitate, si rischia di non poter far fronte agli enormi investimenti necessari a costruire una piattaforma logistica di primo livello, che è oggi fondamentale per garantire le consegne nei tempi richiesti dal mercato. Si rischia insomma di bruciare tutta la cassa senza mai realizzare margini positivi. Per questo, per essere davvero competitivi e in grado di fornire servizi prime è fondamentale prima di tutto potersi appoggiare a un’infrastruttura solida, capace di adattarsi alle evoluzioni del mercato senza inseguirle. E su questa poggiare un marketplace integrato, che offra sia una consegna puntuale che prodotti di alta qualità.