Oltre lo shock, ancora capitalismo. Ma diverso
Regole più uniformi, meno shortismo da parte degli operatori e vincoli ragionevoli ai mercati sono gli interventi che ci faranno uscire dalla crisi, affermano Emilio Barucci e Marcelo Messori in un nuovo libro
Quella che stiamo attraversando è una crisi senza precedenti nel Dopoguerra, ma non segna la fine del capitalismo, come qualcuno cominciava a temere solo qualche mese fa. Nondimeno, rappresenta una profonda discontinuità e sarebbe illusorio pensare di uscirne senza cambiamenti incisivi, affermano Emilio Barucci e Marcello Messori in "Oltre lo shock. Quale stabilità per i mercati finanziari (Egea, 2009, 310 pagine, 22,50 euro)". >Se, da una parte, aggiustamenti marginali per facilitare una rapida ripresa ciclica sarebbero del tutto insufficienti, dall’altra il ripristino di una regolamentazione direttiva e un ruolo invasivo dello stato risulterebbero dannosi. Il clima poltico che si è diffuso sia negli Stati Uniti che nell’Unione europea nei primi mesi del 2009, che rende concreta la possibilità di nazionalizzazione degli intermediari finanziari costituisce un pericoloso allontanamento dal sentiero virtuoso di riemersione dalla crisi, avvertono i due autori nell’Introduzione. “La stabilità e l’efficienza dei mercati”, scrivono Barucci e Messori, “richiedono una regolamentazione più stringente e soprattutto più uniforme sia degli intermediari che dei mercati; d’altro canto, tale regolamentazione non deve essere troppo distorsiva e, in particolare, non deve bloccare le innovazioni finanziarie ma limitarsi a un contenuto innalzamento dei livelli di standardizzazione dei prodotti finanziari.
A livello dell’Unione monetaria europea si tratta di andare al di là della mera integrazione e coordinamento per costruire un unico mercato finanziario e per accentrare la regolamentazione degli intermediari finanziari sovranazionali presso un’autorità europea”. Uno dei principali equivoci degli ultimi anni viene così descritto dai due autori: “In alcuni settori finanziari si è imposta una meccanica ed errata assimilazione tra funzionamento efficiente dei mercati e necessità di una loro radicale regolamentazione; e in altri settori si è proceduto ad affinamenti o a rafforzamenti della regolamentazione senza estenderli e adattarli a tutti gli attori di mercato e a tutti i prodotti finanziari”.
L’auspicio, che Barucci e Messori giudicano realistico, è perciò “che il sistema finanziario del dopo crisi si caratterizzi per almeno tre novità: l’eliminazione di ogni arbitraggio regolamentare di medio periodo; l’introduzione di limiti all’instabilità dei mercati senza che ciò porti al bando delle innovazioni finanziarie di prodotto; l’abbandono della massimizzazione dei profitti di breve periodo come unica guida strategica, così da ricollocare gli obiettivi di breve periodo come una tappa intermedia (e correggibile) di obiettivi di lungo periodo”.