Paradosso del trobriandes
Se usiamo la logica industriale, basata su tempo, luogo e processo, applicandola a lavori non governati dalla rigidità dei ritmi e dalla rigidità del modello organizzativo, possiamo cadere nella trappola burocratica che consiste nel proliferare di lavori e compiti al di là della loro effettiva utilità.
Si dice, ed è vero, che le prassi burocratiche tendono a moltiplicarsi e ad occupare tutto il tempo disponibile prescindendo dal concreto risultato aziendale che con il lavoro si persegue. Ma come si moltiplica il lavoro burocratico? La radice sta nella pretesa di regolare organizzativamente, attraverso minuziose procedure, ogni attività e la scintilla parte normalmente dagli errori e dagli arretrati che fatalmente ne conseguono. Errori e arretrati generano sempre un certo scandalo all’interno degli uffici afflitti dal virus burocratico in quanto, se c’è una cosa intollerabile per la burocrazia, è la deviazione rispetto alla prassi definita. Iniziano pertanto le ricerche dei colpevoli che però, nelle burocrazie, non sono mai identificabili perché i numerosi meccanismi di controllo disperdono le responsabilità su tutta la catena di comando. Tutt’al più si genera, si conserva e tenersi ben stretta la figura di un “capro espiatorio”, che merita una trattazione a parte.
Di fronte ad esempio ad un arretrato cronico la cosa più logica da fare è quella di domandarsi che cosa stia generando l’arretrato e se possa essere diminuito da revisione di processo (servono veramente tutte le cose che stiamo facendo? Se servono le facciamo nel modo più efficiente ed efficace? Esistono strade alternative per ottenere il risultato? Cosa possiamo semplificare per ottenerlo? ecc. ecc.)
Questi ragionamenti, nella logica burocratica, vengono però accuratamente evitati.
L’attenzione insomma non si concentra sul risultato pratico da conseguire bensì sull’attività da svolgere e l’arretrato da smaltire. Il più delle volte se ne deduce che vi sono troppe attività da svolgere e che quindi è necessario assumere un aiuto. Così si rende più complesso il sistema che quindi richiedere impalcature aggiuntive per i conseguenti “necessari controlli”.
Si perviene insomma a esiti paradossali: frenetiche attività senza nessuna utilità.
Chi effettua analisi organizzative non smette di sorprendersi, partendo dal risultato atteso e dal valore che a questo risultato è associato, di quante siano le incrostazioni presenti accumulatesi negli anni, dei controlli e dei ruoli che le contornano e soprattutto dell’ignoranza del perché molte attività debbano essere svolte. Si lavora moltissimo per non produrre niente …
Il grande antropologo Bronislaw Kaspar Malinowski descriveva un simile comportamento tipico delle tribù trobriandesi, nel libro del 1922: “Argonauti del Pacifico occidentale”, che può essere una metafora di quanto può accadere anche nelle nostre aziende:
“Il trobriandese lavora spinto da motivi assai complessi di natura sociale e tradizionale, mirando a obiettivi che non hanno certo molto a che vedere con la soddisfazione di desideri presenti o con il raggiungimento immediato di fini utilitari… Il lavoro non viene eseguito sulla base del principio del minimo sforzo, ma , al contrario, molto tempo e molte energie vengono spese per sforzi del tutto inutili da un punto di vista pratico. Inoltre, il lavoro e lo sforzo, invece di essere semplicemente mezzi in vista di un fine, costituiscono in un certo senso dei fini in sé”.
Una perfetta definizione di burocrazia…
Testo di Angelo Pasquarella