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Economia/Imprese

Qualità, efficienza e minor costo: la strada per il rilancio delle consulenze aziendali

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Approfondimento sulle attività di consulenza: il nostro Paese è ancora indietro rispetto a Europa e USA. Occorre puntare sulla qualità dei servizi, coinvolgendo molto di più il mercato delle PMI

Sull’utilizzo della consulenza aziendale, l’Italia è ancora profondamente indietro rispetto ai competitor esteri, in testa Gran Bretagna e Stati Uniti, e deve ancora sviluppare la consulenza specifi ca sulla piccola media impresa. Ampi spazi di crescita si hanno nella consulenza nella pubblica amministrazione. L’off erta di consulenti aziendali, come spiega Massimo Saita, Direttore del Dipartimento di Scienze Economico Aziendale e ordinario di economia aziendale nell’Università Milano Bicocca, si può dividere in tre tipologie di intervento. “Il primo – spiega Saita – si rivolge all’azienda medio-grande. Il costo è molto elevato, il fatturato giornaliero di un consulente di alto livello si stima in 3-5 mila euro. La consulenza si basa su una rete di relazioni forti e ha natura strategica per il top management. Queste società di consulenza sono prevalentemente di derivazione americana (Mac Kinsey, Bain, Boston Consulting, ecc.) ed il loro servizio viene richiesto da aziende cresciute con joint venture o fusioni. Un esempio? Unicredit durante la fusione con Capitalia, o Banca Intesa nella fusione col Gruppo San Paolo. In questi casi, i manager affi dano ai consulenti una riorganizzazione dell’assetto interno. Un esempio di consulenza di livello specialistico si verifi ca con Accenture, azienda di consulenza direzionale, in System Integration & Technology e Servizi alle imprese, che propone anche outsourcing informatica ed amministrativa ad aziende e pubbliche amministrazioni”. Il secondo tipo di consulenza, a detta del professor Saita, si rivolge all’azienda medio-piccola ed è utilizzata per gestire le singole attività dell’azienda nell’ambito contabile-amministrativo, logistico, qualità ecc.. Questo servizio di consulenza è proposto da singoli consulenti quali quelli iscritti all’APCO, Associazione Professionale Italiana dei Consulenti di Direzione e Organizzazione. “Il terzo tipo -prosegue – è una consulenza di tipo operativo- amministrativo, che sgrava l’amministrazione da carichi di lavoro, contribuisce ad elaborare procedure aziendali, impostare sistemi ERP e sistemi di pianifi cazione e controllo. Questo servizio è off erto spesso anche da società di revisione, attraverso società giuridicamente distinte che fanno consulenza”. Le società di revisione operanti in Italia sono associate ad Assirevi, Associazione Italiana Revisori Contabili, che promuove la conoscenza dell’attività di revisione contabile in materia di bilancio e contabilità presso le società del settore e gli organismi professionali, la Consob e altri organismi ed enti. Un altro tipo ancora di consulenza è legata alla formazione, rivolta al management, ai quadri, agli operatori e agli operativi. Tra queste ricordiamo il Sole 24 Ore o l’Ipsoa. Ma a che punto si trova la consulenza nel nostro Paese rispetto alla media europea o agli Stati Uniti? Secondo Massimo Saita, l’Italia sarebbe ancora profondamente indietro: “Se prendiamo a confronto gli USA, che sono al top come sviluppo e qualità delle società di consulenza, e consideriamo un valore di riferimento di 100, possiamo dire che l’Europa è a 60 e l’Italia a 40. Se negli ultimi decenni le società di consulenza si sono moltiplicate anche nel nostro Paese, tuttavia, ciò è avvenuto fra luci e ombre. Vale a dire: tra buoni servizi di consulenza, ne esistono altrettanti non così competenti nella loro disciplina”. Come per tutti i servizi che ambiscono a raggiungere l’alta qualità, il segreto sta nella formazione. Ma come si forma allora un buon consulente aziendale? “Grazie ad una buona base di formazione e a molteplici relazioni con l’impresa – conclude Saita -. Ma l’esperienza più importante e formativa consiste nell’affi ancamento ad altri consulenti più anziani, che conoscono i segreti del mestiere”. La carriera si articola in tre fasi. Un consulente dopo 3-5 anni di esperienza, passa dalla categoria junior a quella senior e dopo 10-20 anni alla categoria manager, da 20 anni in poi, ma solo se possiede grandi qualità, può diventare partner. Federico Butera, professore ordinario di Organizzazione all’Università Milano Bicocca, presidente di Fondazione Irso (Istituto di Ricerca Intervento sui Sistemi Organizzativi, che ha dato origine ad un gran numero di società di consulenza italiana) e past president di Assoconsult (l’associazione delle Società di Consulenza aderente a Confi ndustria), spiega la diff erenze esistenti tra le società di consulenza internazionali e quelle italiane: “Il mercato europeo della consulenza è stimato in oltre 70 miliardi di euro. Ma la situazione italiana non è brillante: se operiamo un confronto con la Gran Bretagna, vediamo come lì le società di consulenza siano 10 volte più estese in termini quantitativi e qualitativi. In Italia il problema sta nel fatto che alle società di consulenza sono ancora relativamente ignoti due soggetti: le piccole imprese e la pubblica amministrazione. L’85% della forza lavoro in Italia è rappresentata dalle piccole imprese, che hanno bisogno di fare innovazione, formazione, acquisizioni tecnologiche. Le società di consulenza dovrebbero soddisfare tre esigenze: costare meno, creare maggiore intimità tra consulente e imprenditore e adattarsi meglio al caso singolo. Su questo piano l’Italia mantiene un defi cit enorme”. Il secondo soggetto ancora troppo ignoto alle società di consulenza è la pubblica amministrazione, realtà profondamente diversa dall’impresa. “Tuttavia, alla P.A. vengono venduti gli stessi pacchetti dell’impresa privata – prosegue il professor Butera -. Ma consulenza di direzione e di organizzazione signifi ca anzitutto capire di che cosa il cliente ha bisogno, insomma un approccio clinico come quello sviluppato da due secoli dalla medicina”. Dal settembre 2007 dalla Irso srl è nata la Fondazione Irso presieduta da Butera, istituzione non profit che ha 40 partners, figure di primo piano nello studio e nella pratica dell’organizzazione in Italia, e un gruppo di giovani talenti. La Fondazione valorizza la propria esperienza ultratrentennale nello sviluppare nuove attività di ricerca, formazione e progettazione, con l’obiettivo di favorire progetti, politiche pubbliche e eventi culturali per rendere disponibile una nuova generazione di servizi alle pmi e alle pubbliche amministrazioni. Tra i progetti in corso, Irso ha presentato un progetto di innovazione della pubblica amministrazione al DFP della Presidenza del Consiglio. Ha avviato una ricerca sul Nord e sulle sue reti di città e di imprese con le regioni. Ha in corso due progetti sul Customer Relationship Management e sui Lavoratori della Conoscenza a cui partecipano importanti imprese e istituzione. Punti centrali delle iniziative sono: la crescita italiana, i clienti e le persone ad alta qualifi cazione. Per le PMI, invece, Irso sta collaborando con Confindustria al progetto IxI lanciato da Pasquale Pistorio e ad altri progetti sulla diffusione e formazione delle innovazioni per le imprese di medie e piccole dimensioni. Con Enel, Telecom, Poste e altri Irso lavora in partnership sullo sviluppo nel management di una cultura internazionale ma specifica sulle priorità delle imprese.

 

Attenzione alle bufale
“La consulenza è ottima cosa, ma attenzione ai falsi consulenti o a quelli che si riciclano nel mestiere”. A parlare così è Fabrizio Gazzani, Direttore generale dell’azienda chimica I.C.R. di Reggio Emilia e professore a contratto di Programmazione e controllo nelle aziende turistiche al corso di laurea triennale in economia del turismo all’Università Milano Bicocca. “In azienda ci serviamo di consulenti nei settori delle risorse umane, della contrattualistica, sia internazionale che giuslavorista, e della R&S. I vantaggi che derivano dal servirsi di una consulenza esterna competente sono duplici. Anzitutto, si tratta di ridurre i costi fissi aziendali. Quindi, di affrontare funzioni evolute, come, ad esempio, l’istituzione dell’organo di vigilanza interno”. Con un giro d’affari di 40 milioni di euro e una quota export del 45%, I.C.R. conta su un indotto di 200 persone. “Per un’azienda – conclude Gazzani – la consulenza è fondamentale, proprio perché si ha a che fare con persone diverse e capaci. Naturalmente, quando i consulenti sono professionisti con alte competenze”.

Puntare sulla competenza
Con una lunga esperienza di management in IBM e non solo, Paola Palmerini è oggi socia e partner di GC Governance Consulting, società di consulenza alle imprese sulla corporate governance, e presidente di Atema, Associazione per il Temporary Management. “In Atema – spiega Palmerini – ci occupiamo di professionisti e della loro qualificazione. Lo scopo dell’associazione è quello di sviluppare la cultura sui temi della flessibilità del lavoro manageriale, contribuire ad uno sviluppo del mercato attraverso la definizione di standard professionali ed etici, aiutare i manager a creare, sviluppare e rafforzare competenze di Temporary Management, laddove l’aggettivo temporary sta ad indicare la realizzazione di un obiettivo in un determinato tempo”. “La differenza tra la cultura della consulenza in Italia e all’estero – conclude Palmerini – sta nel fatto che in Italia la consulenza è fortemente sviluppata sulla base di relazioni. Nel nostro Paese si dovrebbe puntare ancora di più sulla competenza come valore oggettivo”.