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Sanpellegrino, l’Italian Style che ha fatto il giro del mondo

Steffano Agostini

Un modello di business costruito sulla storia, la tradizione, sull’amore per lo stile di vita italiano e soprattutto sulla qualità di una risorsa naturale come l’acqua. Stiamo parlando della storia del Gruppo Sanpellegrino, un marchio conosciuto a livello mondiale ed espressione di un Made in Italy che ha saputo coniugare al meglio i valori del gruppo multinazionale Nestlè Waters, a cui appartiene, con una storia che va avanti da 110 anni.

Stefano Agostini, amministratore delegato del Gruppo racconta i fondamenti di un successo che ha portato la Sanpellegrino a figurare al 178esimo posto tra i maggiori 1.500 gruppi industriali italiani (rapporto Mediobanca 2010). “Il nostro successo è il risultato di 110 anni di un lavoro molto consistente che ha permesso all’azienda di portare all’estero un prodotto di qualità, supportato dal modo di vivere italiano”.

Stefano Agostini, amministratore delegato del Gruppo Sanpellegrino da tre anni e in azienda da 21 anni. Oltre ad essere il suo lavoro, cosa rappresenta per lei questa realtà aziendale?

Ha rappresentato e continua a rappresentare un’importante crescita personale. Sono entrato in questa realtà molto giovane: ho iniziato all’Acqua S. Bernardo, la prima azienda di acqua minerale acquistata dalla Nestlé in Italia. Dopo una prima esperienza come venditore  sono passato a ricoprire l’incarico di responsabile territoriale prima e responsabile Italia del marchio in un secondo tempo. Nel corso di questi primi anni ho girato molto, seguendo prima la S. Bernardo e successivamente l’Acqua Vera, due realtà che nel 1998 sono entrate in Sanpellegrino. Da quel momento mi sono occupato della riorganizzazione delle quattro divisioni (Levissima, San Bernardo, Acqua Vera e Sanpellegrino) entrate poi in Nestlè nel 1999 e mi sono occupato della direzione dei marchi regionali. Successivamente ho ricoperto l’incarico di direttore commerciale per l’Italia e nel 2004 ho intrapreso la carriera internazionale partendo per l’Inghilterra come Amministratore Delegato della Nestlè Water UK; ho mantenuto questo incarico fino a fine 2007 quando poi sono rientrato in Italia nella veste di Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo Sanpellegrino. Sono un manager con alle spalle una forte esperienza nel settore delle acque minerali: ho avuto l’opportunità di crescere e conoscere bene questo settore in Italia e a livello internazionale. L’esperienza in Inghilterra mi è servita molto per approcciarmi con una cultura differente, quella anglosassone, e un modello di business molto diverso da quello italiano.

Quali sono i valori che sono racchiusi nel Gruppo?

Il nostro Gruppo è fondato su valori importanti e affascinanti. Ricopro un ruolo che mi da molte soddisfazioni, mi da l’opportunità di gestire un’azienda che fa parte di una realtà come Nestlè con cui condividiamo valori e principi manageriali comuni a tutti paesi in cui operiamo: il rispetto delle persone, del territorio, il rispetto delle differenze culturali. Abbiamo inoltre un approccio molto trasparente, pragmatico e positivo. Per quanto riguarda il Gruppo Sanpellegrino, abbiamo l’impegno di condividere valori legati ai territori d’origine dei nostri marchi sia di acque minerali che bibite. Abbiamo la responsabilità di lavorare quotidianamente per garantire quegli alti standard qualitativi e quel valore aggiunto che i consumatori ci riconoscono sia in Italia che nel mondo. Personalmente mi impegno a comunicare al mio team che dietro ai nostri prodotti c’è prima di tutto la natura, l’acqua, risorsa di cui l’Italia è molto ricca e che per questo non dobbiamo mai dare per scontata. La maggior parte delle nostre sorgenti sono in alta montagna e noi ci impegniamo, insieme alle istituzioni locali, affi nché queste aree vengano protette, migliorate e tutelate. La nostra missione è “dare all’acqua un futuro di qualità”. L’acqua è un bene prezioso e per offrire qualità dobbiamo mantenerne alti livelli di controllo sul processo di captazione e poi di imbottigliamento. Sul fronte delle attività produttive, come tutte le aziende manifatturiere, siamo responsabilizzate sulle modalità di lavorazione e soprattutto sul risparmio energetico, sull’impatto ambientale e sugli imballi che utilizziamo, temi questi che ci vedono fortemente impegnati in piani di sostenibilità aziendale.

Proprio in questo contesto, da un anno avete creato il nuovo Consorzio Nestlè Green Energy, un progetto in favore dell’utilizzo di energia rinnovabile e del rispetto dell’ambiente…

Esatto. Si tratta di un esempio importante. Abbiamo la particolarità di avere le nostre attività produttive in zone lontane dai grandi centri; spesso noi siamo l’unica realtà industriale e questo significa avere una responsabilità sociale sia legata al business così da garantire prima di tutto livelli occupazionali, sia legata all’ambiente. Parlando delle fabbriche e di energia, nello stabilimento di  S.Bernardo ad esempio, la produzione è alimentata dalla fornitura diretta di energia eolica. Questo è avvenuto grazie alla creazione di un parco eolico sul crinale sovrastante lo stabilimento.  Mentre a Pejo, nel Parco Nazionale dello Stelvio, produciamo energia da impianto a biomassa ricavata dagli scarti nella potatura del melo e nella pulizia del sottobosco, il tutto avviene nell’area  circostante al comune di Pejo. Sul fronte industriale, inoltre, investiamo per utilizzare la minor quantità di acqua nei processi produttivi: per ogni litro di acqua imbottigliata ad esempio utilizziamo meno di 1,8 litri di acqua (dato comprensivo del litro imbottigliato). Per quanto riguarda la distribuzione siamo soci di una società di trasporti che utilizza camion con motori Euro 5; siamo inoltre primi clienti di Trenitalia perché trasportiamo il 10 per cento della merce su rotaia in Italia. In Europa usiamo molto il trasporto intermodale, che prevede l’uso combinato di rotaia e gomma.

Nel 2010 siete cresciuti come export del 18% rispetto al 2009. Come siete arrivati a questo risultato in un mo-mento non facile per l’economia?

Il modello S.Pellegrino è visto come esempio di successo in tutto il mondo e proprio per questo motivo negli anni di crisi dell’economia mondiale non ci siamo tirati indietro. Al contrario, abbiamo investito sul marchio di acqua minerale simbolo dell’Italian Style, sul network di distribuzione e sugli eventi internazionali legati alla gastronomia. Nel 2008 abbiamo registrato una flessione del 5 percento, come conseguenza della crisi nei settori del turismo, del business travel e dell’alta ristorazione dove da sempre siamo presenti. Verso la fine del 2009 la tendenza è cambiata e l’export nel 2010 è tornato a crescere appunto del 18 percento. Resta comunque l’amarezza nel vedere che il business italiano resta comunque stabile e un po’ in affanno.

Quale potrebbe essere la chiave di volta?

Faccio un esempio che parte dalla nostra esperienza: in Italia abbiamo lavorato molto bene sulle bibite. Nel 2010 siamo tornati a crescere, pur non essendo leader nel settore; abbiamo comunque cercato di prendere posizioni forti dando al consumatore un prodotto di qualità migliorandone il contenuto, aumentando la quantità di succo e diminuendo lo zucchero aggiunto. Questo ne ha migliorato l’aspetto qualitativo e  salutistico. Inoltre abbiamo rilanciato l’ immagine storica del nostro marchio, creando delle special edition con etichette degli anni ’50 e ‘60. Il nostro impegno in Italia è quello di continuare a sostenere i nostri brand, cercando di sopperire alla pressione che continua ad esserci sui prezzi creando efficienze di filiera.

S.Pellegrino rappresenta da anni un traino per il Made in Italy. Come siete arrivati a coprire un mercato così vasto?

Oltre al ruolo in azienda, sono orgoglioso di far parte del Consiglio di Alta Gamma, fondazione che rappresenta il meglio del Made in Italy in settori che vanno dal fashion, al design, passando per il food e l’hospitality. Il nostro successo è il risultato di 110 anni di un lavoro molto consistente che ha permesso all’azienda di portare all’estero un prodotto di qualità, emblema del modo di vivere italiano. S.Pellegrino ha sempre avuto una vocazione internazionale, di alta qualità, espressione della cultura italiana, focalizzandosi sempre nella ristorazione. La strategia è sempre la stessa: la bottiglia non è cambiata ma si è evoluta, mantenendo forte il radicamento con l’origine e mantenendo inalterata la qualità. Si tratta, infatti, di un’acqua unica, con un gusto particolare capace di accompagnare al meglio i cibi. Si è inoltre lavorato molto sul posizionamento e sul marketing per arrivare a rappresentare al meglio l’Italia con i suoi tratti fondamentali: la convivialità, l’amore per il cibo, il piacere di stare insieme. Gli italiani credono nell’amicizia, nell’accoglienza e amano il cibo. Attraverso i nostri prodotti noi diamo la possibilità ai consumatori di ricordare questo spirito. La Francia ha dimostrato un grande apprezzamento e si è confermata il mercato di maggior successo per il nostro marchio. Il passo successivo sarà quello di andare oltre all’identificazione del prodotto con l’Italia per arrivare a collegarlo con il luogo d’origine in cui quest’acqua viene prodotta.

Per questo motivo entro l’estate 2011 arriveranno sul mercato Usa le prime bottiglie S.Pellegrino con il QRCode, un codice a barre che permetterà di scaricare sul cellulare un filmato su Bergamo. Qual è il valore di questa iniziativa?

Per noi questa iniziativa è importante, un gesto concreto nell’ambito del nostro impegno nel sostenere i territori e le comunità nelle quali operiamo. Questo strumento crediamo possa dare un contributo considerevole di visibilità e valorizzazione della zona di San Pellegrino, della Val Brembana e di Bergamo.

Ulteriori progetti per il prossimo futuro?

Nello stabilimento di San Pellegrino abbiamo in atto progetti di rafforzamento della capacità produttiva. Guardando al successo del 2010 e in previsione di un’ulteriore crescita per il 2011, abbiamo chiesto una maggior flessibilità ai dipendenti per lavorare anche la domenica. C’è in atto un dialogo costruttivo con i sindacati. Ad oggi si sta già lavorando la domenica, su base volontaria  e questo ci sta permettendo di produrre di più quando è necessario e dare un segnale di ottimismo al territorio.  Altri progetti riguardano gli ulteriori investimenti sui mercati internazionali, sugli eventi e su importanti partnership. Stiamo innovando sul mercato italiano anche se non sempre è facile. Abbiamo presentato due nuovi prodotti, il primo è un aperitivo parte della gamma San Bittèr ed è un mix tra il tradizionale San Bittèr e succo di pompelmo. Il secondo lancio sarà un tè rosso sotto il marchio Beltè.

Diceva che innovare in Italia non è facile. Come mai secondo lei?

Il modello italiano non sempre favorisce i processi di innovazione. Ogni volta che si ha un’idea gli interlocutori sono tantissimi e prima di arrivare al punto vendita trascorrono troppe settimane. È necessario migliorare i processi di lancio in accordo con i distributori. Come produttori siamo chiamati a impegnarci nel fare vera innovazione, nel sostenerla e nel comunicarla con l’obiettivo di aprire nuovi mercati. Di contro i retailers devono richiedere innovazione alle aziende, così come succede nel mondo anglosassone. Dobbiamo migliorare quindi i processi di lancio dei prodotti insieme ai distributori. Ci deve essere una maggiore apertura per non perdere il valore che può dare l’innovazione.

Quando un prodotto può essere considerato veramente innovativo?

Innanzitutto deve avere dei plus rispetto ai prodotti esistenti, il plus può essere un elemento di funzionalità o una caratteristica intrinseca. Una volta trovata l’innovazione bisogna darsi degli obiettivi per allargare il numero di consumatori che si avvicineranno a quella specifica categoria.