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Business

Limitare le individualità per condividere idee e decisioni

importanza_di_fare_reteL’aggregazione tra imprese è uno degli strumenti più utili per favorire la crescita. Parola di Vincenzo Boccia, alla guida della Piccola Industria di Confindustria

Speciale “L’importanza di fare rete” – Parte seconda

“Siamo piccoli, non nani. La crescita, cioè, non ci è preclusa. E l’aggregazione tra imprese è uno degli strumenti praticabili, che può inoltre favorire lo sviluppo del business”. Vincenzo Boccia, dallo scorso novembre alla guida della Piccola Industria di Confindustria, è profondamente convinto di questa idea.

Tanto da averne fatto la sua mission presidenziale. E ogni volta che è ospite delle territoriali confindustriali, non si lascia sfuggire l’occasione per ribadire che “fare rete è l’unica via per affrontare le nuove sfide dei mercati internazionali”, che “fare rete rappresenta un innovativo oltre che razionale strumento per riuscire a fronteggiare la recessione”, che “l’aggregazione consente di abbassare i costi sfruttando le economie di scala, di migliorare la situazione economica e patrimoniale e di ridurre i rischi”, che “fare squadra significa anche implementare più facilmente le quote di mercato, attenuare la pressione da parte dei competitor favorendo al tempo stesso il trasferimento immediato di know-how”. Concetti che ha esposto anche in occasione del seminario di Monza. “Per attuare aggregazioni – ha puntualizzato Boccia – è però necessario evolvere la cultura imprenditoriale: occorre ripensare il modo di far impresa, orientarsi e condividere idee e decisioni, limitare le individualità. Sia che si affrontino nuovi progetti sia che si punti a nuove produzioni o a nuovi mercati, l’aggregazione di successo passa per una struttura patrimoniale adeguata”. Una questione delicata. Che, nonostante venga affrontata periodicamente, ad oggi non ha ancora portato all’individuazione di soluzioni. Forse, la vulnerabilità del nostro sistema industriale alla contrazione e all’irrigidimento del credito, evidenziata dalla crisi, potrebbe rappresentare un’opportunità per affrontare e risolvere un argomento che vede le Pmi fortemente penalizzate. “Da sempre – spiega Boccia – il debito rappresenta la colonna portante della gestione e della crescita delle attività d’impresa, a dispetto di una più corretta ed equilibrata composizione del passivo patrimoniale”. Ecco perché uno degli imperativi di quest’epoca è: patrimonializzare. Già, ma come? “In primo luogo – risponde il presidente della Piccola Industria di Confindustria – va chiarito che lo stereotipo largamente diffuso nella mentalità comune secondo cui l’imprenditore, in proprio, disporrebbe di capitali da investire nell’impresa, non sempre trova conferma nella realtà. La distinzione tra patrimonio aziendale e patrimonio famigliare è, il più delle volte, solamente formale in quanto il secondo è sovente chiamato a garantire il primo”. “Tuttavia – prosegue Boccia – è evidente che nello sviluppo dell’impresa un patrimonio a garanzia, cioè quello famigliare, non può svolgere lo stesso ruolo di un patrimonio aziendale.

Crescere a debito, è un esercizio molto rischioso, difficile e limitante rispetto a una crescita realizzata col giusto mix di dotazione finanziaria”. Probabilmente una delle ragioni che ha determinato il ‘nanismo’ dimensionale di numerosissime eccellenze industriali italiane è stato determinato da un ricorso eccessivo all’indebitamento. Al momento, ad eccezione del Fondo Italiano di investimento per le Pmi di recente costituzione, non paiono esserci altre alternative. “In realtà – evidenzia Boccia – i capitali per patrimonializzare le Pmi si potrebbero reperire sul mercato azionario, in cui le buone idee possono incontrare i giusti finanziamenti. Il perseguimento di tale strada da parte delle Pmi consentirebbe loro il rafforzamento del sistema industriale, la crescita dimensionale, l’acquisizione di una culturale manageriale nonché la valorizzazione di tutti gli asset immateriali ora inespressi”. Fermamente convinto che la strada del rafforzamento patrimoniale delle singole imprese rappresenti il giusto viatico per costruzioni di filiere d’impresa vincenti sui mercati internazionali, il presidente Boccia e i suoi vice hanno recentemente deciso di avviare un confronto con Borsa Italiana, finalizzato ad avviare un percorso che “consenta rapidamente alle Pmi di accedere in modo semplice alle enormi opportunità che un mercato azionario moderno può offrire”. Probabilmente ci vorrà tempo prima che si possano raccogliere i frutti sperati. Tuttavia Boccia appare fiducioso: “Credo sia nostro dovere non solo trovare le medicine necessarie a curare nell’immediato il problema del credito, ma anche cercare di riformare in modo strutturale il come fare impresa. Soprattutto perché i problemi di oggi non si ripropongano domani”.

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