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Sulla rotta della Cina

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La Cina ha sorpassato il Giappone diventando la seconda potenza mondiale dietro gli Stati Uniti. Cresce il PIL interno e aumentano gli investimenti in Ricerca e Sviluppo per ridurre la dipendenza del Paese dalla tecnologia importata. Intervista a Thomas Rosenthal della Fondazione italia-Cina sulle opportunità di business e crescita per l’Italia.

E’ diventata la seconda potenza economica mondiale sorpassando il paese del Sol Levante in termini di prodotto interno lordo. Stiamo parlando della Cina il cui Pil, in termini reali, sarebbe aumentato del 10,3% nel corso del 2010, grazie a un buon incremento – superiore alla maggior parte delle attese – nella parte finale dell’esercizio, pari al 9,8%. Ad oggi, anche se i dati non sono ufficiali, sarebbero circa 2.200 le imprese italiane presenti in Cina e 60-70 le multinazionali cinesi presenti in Italia, oltre alle 35mile piccole imprese avviate da cinesi nel nostro Paese. Numeri che, a detta di Thomas Rosenthal Responsabile del CESIF – Centro studi per l’impresa della Fondazione Italia Cina – dovrebbero diventare una leva per avviare relazioni Italia-Cina biunivoche, ovvero, sia ricercando opportunità di crescita a Pechino e sia cercando di attrarre le risorse dalla Cina, “che siano risorse umane, capitali e turisti”. Il motivo? La Cina sta crescendo su molti fronti tra cui quello della ricerca e dello sviluppo, settore in cui è cresciuta di quasi dieci volte nell’ultimo decennio, toccando il massimo di 543,3 miliardi di RMB nel 2009. Le linee guida nazionali per lo sviluppo scientifico e tecnologico raccomandano una riduzione della dipendenza del Paese dalla tecnologia importata, dall’attuale 50% al 30% o meno entro il 2020. “Dovremo essere bravi a stringere accordi con università e ricercatori cinesi per fare un lavoro di squadra – spiega Rosenthal – Dobbiamo legare i capitali cinesi con la ricerca e la competenza tecnologica. Un tempo si ricercavano partner occidentali, oggi, magari, dobbiamo lavorare con questi Paesi emergenti”.

La Cina vede nell’Italia un mercato strategico. Come creare una continua sinergia tra questi due Paesi?

E’ vero oggi ma in passato Wen Jiabao, Primo Ministro del Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese e il Presidente Hu Jintao hanno più volte saltato l’Italia. Solo quest’anno, in occasione dell’anno culturale della Cina in Italia, i rapporti sono ripresi. Per loro l’Italia rappresenta un mercato di interesse non dal punto di vista numerico ma dal punto di vista del prestigio: siamo uno dei paesi più ricchi del mondo, nonostante la crisi, abbiamo un’economia sviluppata e un certo know how. Potremmo avere un valore strategico maggiore legato alla nostra posizione geografica ma la mancanza di porti attrezzati e infrastrutture ci penalizza, molto.

Quali restano le maggiori opportunità di successo in Cina per l’imprenditoria italiana? Quali i principali settori?

Anche se storicamente si parla del Made in Italy, il vero successo è legato alla meccanica allargata, sia per l’esportazione di macchinari italiani sia perchè la Cina è diventata una piattaforma produttiva per società italiane che hanno delocalizzato la produzione. Come Fondazione Italia Cina abbiamo collaborato con una ventina di realtà private e pubbliche. Le regioni italiane più attive in questo senso sono Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Marche. Quali caratteristiche deve avere un’azienda o una società che decide di entrare nel mercato cinese? Secondo noi tutte le realtà, di tutti i settori, ce la possono fare. La dimensione conta ma non è comunque un limite, lo conferma il fatto che la maggior parte sono piccole e medie imprese. Contano sicuramente: la precedente storia di internazionalizzazione che l’azienda ha portato avanti negli anni; la presenza di risorse umane preparate; una disposizione di risorse finanziarie adeguate. Inoltre non deve mancare l’investimento in una consulenza di un certo livello, accompagnato da molta informazione e da un processo di marketing intelligence. Come Fondazine Italia Cina supportiamo le imprese con workshop e momenti formativi. Inoltre pubblichiamo annualmente il rapporto sull’economia cinese. L’8 marzo abbiamo presentato il nuovo numero della rivista di studio sulla Cina contemporanea.

Secondo un recente studio del Georgia institute of technology statunitense, entro il prossimo decennio la Cina supererà gli Stati Uniti nella capacità di trasformare la sua ricerca e sviluppo in prodotti e servizi. Cosa rende la Cina così dinamica e innovativa?

Sicuramente la programmazione. Il nuovo piano quinquennale varerà per la prima volta politiche mirate a stimolare l’innovazione a livello locale e ulteriori forme di supporto e programmi di incentivi saranno garantiti alle imprese cinesi in modo da stimolare la generazione d’innovazione. L’obiettivo è quello di non continuare a fare affidamento su tecnologie importate, assorbite o sviluppate attraverso joint-ventures ma di puntare su innovazioni puramente locali. Le linee guida nazionali per lo sviluppo scientifico e tecnologico raccomandano una riduzione della dipendenza del Paese dalla tecnologia importata, dall’attuale 50% al 30% o meno entro il 2020 (la media dei paesi sviluppati è di circa il 10%, secondo l’Accademia Cinese delle Scienze). Non vogliono infatti cadere nella stagnazione che ha colpito il Giappone e per farlo è fondamentale promuovere innovazione e ricerca creativa a partire dalle università. La spesa in R&S in Cina è cresciuta di quasi dieci volte nell’ultimo decennio, toccando il massimo di 543,3 miliardi di RMB nel 2009. L’anno scorso il CeSIF ha evidenziato un incremento sostanziale nel numero di progetti di R&S in Cina che si giustifica principalmente con le attività di imprese e di istituti di ricerca cinesi che intendono generare innovazione per sostenere la futura crescita e competitività. Molte società straniere nei settori ad alto contenuto tecnologico come nanotecnologia, materiali sintetici, biotecnologia,soft ware e telecomunicazioni guardano ormai alla Cina come potenziale fonte di innovazioni tecnologiche. Il nuovo Piano presenterà obiettivi per lo sviluppo di nuove industrie ad alta intensità di ricerca e sviluppo quali biotecnologia, energie rinnovabili e nuovi materiali. Il volume totale di brevetti depositati in Cina è cresciuto esponenzialmente sin dal 2003 e continuerà a crescere grazie alle politiche di stimolo alla ricerca e sviluppo locale. Dal 2003 il numero di richieste di brevetti locali ha superato il numero di richieste di soggetti esteri con un divario in crescita. Nel 2009 era locale il 75% dei brevetti registrati in Cina. La Cina è uno dei Paesi con il maggior numero di ragazzi che studiano all’estero, esattamente 1,4 milioni.

Una risorsa importante…

Una risorsa che è in linea con la politica del governo di ridurre la dipendenza tecnologica estera per generare innovazione locale. Gli studenti cinesi che vanno all’estero sono un asset importante soprattutto perchè la percentuale di ritorno è alta sia per un forte senso di patriottismo sia per le possibilità di lavoro offerte dal mercato cinese.

I nostri ricercatori invece vanno via e raramente tornano…

Esatto. Per ridare ossigeno alla nostra Ricerca, l’Italia dovrebbe stringere degli accordi con i ricercatori e le università cinesi e costruire un gioco di squadra. Legare ad esempio i capitali cinesi alla ricerca, ergo quello che un tempo si faceva quando si ricercavano partner occidentali.

Ricerca a parte, l’Italia cosa dovrebbe imparare dal sistema Cinese?

L’Italia deve imparare a fare della democrazia una vera forza e a non bloccarsi davanti alla minoranze. Il Governo cinese ha dimostrato di essere in grado di ascoltare il proprio popolo e l’intera nazione; sta garantendo una crescita costante anche se resta molto da fare sul fronte dell’ambiente. Noi abbiamo molte mancanze: godiamo di un tessuto economico dinamico e avventuroso ma manca la programmazione e la diplomazia economica. Manca un sistema pubblico in grado di investire in maniera sinergica per la creazione di una politica di distribuzione Italia in Cina. Il Governo non interviene mai mentre le nostre agenzie ICE, SACE, SIMEST possono intervenire per migliorare e favorire le attività di internazionalizzazione. Serve in questo senso una maggior comunicazione e informazione.

Su quali progetti siete maggiormente impegnati come Fondazione Italia-Cina?

Siamo promotori del progetto Unitalia per attrarre studenti cinesi in italia e supportarli operativamente nelle pratiche precedenti il loro ingresso nel nostro Paese. In particolar modo i servizi del Centro sono indirizzati a dare più informazioni sull’offerta formativa italiana e a ottimizzare i processi di selezione degli studenti cinesi attraverso l’attivazione di una linea telefonica dedicata, presso lo sportello UnItalia di Pechino, e personale formato a orientare gli studenti cinesi nella scelta dei programmi di studio in Italia. Stiamo inoltre lavorando a un progetto turistico per favorire l’arrivo di turisti cinesi.