Management by wandering around: la nuova (o forse ritrovata) frontiera della gestione aziendale

Conoscere a fondo la propria azienda e chi ci lavora, questa è la chiave del Management by Wandering Around. Socializzare con collaboratori e dipendenti attraverso “visite” nei diversi settori crea quel senso di appartenenza e partecipazione che può far crescere un’azienda
A volte ritornano. Suona come il titolo di un film horror, in realtà è una semplice costatazione: nell’organizzazione delle aziende stanno tornando prepotentemente di moda approcci gestionali datati ma, a quanto pare, ancora molto validi. Dopo il “marketing del passaparola”, assistiamo oggi al ritorno di un altro vecchio cavallo di battaglia degli imprenditori più illuminati, noto col nome di MBWA, ovvero “Management By Wandering Around” (o “…WalkingAbout”, ma il concetto è identico): la gestione dell’azienda tramite visite e sopralluoghi ai vari reparti/dipartimenti. Mi spiace solo aver illuso gli appassionati di telefonia mobile che speravano mi mettessi a disquisire sul Mobile Broadband Wireless Access!
Gli ideatori del MBWA sono David Packard e Bill Hewlett, che negli anni ’70 lo mettevano in pratica evidentemente con successo, viste le dimensioni poi raggiunte dall’azienda da loro fondata. Vi dicono niente i due cognomi? Ebbene sì, è quella azienda. Tramite il MBWA, l’imprenditore e i top manager interagiscono con i dipendenti visitandoli con una certa regolarità in ufficio e nei reparti produttivi. Sic et simpliciter. Non a caso il testo di riferimento sul MBWA, “In search of Excellence” di Peters-Waterman, definisce questa pratica come “la tecnologia dell’ovvio”. Lo facevano i generali romani che passavano in rassegna le truppe girando per l’accampamento prima delle battaglie, lo si faceva ai tempi della rivoluzione industriale in Inghilterra, lo fanno i grandi registi che tra un ciak e l’altro socializzano con la troupe fino all’ultima delle comparse o dei macchinisti, tutto sommato lo fanno da sempre i politici (soprattutto se sono a caccia di voti…) che si palesano in piazza, tra la folla, a tastare il polso dell’elettorato. In ogni caso, non è stato inventato niente di nuovo.
C’è chi confonde il MBWA con la classica “visita di controllo”, un veloce e annoiato giretto tra i reparti, mal vissuto anche dai collaboratori. Potesse uscire fumetto dalla loro testa in quei frangenti, vi si leggerebbe: “….ecco che arriva il boss a ficcanasare, poi per un altro trimestre scompare”. Questo disagio, anzi questo fastidio è ultimamente acuito dalle nuove tecnologie, che facilitano la comunicazione a distanza, per cui il fumetto potrebbe evolversi in qualcosa del tipo: “Il boss quando viene qui è convinto di capire come gira la baracca, mentre il resto dell’anno invia 3 email e fa 2 videoconferenze, standosene comodamente seduto sul trono in pelle del suo ufficio in un qualsiasi grattacielo della City londinese”.
Non basterebbe la tunica gialla di Yellow Kid per un fumetto del genere…In ogni caso, il MBWA va invece oltre il semplice dimostrare che il boss non è un’entità astratta. E’ mirato a capire meglio e più rapidamente le criticità e i possibili rimedi. A prendere coscienza delle mille complessità che stanno dietro il prodotto/servizio; a velocizzare il tempo di risposta ai problemi, per il semplice fatto di conoscerli direttamente; ad acquisire maggior consapevolezza dell’azienda in senso esteso; a limare le distanze tra colletti bianchi e colletti blu. Fa ridere usare questa terminologia nel terzo millennio, ma vedendo quel che succede quando si celebra l’1° maggio… si ride un po’ meno. Collaboratori e dipendenti si sentono parte del meccanismo, come è giusto che sia; ne diventano molto più partecipi e coinvolti. Ne deriva minor rigidità e for-se una maggiore disponibilità a piccoli sacrifici.
Così come qualcuno ha scritto in un blog qualche tempo fa: “…oltre a tagliare trasversalmente le linee verticali di comunicazione che caratterizzano una struttura organizzativa gerarchica, l’MBWA motiva i collaboratori, mostrando loro che il senior management è seriamente interessato alla loro attività e ai loro problemi”.
In definitiva, tramite il MBWA si toccano con mano le difficoltà, che non sono più qualcosa di astratto sintetizzato nell’ “executive summary” che pochi leggeranno, ma un dato tangibile e reale. Teoricamente, non v’è dipartimento o business unit che non possa essere efficacemente gestita con un approccio di questo tipo. Ma il MBWA s’è anche evoluto. Se un tempo il classico “giretto in produzione” era quasi esclusiva del grande capitano d’azienda, oggi ad interagire direttamente col personale c’è anche il management. Dirigenti e funzionari hanno capito che non solo è opportuno, ma è necessario. L’ultimo paio di decenni è stato infatti caratterizzato da un management distaccato prima fisicamente e quindi emotivamente dall’azienda. Maghi della finanza o del marketing, che però non sapevano distinguere un telaio da un tornio. Il manager sta imparando a fare un salto culturale: conoscere l’azienda palmo a palmo, sapere non solo cosa produce ma come lo produce (questo vale anche nel mondo immateriale dei servizi), conoscere i propri colleghi, appassionarsi quotidianamente al destino dell’azienda. Non dev’essere la logica (ammesso che lo sia) del pro-fi tto personale e dei bonus di risultato a guidare il suo operato, ma la passione, il coinvolgimento, il senso di appartenenza.
Almeno allo stesso livello di chi quell’azienda l’ha fondata. Non è un caso che i corsi di formazione pensati per le aziende si stiano sempre più orientando ad un’educazione professionale trasversale, dove tutti sono (il più possibile) consapevoli dell’attività di tutti. Basta con le camere stagne. Purtroppo la strada da fare è ancora molta, e il mercato del lavoro è intriso di top manager verticalmente focalizzati sulle loro competenze. Agli imprenditori più scettici sul fatto che alcuni fra i loro più diretti riferimenti non abbiano idea di come l’azienda arrivi al prodotto finito partendo dalla materia prima, consiglio un esercizio facile facile: interrogateli. Così, a voce, magari prendendoli in contropiede, mentre bevete un caffè assieme. Escludete magari il direttore di produzione o quello del personale, ma prendete un altro dirigente, che so, il responsabile dei servizi informatici o il direttore dell’ufficio legale: buon divertimento! Per correttezza, va comunque detto che esistono alcune importanti eccezioni, e se non suonasse come spot gratuito potremmo citare più di un’azienda che rappresenta l’eccellenza sotto questo profilo.
Detto cos’è il MBWA, c’è da chiedersi come mai sia tor-nato così in auge. La spiegazione più rilevante è ancora una volta la crisi economica che da anni ormai ci attanaglia. Come molti hanno teorizzato, questa ha avuto un impatto devastante anche sui rapporti interpersonali. Le persone istintivamente si sono chiuse a riccio, tendendo a fidarsi sempre meno del prossimo. Perciò si è avvertito il bisogno di un ritorno all’antico, ad un contatto molto più diretto tra i vari livelli aziendali (e tra colleghi dello stesso livello), per ricordarci che prima di essere lavoratori siamo persone, per tornare ad avere fiducia l’uno nell’altro. Emblematica in tal senso una fiera recentemente svoltasi a Bergamo, intitolata appunto: “Fiera della Fiducia”, ed il MBWA per sua natura è molto efficace nel recuperare la qualità dei rapporti umani e ad armonizzarli. Come sempre, non è tutto oro quel che luccica. Il principale rischio del ricorrere eccessivamente al MBWA si sintetizza col concetto di “micro management”: una gestione tendente all’esagerato controllo sui subordinati, una parcellizzazione delle procedure e dell’iter autorizzativo, una forte riduzione delle deleghe, ed altro ancora.
Qualcuno dice che il MBWA sia in aperto contrasto con la filosofia del telelavoro, due scuole di pensiero diametralmente opposte dove la prima incentiva il rapporto vis-à-vis e la seconda lo scoraggia. Io non sono d’accordo, perché si confonde la forma con la sostanza: se soprattutto nel caso delle grandi multinazionali il manager è impossibilitato a presidiare fisicamente l’azienda perché si trova oltreoceano, va bene anche che si faccia vivo tramite videoconferenza, email, chat, telefono, telegramma, piccioni viaggiatori e segnali di fumo. Insomma, l’importante è il contatto costante, quotidiano e con tutti. Sarà un wandering around virtuale e meno efficace, ma nessuno potrà mai dire che il boss è uno sconosciuto.
Vi confesso infi ne una mia debolezza: googleando ho scoperto altri sviluppi della sigla “MBWA”, dal “Massachusetts Black Women Attorneys” al “Master Builders Western Australia”. Per questo non resisto alla tentazione di citare anche la “Minnesota Beer Wholesalers Association”, perché sospetto che a Minneapolis e dintorni il top management del settore sia ben disposto a farsi ben più di un giro tra i reparti.
testo di Leonardo Marabini – Esperto di comunicazione e marketing – Direttore commerciale e marketing di Kilometro Rosso