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Economia/Imprese

Ciao Italia: la sfida dei giovani che scelgono l’estero

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Quattro storie diverse di giovani lombardi che hanno deciso di vivere e lavorare in un altro paese. Quando l’internazionalizzazione diventa una scelta di vita e una scommessa per il futuro

Un avvocato d’affari internazionali, un architetto progettista, un ingegnere gestionale dedicatosi al private banking e una project manager del London Design Festival. Lombardi, under 30, tutti e quattro hanno scelto di vivere e lavorare all’estero: il primo in Cina, gli altri tre in due capitali europee.

Avvocato Daniele Zibetti

Al diritto cinese aveva iniziato ad interessarsi, complici alcuni docenti che oggi definisce “precursori”, mentre studiava Legge a Pavia, dove si è laureato nel 2002 con una tesi sull’imparzialità di chi è chiamato a dirimere arbitrati internazionali. Il suo primo viaggio a Shanghai, principale polo commerciale della Cina, risale al 2006. L’impatto con la megalopoli (circa 20 milioni di abitanti) fu tale che, già nel maggio dell’anno successivo, l’avvocato Daniele Zibetti (bergamasco, 30 anni a luglio) decise di trasferirvisi. I motivi? “Conoscere una realtà particolarmente dinamica e approfondire, in modo serio e continuativo, nuovi orizzonti per il mio lavoro”. Insomma, uno stacco deciso dall’approccio tradizionale, “a vantaggio – aggiunge – di un profi lo da business lawyer, esclusivamente declinato in ambito internazionale”. Il che ha portato il legale a partecipare alla redazione del Manuale operativo di diritto cinese, recentemente pubblicato da De Tommaso Editore. Oggi, a quasi un anno dal trasloco, Daniele Zibetti è partner della Greatway Advisory: “Una società di consulenza legale strutturata come una boutique” dice. Sette, fra italiani e cinesi, i professionisti che vi lavorano. “Abbiamo una quarantina di clienti e con alcune realtà, come Inprendo e H2I, abbiamo stretto alleanze strategiche”. Inoltre l’avvocato Zibetti cura personalmente, come general manager, gli interessi di Farbotex srl, azienda biellese che realizza prodotti chimici per l’industria tessile. In Cina, il legale conta di restare almeno fi no al 2010, anno dell’Expo. “Quando – prevede – dopo anni di costruzioni folli, questa città assumerà la sua conformazione più o meno defi nitiva”. Poi si vedrà. “Shanghai è una città vitale e ricca di stimoli. Uno dei pochi posti al mondo in cui è importante esserci, qui e ora”. “Difficile – aggiunge – trovare eguali in Italia, anche solo per le dimensioni”. “Certo – ammette – ci sono pochi concerti, teatri e mostre”. Ma la città sta recuperando. “E non mi stupirei aff atto se, a breve, diventasse la New York dell’Asia” conclude Zibetti.

Architetto Alberto Menegazzo
Da oltre un anno lavora in uno degli studi d’architettura più prestigiosi al mondo: quello di Lord Norman Foster. “L’ufficio è un open space, vista sul Tamigi, popolato da circa 600 colleghi: molti tedeschi e parecchi italiani”. “Credo che ci apprezzino – azzarda Alberto Menegazzo (bergamasco, 29 anni) – perché siamo efficienti, lavoriamo sodo e siamo disposti a cominciare con stipendi più bassi”. Un bel salto rispetto ai due piccoli studi – uno, in provincia di Bergamo, frequentato durante la preparazione della tesi, l’altro nella capitale britannica, reso qualifi cante dall’incontro con “un ottimo maestro che mi ha permesso di crescere molto dal punto di vista professionale”. Due le ragioni che hanno portato Alberto Menegazzo nella capitale britannica: “Qui ci sono studi d’architettura tra i più importanti e prestigiosi al mondo. Qui si costruisce, si sperimenta, ci si confronta. Qui ci sono più posti di lavoro e più possibilità di crescere ed emergere per i giovani”. In Italia, invece, “la professione è sottostimata e sottopagata; fors’anche perché i professionisti iscritti all’albo sono tanti mentre il lavoro nel settore scarseggia. Si costruisce poco e c’è meno apertura al cambiamento e al nuovo rispetto ad altri Paesi”. Il feeling col Regno Unito risale al 2001-2002, quando Alberto passò, grazie al progetto Erasmus, un anno alla South Bank University: “Un’esperienza che mi ha mostrato un nuovo mondo e un caleidoscopio di possibilità”. Il tempo di tornare a casa, preparare la tesi e laurearsi. E poi è ripartito con destinazione Londra dove, “mentre spedivo il curriculum e cercavo colloqui, ho lavorato per circa un mese come cameriere in un ristorante italiano”. Poi è arrivata l’assunzione allo studio Earle Architets, per conto del quale Alberto ha seguito la ristrutturazione di un hotel a Soho. Due anni dopo pensò che fosse arrivato il momento “per passare ad uno studio più grande, che seguisse progetti internazionali”. Per Foster and Partners, Menegazzo ha seguito il progetto di Milano Santa Giulia del gruppo Zunino, un’esperienza qualifi cante dal punto di vista professionale. “Un quartiere da oltre un milione di metri quadrati di estensione – con una promenade pedonale di 600 metri che includerà residenze, negozi, hotel, cinema, uffi ci, scuole, centri congressi e una chiesa – nel quale saranno ospitate 50mila persone”.

Ingegner Mario Andrea Turri
Il suo approdo a Madrid risale allo scorso ottobre, sei mesi dopo la laurea in ingegneria gestionale al Politecnico di Milano. Nella capitale spagnola Mario Andrea Turri (varesino, 25 anni) è arrivato grazie alla rete di rapporti costruita durante lo stage alla Rothschild (area Private Banking) in cui si è occupato di controllare e gestire “tutti i limiti legislativi e operativi che insistono su un insieme di titoli che compongono un portafoglio”. L’esperienza, un ponte tra carriera universitaria e attività professionale, si concluse positivamente. “Non solo perché gli obiettivi affi datimi furono conseguiti, ma anche perché riuscii ad affi ancare al lato pratico un complesso modello teorico spendibile in ambito accademico”. I frutti di questo impegno non tardarono a maturare. Circa tre mesi dopo la laurea, Mario aveva sul tavolo quattro off erte di lavoro in tre città: Londra, Madrid e Milano. “In Italia non volevo rimanere. Volevo imparare e perfezionare le lingue, accedere ad un ambiente internazionale e mettermi in gioco.” Londra era la meta più ambita, ma alla fi ne la scelta cadde su Madrid. “Nell’area Global Banking & Markets del Santender – spiega – mi attendeva un progetto nuovo, giovane: sviluppare una relazione con la clientela italiana del colosso iberico, far crescere il nome della banca facendo leva su un nuovo gruppo di persone provenienti da tutto il mondo”. Un ambiente non smisuratamente grande per un lavoro molto specializzato. “Dentro c’era lo spazio per crescere, fuori c’era una città bellissima”. Sintesi ideale per abbinare lavoro e vita. Oggi, a quasi un anno dall’arrivo in Spagna, Turri è “entusiasta della decisione presa”. Soprattutto perché “mi ha permesso e mi continua a permettere di fare un lavoro che mi piace”. Oltre alla possibilità di perfezionare due lingue, Mario sente di “vivere in un ambiente internazionale caratterizzato da una qualità di vita decisamente elevata”. Scenario ben diverso rispetto all’idea che l’ingegnere ha del suo Paese: “In declino, povera e fuori mercato per i giovani motivati e con capacità”.

Dott.ssa Alessandra Canavesi
“La voglia di sprovincializzarmi è stata la prima molla; quella di perfezionare l’inglese, la seconda”. Entrambe sono scattate dopo la laurea in Lettere moderne. “L’idea iniziale – spiega Alessandra Canavesi (bergamasca, 26 anni) – era di trascorrere a Londra una lunga estate”. Ma l’occasione di un lavoro interessante, Pr per una Galleria d’arte contemporanea, ha allungato la permanenza. Che ora dura da tre anni. Ruoli e lavori sono cambiati, anche se inerenti la Comunicazione. “Dopo la Galleria d’arte ho passato otto mesi in un’agenzia di pubblicità ed eventi per poi approdare ad una grande casa editrice internazionale, dove ho fatto sia la brand manager sia l’editorial assistant. Un’esperienza intensa che, dopo i primi mesi pieni di novità, ha smesso di essere stimolante. “Ho deciso di cambiare. E una bella opportunità ha bussato alla mia porta”. Il London Design Festival cercava due persone. “Ora, come project manager mi occupo dell’organizzazione del Festival, un evento artistico-culturale che ogni anno attrae a Londra visitatori da tutto il mondo, prevalentemente con interessi nei settori dell’arte e del design”. Alessandra ricerca, crea e pianifi ca i contenuti editoriali di alcuni specifi ci progetti (tra cui seminari col Financial Times e il Wallpaper Magazine, oltre ad installazioni e conferenze), tiene rapporti coi giornalisti internazionali e cura l’ottimizzazione del passaggio delle informazioni all’interno del London Design Festival: “dalla concezione del progetto al team di Pubbliche Relazioni che dialoga con la stampa inglese”. Decisamente soddisfatta di questa vita, dove i pro battono abbondantemente i contro, anche perché “Londra è una città dove gli stimoli intellettuali e culturali non mancano; a volte è un problema scegliere davanti ad un’off erta fi n troppo vasta”, per il suo futuro Alessandra pensa ad un MBA e ad un’esperienza lavorativa in un altro Paese, “magari la Spagna”. E l’Italia? “È un Paese in recessione, dove non si investe sui giovani e si continua a pensare che il glorioso passato e i prodotti da esportazione (moda, design, auto, cibo) siano suffi cienti per metterci al sicuro da qui all’eternità”

Secondo uno studio condotto dall’Eurispes, già quasi quattro milioni di italiani vivono all’estero, ma coloro che si trasferirebbero all’estero sono molti di più, il 37,8%. Se poi si va a vedere fra classi di età si vede che fra i giovani tra i 18 e i 24 anni la percentuale sale al 54,1% e si attesta su valori analoghi per le persone di età tra i 25 e i 34 (50,5%). Sono coloro che hanno studiato e non sono riusciti a trovare sbocchi credibili, soprattutto laureati e diplomati, mentre solo il 14,1% di coloro che hanno la licenza elementare farebbe la stessa scelta. Il primo passo verso l’Europa e il resto del mondo inizia con l’Università: secondo il Rapporto annuale 2007 del Censis infatti, nel 2006, 38.690 studenti italiani erano iscritti in facoltà universitarie straniere, in prevalenza tedesche (il 19,9%), austriache (16,1%), inglesi (13,7%), svizzere (11,6%), francesi (10,4%) e statunitensi (8,8%). Per quanto riguarda chi studia in Italia invece, sono stati più di 11mila e 700 (3,9% del totale) i laureati che, a un anno dal conseguimento del diploma, hanno trovato un lavoro all’estero. E proprio per ‘sondare il terreno’ molti giovani, pur studiando in Italia, cercano di andare oltreconfine. Nell’anno accademico 2005-2006, infatti, 16.389 universitari italiani, provenienti in prevalenza da facoltà linguistiche (19,7%), sociali (13,5%), economiche (10,4%) e ingegneristiche (10,2%) sono stati coinvolti nei programmi di mobilità internazionale Socrates- Erasmus. Per chi decide di tentare la fortuna all’estero le retribuzioni si attestano su livelli più alti: il 43% sopra i 1.700 euro e il 30,4% tra i 1.300 e 1.700 euro contro i 1.000 e i 1.300 euro e il 24,6% meno di 1.000 euro al mese.