Innovare? È questione di capitale… relazionale
Siamo abituati a credere che gli ingredienti fondamentali per fare innovazione con successo siano due: il capitale finanziario e quello tecnologico. In realtà, oggi queste risorse sono ampiamente disponibili e accessibili. Per riuscire a emergere e distinguersi, quindi, il valore aggiunto deve essere cercato altrove. Ad esempio, nel capitale relazionale di chi guida e governa l’innovazione. È qui che, secondo Benedetto Buono e Federico Frattini, si nasconde l’ingrediente segreto in grado di accelerare, rendere più efficaci ed efficienti tutte le fasi tipiche del processo, dalla generazione del concept al suo sviluppo e trasformazione in nuovi prodotti e servizi. Ma riuscire a fare leva sul patrimonio di contatti di cui imprenditori, founder e manager dispongono è più facile a dirsi che a farsi. Servono strategia e idee chiare, nonché modelli e framework replicabili e strutturati: gli autori illustrano il tutto nel saggio “Innovationship – L’innovazione guidata dal capitale relazionale”, edito da Egea e dal 20 ottobre in libreria.
Rispettivamente Dean di POLIMI Graduate School of Management e direttore del Professional Program in Business Networking della stessa Business School, Frattini e Buono condividono con i lettori un’approfondita analisi di ciò che la ricerca nel campo del management ha rivelato sulle interconnessioni tra capitale relazionale e processi di innovazione. Prendendo spunto dai concetti chiave, dalle tassonomie e dai modelli esistenti, approfondiscono l’analisi di un ampio numero di casi – esperienze e punti di vista di noti protagonisti di processi di innovazione di successo, in cui il capitale relazionale ha giocato un ruolo chiave.
Impostato in maniera narrativa e corredato di strumenti e modelli da utilizzare nella pratica, il testo punta a lasciare al lettore una serie di metodologie e di riferimenti sintetici e grafici attraverso cui attivare e valorizzare il circolo virtuoso esistente tra innovazione e capitale relazionale, seguendo una linea di azione precisa. Il capitale relazionale, infatti, può assumere molteplici forme e richiede una gestione consapevole e responsabile.
La proposta di Frattini e Buono consiste nello strutturare una strategia e un approccio che si focalizzino su tre passi logici fondamentali: la costruzione, l’attivazione e l’utilizzo del capitale relazionale per l’innovazione.
La costruzione del capitale relazionale è un’attività che si sviluppa nel tempo e che richiede di alimentare continuativamente le relazioni attivate. Non basta costruire relazioni, occorre gestirle e manutenerle nel tempo, in modo strutturato e con dedizione, affinché si trasformino in relazioni di valore. Una volta costruito il capitale relazionale a scopi innovativi, occorre attivarlo, costituendo un nucleo ristretto di persone, connesse da relazioni sociali personali e professionali solide e durature, che fungano da “scintilla” per passare da un’innovazione solo immaginata a un’innovazione vera e propria.
Infine, si arriva all’utilizzo del capitale: una fase che può essere a sua volta divisa in attività di ideazione e attività di implementazione del progetto. Nella prima, i legami deboli giocano un ruolo chiave nell’attivare il pensiero laterale, nel velocizzare la ricerca di soluzioni innovative e nel fare pivoting della proposta di valore. Nella seconda, i legami forti tra i membri del team e soggetti esterni favoriscono l’attrazione del capitale umano, l’accesso al capitale finanziario e la diffusione dell’innovazione sul mercato.
Un approccio integrato alla gestione del capitale relazionale potrebbe richiedere anche dei cambiamenti organizzativi all’interno delle imprese. Frattini e Buono sottolineano l’importanza della figura del superconnettore, un professionista capace di dare accesso a grandi bacini relazionali anche molto differenti dai nostri o comunque molto diversificati al loro interno. Nel mondo iper-connesso e multi-stakeholder contemporaneo, un superconnettore dovrebbe essere presente nel network di chiunque e di qualunque organizzazione, a prescindere da dimensioni e ambizioni. Non solo, perché il passo successivo sarebbe quello di centralizzare il monitoraggio, lo sviluppo e la gestione del patrimonio relazionale mediante l’istituzione di una nuova figura C-level, quella del Chief Networking Officer, la cui introduzione potrebbe rappresentare una profonda innovazione a favore della creazione e gestione del capitale relazionale di qualsiasi organizzazione, in particolare di quelle di medie e grandi dimensioni.
“In definitiva”, commentano gli autori, “questo libro parla di concetti incredibilmente semplici ma, come sempre accade quando si ha a che fare con qualcosa di semplice, molto potenti. Comprendere che il capitale relazionale ha la medesima dignità delle altre tipologie di risorse di cui dispone un’impresa, che è l’asset fondamentale per disegnare e realizzare una vera strategia di innovazione aperta e che, soprattutto, esiste un modello replicabile per conseguire questo obiettivo e delle modalità per approcciarlo strategicamente, è la chiave di tutto”.