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Turismo & Affari Dietro le quinte del Principe di Savoia

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Intervista a Ezio Indiani, direttore generale di uno degli hotel più prestigiosi al mondo, che svela a B&G gli sviluppi di un settore in grande evoluzione e che vede gli imprenditori sempre più protagonisti dell’hôtellerie di lusso

Entrando nella maestosa hall in rigoroso stile liberty si viene colti dalla sensazione di trovarsi in un microcosmo in cui si incontrano culture, lingue, storie che arrivano da tutto il mondo, in cui il lusso e l’alta qualità dei servizi danno il loro benvenuto a uomini d’affari, imprenditori e imprenditrici e importanti personalità. L’Hotel Principe di Savoia, un’eccellenza nel settore dell’hotel di lusso in Europa, aveva ben chiaro il suo obiettivo fin dal 1927, anno della sua inaugurazione: essere l’albergo di maggior prestigio per la Milano produttiva e mercantile che in quegli anni stava precisando sempre meglio la sua fisionomia. Tra gli ospiti del nuovo albergo milanese la leggenda colloca anche Gabriele D’Annunzio. E, negli anni prima e dopo la seconda guerra mondiale, si iscrivono nomi che eravamo abituati ad incontrare altrove.

Dal Duca di Windsor a Erich Maria Remarque, da Charlie Chaplin a Josephine Baker, dall’Aga Khan ad Aristotele Onassis, da Evita Peron a Maria Callas. Oggi varcano quella soglia sulla centralissima Piazza della Repubblica, esponenti del mondo dell’economia, finanza, impresa, politica e spettacolo provenienti soprattutto dal Medio Oriente, dalla Russia, dall’America e dall’Europa. Ezio Indiani, direttore generale alla guida del prestigioso hotel, racconta il dietro le quinte di questo mondo fatto di lusso, bisogni ed esigenze sempre nuove e di una forte attenzione al cliente.

Ezio Indiani è riconosciuto a livello internazionale per la straordinaria expertise nel settore dell’hôtellerie di lusso. In quasi 30 anni di carriera come ha visto cambiare il concetto e il settore del lusso?
Innanzitutto è cambiato notevolmente il target del lusso: agli inizi c’era molta nobiltà e personaggi dello spettacolo. Oggi ci sono molti più uomini d’affari, esponenti del mondo della finanza, industriali e imprenditori veri e propri. Questo cambio di rotta è stato possibile grazie alla maggior possibilità di viaggiare che ha permesso a una buona fascia di popolazione di spostarsi sempre più velocemente, sviluppando così il settore del turismo in modo straordinario. Il lusso oggi ruota attorno a due componenti principali che sono il tempo e lo spazio e noi che lavoriamo nel settore dobbiamo curare le attenzioni personali, gli spazi a disposizione, l’eleganza e la discrezione. Partiamo dalla consapevolezza che esiste una soluzione a tutti i problemi e che il cliente abituato al lusso non cerca cose difficili ma è abituato ad avere tutto. In passato invece non era sempre possibile.

Il lusso è spesso visto come sinonimo di spreco.
Non esiste lusso senza spreco e oggi non si riesce a offrire un servizio ad alti livelli se non si contempla nella gestione una buona parte di surplus. Il lusso valorizza un modello ricercato, lo spazio, la pulizia, l’eleganza, l’ordine e la tecnologia che non sia però troppo invadente ma al contrario molto discreta.

Chi sono i nuovi ricchi?
Una volta i ricchi arrivavano dall’America e dall’Europa. Oggi arrivano dalla Russia, dal Medio Oriente, dalla Cina seguiti da americani ed europei. Con queste nuove tipologie di clienti entrati in maniera massiccia nel mercato, è necessario che le strutture alberghiere siano pronte e preparate ad accogliere ed esaudire ogni tipo di desiderio. Per farlo è necessario conoscere le diverse realtà e i diversi Paesi, avendo vissuto in quei posti.

Lei ha viaggiato molto, Germania, Italia, Repubblica Dominicana, Inghilterra e Svizzera. In quale di questi Paesi pensa di aver imparato maggiormente l’arte del settore hôtellerie di lusso?
Ho lavorato molto in Inghilterra che per me è stata prima di tutto una grande scuola di eleganza e tradizione, dove ogni ruolo è ben distinto e dove discrezione e apparenza sono due fra i pilastri fondamentali. Gli inglesi mi hanno insegnato a distinguere il comportamento verso i clienti, ad essere sempre pronti di fronte ad ogni richiesta, ad avere una certa nonchalance in tutte le occasioni e avere sempre una risposta pronta per tutto, senza mai dare la sensazione di trovarsi in difficoltà anche quando le richieste sembrano essere difficili e a volte assurde. L’organizzazione inglese è straordinaria e dovrebbe essere un esempio per tutto il mondo; noi italiani, al contrario, siamo improvvisatori ma abbiamo comunque un grande pregio che è quello di riuscire a trasmettere un certo calore e stato di benessere.

E qual è stato il valore aggiunto che lei, Ezio Indiani, sente di aver portato nella realtà Hotel Principe di Savoia?
Prima di tutto penso di aver portato uno stile di management partecipativo; nei processi decisionali e innovativi mi piace coinvolgere sia l’intero gruppo manageriale che i livelli più bassi. La mia porta è sempre aperta, mi piace il confronto non solo con chi è più a diretto con me perché sono convinto che molte delle soluzioni arrivano dalla base, dal personale che quotidianamente vive a contatto diretto con il cliente. Credo di aver portato al Principe di Savoia la filosofia secondo cui il cliente deve essere al centro delle nostre attenzioni. I nostri ospiti provengono da Paesi diversi, ciascuno con la propria cultura, esigenze differenti e in base a quelle strutturiamo il nostro lavoro per fare in modo che ogni cliente si senta a casa propria.

Qualche esempio?
Si prendano gli americani, per loro l’importante è salutarli per nome. Per gli svizzeri invece è d’obbligo chiamarli per cognome, vogliono la massima discrezione. Per la clientela cinese invece rappresenta un’offesa non fare trovare loro una ricca selezione di tè. Ogni tipologia di cliente ha i propri modi di fare e vivere il lusso e noi cerchiamo, con tutte le attenzioni possibili, di essere sempre al passo con i tempi e pronti ad assolvere ogni singola richiesta, anticipando i loro desideri. Oggi siamo aiutati in questo dai sistemi informatici: per gli ospiti che vengono da noi più di una volta, raccogliamo informazioni su cibi preferiti, sulle abitudini, sui vini, dolci e frutta prediletti e tutto viene inserito in un database creato ad hoc.

In base agli anni di esperienza e ai diversi mondi conosciuti, qual è la clientela più esigente?
Rispetto ai nostri modi di lavorare, i più esigenti sono sicuramente i medio orientali. Per tradizione loro sono abituati a vivere di notte e proprio per questo motivo, ogni volta che vengono in Italia non per lavoro ma in vacanza, sconvolgono la nostra organizzazione: fanno colazione all’una del pomeriggio, alle otto di sera mangiano il pranzo di mezzogiorno e cenano verso mezzanotte se non l’una. Cerchiamo di strutturare i nostri servizi seguendo queste loro tradizioni, così il personale che lavora di notte viene aumentato per assolvere i loro desideri. Si pensi solo che quando ospitiamo questo tipo di clientela registriamo un fatturato di 15mila euro a notte. Quando al contrario non ci sono arabi in albergo, il servizio di notte è limitato alle richieste dell’americano che vuole un piatto di spaghetti.

Il turismo congressuale si sta sviluppando in Italia solo da pochi anni ma già si può parlare di un bilancio positivo. Secondo una recente ricerca infatti il fatturato è aumentato del 17%, contro il trend negativo degli altri settori turistici. Quali sono, secondo lei, le prospettive future del settore?
Le prospettive di Expo 2015, la creazione della città della moda, la riqualificazione della vecchia Fiera e altre opere stanno dando vita a un forte dinamismo a Milano. Stiamo supportando il mercato congressuale che fino a qualche anno fa era un fenomeno poco sentito: a una certa ora i negozi chiudevano e molti ospiti preferivano organizzare convegni in città più dinamiche quali Barcellona, Parigi e Londra. Oggi invece Milano si sta dando molto da fare, stiamo acquisendo diversi congressi importanti non solo per i cittadini ma anche a livello di Principe.

Quali devono essere, secondo Ezio Indiani, le caratteristiche deve avere il Gentleman del Lusso?
Il Gentleman del Lusso è una persona che non è mai arrogante, mai offensivo che sa come chiedere le cose; ha una certa autorevolezza, sa farsi rispettare dal personale senza essere volgare e “cattivo”. È una persona che sa mangiare bene, sa camminare e vestire nel modo appropriato, ha gusto non solo nel bere e nel mangiare ma anche nel vestire. È una persona che sa vivere bene, organizzando e sfruttando il suo tempo libero.

Ezio Indiani, nato nel 1952, è coniugato e ha una figlia. È Direttore Generale dell’Hotel Principe di Savoia dal luglio 2005, è riconosciuto a livello internazionale per la sua expertise nel settore dell’hôtellerie di lusso. Nel 2002 è stato insignito del “Premio Hermes”, massimo riconoscimento nel settore dell’hôtellerie di lusso, come migliore Direttore d’albergo del Mondo. Lavora da 30 anni nei più prestigiosi alberghi del mondo dove ha portato la creatività italiana. Prima di approdare all’Hotel Principe di Savoia di Milano, Ezio Indiani ha diretto dall’inizio del 2004 al 2005 l’Hotel Villa d’Este di Cernobbio promuovendo sostanziali innovazioni strutturali e di servizio e contemporaneamente incrementando i risultati di gestione in termini di fatturato, profitti e occupazione. In precedenza ha diretto per sette anni un simbolo dell’ospitalità elvetica, l’Hotel Des Bergues di Ginevra, del Gruppo britannico Forte. L’Hotel, sotto la sua dirigenza, ha affrontato una completa riorganizzazione che gli ha valso nel 2003 il premio come Migliore Albergo di Lusso della Svizzera al World Trade Market. La carriera di Indiani all’interno del Gruppo Forte è iniziata nel 1987, anno in cui si è trasferito a Londra per ricoprire la carica di Vice Direttore Generale dell’Hyde Park Hotel. Indiani ha anche diretto l’Hotel Eden di Roma e il Grand Hotel Palazzo della Fonte di Fiuggi, rafforzandoli dal punto vista economico-reddituale e creando vere e proprie icone dell’ospitalità internazionale. Le esperienze precedenti sono quasi tutte riferite al campo della ristorazione in altri prestigiosi alberghi del mondo: dalla posizione di vicedirettore generale e responsabile food & beverage del complesso Casa De Campo, nella repubblica Dominicana, a quella di direttore della ristorazione dell’Hotel Cavalieri Hilton International di Roma. Proprio nel Gruppo Hilton Indiani ha mosso i suoi primi passi, a Milano e a Londra, dopo l’esordio professionale presso l’Hotel Atlantic di Amburgo, in Germania.