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Economia/Imprese

L’ associazionismo di impresa come strumento per difendere e conquistare quote di mercato

l_associazionismo_di_impresaIn un contesto di crisi, consorzi, raggruppamenti temporanei di imprese, gruppi economici di interesse europeo possono assumere un valore strategico di primaria importanza per le piccole e medie imprese che caratterizzano il tessuto imprenditoriale lombardo e italiano.

È noto a tutti come il tessuto imprenditoriale italiano sia caratterizzato da una robusta presenza di piccole e medie imprese (PMI). Dati aggiornati al 2005 (risalgono a tale anno gli ultimi dati uffi ciali a disposizione), assegnano alle PMI una quota del 99.9% sul totale delle imprese italiane; garantendo l’occupazione all’ 81.3% dei lavoratori e creando il 70.9% del valore aggiunto (fonte: Eurostat, 2008).

Il 95% delle stesse sono rappresentate da micro imprese, cioè da quelle imprese con meno di 10 addetti (fonte: Istituto Nazionale di Statistica, 2008) . Tale prevalenza di PMI in Italia non garantisce loro una certa tranquillità operativa e gestionale in quanto, grazie all’allargamento dei mercati di riferimento ben oltre i meri confi ni domestici, le nostre aziende si trovano a competere con giganti provenienti anche dall’oriente. Rispetto anche a un passato recente, lo scenario è mutato considerevolmente. Siamo sempre stati abituati a leggere o studiare di trade-off quali quantità / qualità, servizio impersonale / customized, dinamismo imprenditoriale / immobilismo manageriale, ecc., associando alle aziende di piccole dimensioni gli aggettivi positivi (dinamismo, servizio personalizzato, consumer oriented, qualità, ecc.); attribuendo parimenti alle multinazionali o grandi aziende in genere, l’incapacità di aff rontare crisi, mutamenti o semplicemente repentini cambi di direzione. Incapacità attribuita prevalentemente alla pesantezza della struttura aziendale ovvero alla lentezza del processo decisionale. Insomma, abbiamo sempre ritenuto preferibile una seducente e romantica barca a vela rispetto ad una autorevole ed imponente transatlantico. Il problema, però, è che ci viene chiesto di attraversare l’oceano e non di fare una breve crociera sul lago di Garda. Nonostante la premessa di questo articolo non sia delle più positive, è fondamentale per garantire la salvaguardia delle PMI ed evitare il declino del sistema italiano non solo economico, analizzare i punti di debolezza, se così si possono defi nire, e trasformarli in punti di forza. Il riferimento ai termini debolezza e forza, componenti la cosiddetta analisi SWOT non è casuale. Da un’indagine condotta da Unioncamere sulle PMI del comparto manufatturiero, e scaricabile sul loro sito internet, i fattori di competitività dalle stesse PMI evidenziate, quasi come una sorta di autorappresentazione, risiedono principalmente nelle caratteristiche del prodotto (qualità, design, etc…) nella fl essibilità, nei servizi pre e post vendita, nella innovazione, etc….. La tabella che segue, riassume i risultati della predetta indagine condotta sulle piccole e medie imprese (escludendo le micro) confrontandole sia con competitor italiani sia stranieri.

Le PMI italiane hanno ancora qualche asso nella manica, originalità e fantasia a parte. Come emerge chiaramente nel titolo, l’associazionismo di impresa deve essere considerato un valido strumento per poter difendere le quote di mercato e conquistarne di nuove, anche in mercati lontani. In tal modo le nostre PMI conserverebbero le caratteristiche individuate nella tab. 1, acquisendone di nuove, e tipiche delle grandi aziende (in termini di immagine, peso “politico”, risorse a disposizione, etc…). Consorzi, raggruppamenti temporanei di imprese, gruppi economici di interesse europeo possono assumere un valore strategico di primaria importanza, in quanto permette agli associati di condividere le competenze distintive di ciascuno. Il singolo associato però non dovrà considerare la predetta condivisione come una ripartizione delle proprie abilità e conseguenti guadagni con le aziende con cui si è sempre scontrato sul territorio nazionale; bensì una ripartizione del nuovo valore creato grazie a nuove sinergie. La diffi coltà di attuazione risiede appunto nel cambiamento di mentalità imprenditoriale. I competitor locali devono essere considerati come partner strategici. Riduzione dei costi di fornitura (e.g. centrale acquisto unica per tutti i consociati), nuovi clienti che non temono la mancata evasione di un grosso quantitativo (e.g. l’associazione ripartisce l’ordine ricevuto in funzione della capacità produttiva di ciascun associato), ripartizione dei costi per l’internazionalizzazione magari non sostenibili singolarmente (e.g. delegazione in Paesi lontani, servizi di consulenza legale / fi scale internazionale) sono soltanto alcuni dei benefi ci che derivano dall’associazionismo di impresa . Non per ultimo, anche lo Stato Italiano garantisce agevolazioni di natura fi scale alle associazioni fra PMI, quali ad esempio l’esenzione totale da imposizione fi scale degli utili realizzati ovvero forme di fi – nanziamento a tassi agevolati . Sicuramente il futuro per le aziende di piccole e medie dimensioni italiane, indipendentemente dal perdurare di crisi fi nanziarie e/o economiche, non è roseo. Le imprese italiane, però, previo un cambiamento di mentalità non più orientato a logiche di guadagno a breve termine, hanno ancora ampi spazi di manovra che possono loro permettere di ricoprire nuovamente un ruolo primario nei mercati internazionali.

testo di Andrea Manzoni, esperto di ricerca in Marketing per le strategie di impresa