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Economia/Imprese

Giovani e imprese: una sfida culturale tutta da giocare e da vincere

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Studio di Confindustria Lombardia: tra le nuove generazioni e il mondo imprenditoriale il contatto è ancora difficile. Allo studio alcune iniziative utili a migliorare il dialogo e a incentivare i più giovani a trovare stimoli e punti di contatto con le aziende. L’intervista al presidente dei Giovani Imprenditori della Lombardia, Marco Campanari, che sottolinea l’esigenza di una sfida culturale 

Giovani e imprese. Un amore davvero impossibile? Stando al report realizzato da Confindustria Lombardia il gap esistente tra le nuove generazioni e il mondo dell’impresa sarebbe ancora troppo evidente. Falsi miti, difficoltà di accesso al credito e una burocrazia lenta e complessa non farebbero altro che allontanare ulteriormente i giovani dal mondo dell’imprenditoria. Un mondo spesso avvertito come distante e sconosciuto, ma che può riservare infinite possibilità, anche in un momento di crisi profonda come quello che stiamo attraversando. A dirlo è Marco Campanari, Presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Lombardia: un gruppo che raccoglie ben 12 mila iscritti. Tra questi circa il 25 per cento sono imprenditori di nuova generazione. Giovani che hanno scelto di giocare la loro scommessa su un campo difficile ma senza dubbio stimolante: quello dell’impresa.

Dalla ricerca sul rapporto tra giovani e imprese elaborata da Confindustria Lombardia emerge che i giovani conoscono ancora poco l’impresa. Quali crede siano i passi necessari da compiere affinché l’azienda diventi una realtà più attraente per i giovani?
Prima di tutto si tratta di una sfida culturale. Le aziende sono l’ossatura portante del Paese, ma viviamo in un’epoca in cui il “fare impresa” viene considerato da molti attori della società come un “male” necessario. La cultura d’impresa, per ragioni storico-culturali, è rinchiusa all’interno del sistema delle imprese e delle associazioni imprenditoriali. Al di fuori se ne parla quasi sempre in negativo, riferendosi all’inquinamento, agli incidenti, agli aspetti problematici, senza ricordare come l’impresa sia stata e sia, in realtà, il vero e principale motore del progresso del Paese, producendo e ridistribuendo ricchezza, benessere, dinamismo sociale e conoscenza. In altri Paesi questi concetti sono acquisiti, mentre da noi, spesso, i giovani non conoscono la realtà e le opportunità del lavoro nell’impresa o ne hanno un’immagine distorta. E’ importantissimo che i due ambiti in cui un giovane si forma, ovvero la famiglia e la scuola, sappiano parlare di impresa in maniera più corretta ed oggettiva.

A questo proposito una realtà quale Confindustria Lombardia cosa sta facendo?
La diffusione della cultura d’impresa fa parte della tradizionale mission dei Giovani imprenditori di Confindustria, ed è forse uno degli aspetti più importanti del nostro impegno. Da questo punto di vista, in Lombardia quest’anno abbiamo organizzato un Management game regionale, ovvero un gioco di simulazione d’impresa che portiamo nelle scuole lombarde e a cui possono partecipare le classi quarte degli istituti superori. Alla competizione parteciperanno migliaia di ragazzi: sarà una formidabile e preziosa occasione per far conoscere più da vicino agli studenti il mondo dell’impresa. Accanto a strumenti innovativi come questo, quasi ovunque i Giovani imprenditori detengono nel sistema delle Confindustrie territoriali la delega alla scuola e la esercitano, anche e soprattutto, creando numerose occasioni di contatto e di intervento con gli studenti nel mondo delle scuole professionali, dei licei e delle università.

Cosa è cambiato rispetto a qualche anno fa nel rapporto tra i giovani e le imprese?
La Lombardia, da sempre, è un territorio fondato sul valore della cultura del lavoro. Tuttavia, soprattutto negli ultimi anni, si sono creati e diffusi falsi miti ed aspettative fondate su concetti fuorvianti. Si è voluto distinguere fra lavori comodi e scomodi come se non vi fosse un’identica alta dignità nel lavoro in senso generale. Si è diffusa l’idea che a fronte di un modesto impegno debba esserci un guadagno sicuro e facile, e si è dimenticato che accanto a diritti certi debbano anche esserci doveri altrettanto certi. In altre parole, mi pare che si stia deteriorando la cultura del lavoro cui si faceva cenno, che dal dopoguerra ad oggi aveva sempre costituito da un lato il carburante e dall’altro il valore fondante delle nostre terre. E’ una deriva dannosa e preoccupante cui si deve assolutamente porre fine: ristabilire i valori e i concetti corretti è un modo per aumentare il “capitale sociale” del Paese.

Quali sono gli ostacoli maggiori che un giovane che intende diventare imprenditore oggi rischia di incontrare sul suo cammino? Quali invece le opportunità?
Oggi fare impresa è molto più difficile che in passato; lo è diventato tanto il fare nuova impresa, quanto il prendere il timone dell’impresa di famiglia per svilupparla. Soprattutto in Italia, che nell’indice delle libertà economiche si colloca ad un livello incredibilmente basso. Viviamo in una Paese che, purtroppo, da ormai lunghissimo tempo soffoca le aspirazioni anziché stimolarle. Le soffoca con una burocrazia lenta e complessa, con una pressione fiscale sempre meno sostenibile, con un ordinamento basato su oltre 120 mila leggi, non di rado fra loro contrastanti, che regolano la nostra esistenza non sullo slancio del fare, quanto piuttosto del cosa non si può fare. Un giovane che voglia intraprendere un cammino imprenditoriale per trasformare una nuova idea in un’impresa, trova indubbiamente ostacoli legati a questi aspetti, e trova, ancor più di questi tempi, difficoltà di accesso al credito. Tuttavia, pur in questo quadro a tinte fosche, idee vincenti e una buona dose di tenacia possono essere determinanti, come è dimostrato da quelli che “ce la fanno”. E non sono pochi: degli oltre 12.000 iscritti al movimento dei Giovani imprenditori di Confindustria, il 25 per cento è imprenditore di nuova generazione. Preziosissimo, in tale senso, è un rapporto evoluto con il mondo delle università e degli acceleratori di impresa. Da ultimo, occorre dire che la crisi epocale che stiamo vivendo può anche presentare opportunità di investimento e di crescita impensabili fino a poco tempo fa.

Quali consigli si sente di dare ad un giovane che oggi sceglie di fare l’imprenditore?
Deve essere conscio di accingersi a fare il mestiere più bello che esista, ma anche uno fra i più complicati e rischiosi. Deve avere una formidabile tenacia, eun carattere forte per gestire tanto gli insuccessi quanto i successi. E deve essere creativo, innovativo, in qualsiasi ambito abbia a che fare con la sua attività di imprenditore.  

 

Giovani e imprese, la distanza resta grande
Sono le aziende, attraverso quello che fanno e dicono, gli attori principali per il rinnovamento della relazione fra i giovani e l’impresa. Un rinnovamento quanto mai necessario, soprattutto alla luce dei risultati emersi dall’ultimo report realizzato da Confindustria Lombardia, nel quale viene analizzato il rapporto, ancora troppo debole, tra le nuove generazioni e le aziende presenti sul territorio. Obiettivo del complesso lavoro dal titolo “Giovani e imprese, un amore impossibile”, condotto da Confindustria, è stato quello di identificare le modalità più efficaci per diffondere la cultura d’impresa e per far capire le opportunità di crescita professionale presenti nel mondo industriale, spesso percepito dai più giovani come un universo decisamente troppo distante. Se nelle oltre sessanta pagine di cui è composta la ricerca da un lato emerge che l’industria incarna un polo di opposizione rispetto alla scuola, dall’altro si cerca di individuare degli interventi utili al rilancio dell’immagine dell’impresa tra i giovani, in modo tale da stabilire un contatto diretto e più immediato tra le due realtà. Fondamentale, per raggiungere questo obiettivo, è l’abilità delle aziende di attrarre a loro anche le generazioni più giovani: “Un adolescente – spiega Guido Corbetta, docente dell’area Strategia della SDA Bocconi – difficilmente mostra interesse nei confronti del mondo dell’industria. Il compito di catturare l’attenzione dei giovani spetta quindi alla scuola e alle aziende, che dovrebbero essere in grado di organizzare delle iniziative per attrarre i giovani, tenendo in considerazione quelli che sono i loro reali interessi. Parlo di iniziative concrete, che diano l’opportunità di vedere da vicino la realtà aziendale e il lavoro che quotidianamente viene svolto da chi ci lavora. Solo con un approccio più immediato e meno teorico può crescere l’interesse e i giovani possono realmente essere stimolati”. Quello su cui bisogna concentrarsi secondo Corbetta sono proprio gli incentivi: “In una logica di lungo periodo – afferma il docente – credo che l’imprenditore abbia interesse ad attirare verso la propria aziende dei giovani validi, che possano iniziare a gettare le basi non solo per il proprio futuro, ma anche per quello dell’impresa. E’ chiaro che per riuscire a instaurare un legame diverso tra industria e nuove generazioni è necessario ragionare su cosa realmente serve a questi ragazzi, cercando di agire sugli incentivi e non sui doveri”. Una delle fonti principali per stimolare la motivazione, stando a quanto indicato nella ricerca condotta da Confindustria, sarebbe il management, il modo in cui le persone sono gestite, guidate e aiutate a crescere. Ed è proprio partendo da questo presupposto che sono state individuate delle iniziative utili ad avvicinare i giovani alla realtà aziendale. Queste azioni, secondo Confindustria, dovranno essere sviluppate in parallelo agendo su tre differenti realtà: la prima sono appunto le aziende che, con i loro processi produttivi e organizzativi, devono diventare realtà concrete per i giovani: far vedere e “far toccare” l’azienda, le sue persone e trasformare le visite in momenti attivi e di presa di iniziativa sono il primo presupposto per stabilire un contatto più immediato. Fondamentale è anche la strategia messa in campo dalla scuola, che deve essere in grado di favorire tutte le proposte che contribuiscono ad abbattere la vertiginosa separazione che c’è oggi tra lo studio e il lavoro e potenziando le apprezzate iniziative già in atto come gli stage e l’alternanza scuola-lavoro. Ma fondamentale secondo lo studio condotto da Confindustria è anche la comunicazione, ovvero la capacità di far conoscere ai giovani il mondo della produzione servendosi degli strumenti, dei canali e del linguaggio delle nuove generazioni. Un modo per dare visibilità alle aziende e alle diverse professionalità che le compongono, attraverso strumenti inconsueti ma utili ad abbattere i muri che si sono creati tra il mondo della scuola e quello del lavoro

 Testi di Desirée Cividini