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L’Oceano blu della consulenza

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Sara Baroni, esperta riconosciuta nell’applicazione della Teoria dei Vincoli in tutti gli ambiti dell’organizzazione aziendale, ci parla del valore della consulenza oggi e di come guidare l’imprenditore verso la riscoperta del Dna della propria azienda

Un ingegnere meccanico con nel Dna la passione per il marketing strategico e per il project management. Una passione diventata il suo lavoro e il punto di partenza di un progetto di consulenza innovativo focalizzato interamente sull’attenzione alle persone e sulla loro abilità di controllare situazioni più o meno complesse. Sara Baroni, presidente di Oxigenio società innovatrice nella consulenza strategica ha aperto nel bresciano OfficinaStrategia, un luogo diventato punto di incontro tra consulenti e imprenditori dove elaborare strategie per ripensare la propria azienda e riscoprire l’essenza della propria impresa.

Sara Baroni, un ingegnere meccanico che ha fatto diventare la sua passione per il marketing e la strategia d’impresa il suo lavoro. Qual è stato il suo percorso professionale?
Mi sono laureata in ingegneria meccanica a Brescia nel 1999. Di fatto sarei specializzata nella direzione di produzione ma già ai tempi mi appassionai ad altro; parallelamente alla laurea infatti ho iniziato a lavorare in una società di consulenza a Milano che portò in Italia un particolare modello di gestione d’impresa, la Teoria dei Vincoli, argomento anche della mia tesi. Poco tempo dopo mi sono trasferita in Brasile per motivi personali, ma senza abbandonare quella nuova passione. Al contrario cercai di coltivarla prendendo contatto con le società che anche lì avevano adottato quel particolare modello di fare impresa. È stata di fatto un’esperienza interessante perchè ho avuto modo di vedere l’applicazione della Teoria in diverse multinazionali e imprese. Tornata in Italia, sull’onda di quell’entusiasmo, nel 2003 ho fondato Oxigenio insieme a Marco Gafforini, con l’obiettivo di guidare la crescita delle piccole e medie imprese proprio attraverso l’adozione di un modello ispirato alla Teoria dei Vincoli, sebbene ripensato per la piccola e media impresa tipica italiana. Da subito la scelta strategica è stata di offrire interventi di livello direzionale, puntando sulla competenza in ambito di modelli organizzativi, strategia e metodo. Questo mi ha permesso di arrivare ad un punto in cui poter dire la mia in ambito di marketing strategico, ambito apparentemente lontano dalla produzione, anche se poi ne è molto vicino quando fatto bene. Dal 2003 al 2009 ho guidato diversi interventi di riorganizzazione aziendale, con particolare enfasi sulla pianificazione e controllo (attività fondamentale specialmente in aziende con produzione su commessa) e il marketing. In questo ambito la lettura di un libro, Strategia Oceano Blu, è stata illuminante e ha portato alla creazione di un intervento molto richiesto dalle aziende che prevede l’utilizzo del metodo rigoroso e pratico della Teoria dei Vincoli per seguire la fi losofi a di Oceano Blu, appunto. Nel 2009, complice la crisi che dava chiari segnali sulla necessità di ripensare il mercato della consulenza direzionale, ho deciso di applicare alla mia società il modello di marketing strategico che vendevo alle aziende.

Come vi siete “adeguati” a questi cambiamenti?
Ci siamo detti che dovevamo differenziarci, soprattutto in un mercato come quello della consulenza dove la concorrenza è tanta e i clienti hanno pochi strumenti in mano per capire come orientarsi e distinguere il valore dell’offerta. Ripartendo dal nostro stesso Dna di esperti di sistemi organizzativi e di metodo, e con l’obiettivo di semplificare l’offerta, è nata Offi cinaStrategia, un luogo pensato per aiutare imprenditori e manager in quell’attività di strategia che è tanto importante quanto trascurata da molti a causa dell’operatività
quotidiana. Non è un centro di formazione, di quelli ce ne sono anche troppi e lavorano molto male.

Quali sono i principali dubbi e problematiche che spingono gli imprenditori verso la necessità di una consulenza e con quali certezze escono dalla vostra porta?
Le problematiche sono per lo più legate alla scelta di una direzione da prendere in questo mercato così rapido e a progetti di cambiamento e ristrutturazione da mettere in atto. Lavoriamo molto sul marketing e sulla strategia di comunicazione d’impresa: su questo ultimo aspetto ritengo sia importante lavorare molto sul Dna dell’impresa, riscoprirlo e valorizzarlo perchè è l’unica caratteristica che può diff erenziare l’azienda sul mercato. Spesso infatti, in molte aziende, a causa per esempio di passaggi generazionali, fusioni o acquisizioni, si perde quello spirito e quella focalizzazione che contraddistinguono l’inizio di un’impresa e ne determinano il successo. L’imprenditore deve lavorare molto sul proprio modello organizzativo, su ciò che è percepito di valore dal mercato per arrivare a valorizzare di più il proprio Dna e creare un messaggio chiaro da trasmettere.

Qual è l’aspetto che più l’appassiona di questo lavoro?
Quello di condividere il momento in cui si fa strategia con l’imprenditore e guidarlo nel vedere la propria realtà da punti di vista diversi. Faccio le giuste domande e lo porto a ragionare sulle diverse strade da intraprendere per poi scegliere quella giusta. Parlando di Dna, forse Offi cinaStrategia è proprio questo, la mia essenza, quel giusto mix di marketing strategico e project management che tanto mi appassionano.

Quali sono le maggiori criticità che registra nel contesto che la circonda?
Sono soprattutto gli aspetti legati alle vendite. Tutti hanno problemi commerciali. Le possibili soluzioni? Un problema di mercato non va cercato esclusivamente nell’area commerciale; bisogna invece ripensare l’intero sistema e non fermarsi ai corsi di autostima dei venditori o di formazione. La crisi ha cambiato il mercato e bisogna prenderne consapevolezza altrimenti si resta dove si è. Questo è il momento giusto per fare il punto della situazione e mettere in atto nuove strategie.

Cosa serve oggi soprattutto alle Piccole e Medie imprese?
Serve una progettualità che oggi manca: la capacità di defi nire obiettivi e perseguirli con piani di azioni semplici ma definiti. Proprio in questo contesto stiamo partendo con un progetto, chiamato PMIxPMI in collaborazione con il Project Management Institute, con l’obiettivo di fornire le linee guida di un modello gestionale di valore che oggi esistono solo per le grandi aziende. L’idea è quella di pensare ad un modello ispirato ai principi del project management per le piccole e medie imprese. Il progetto partirà da Brescia: al momento è stato costituito un “gruppo di lavoro ristretto”, formato da 8 imprenditori e 4 project manager, che, con incontri a cadenza bimestrale, avrà il compito di delineare le linee guida di questo modello. Il lavoro del “gruppo ristretto” verrà condiviso in tavoli di lavoro semestrali ai quali saranno invitati tutti gli imprenditori che hanno aderito al progetto, dando lo spazio a nuove eventuali adesioni e pensato per la piccola e media impresa.

Una donna consulente di piccole e grandi aziende. Come è riuscita ad abbattere il muro di diffi denza e “maschilismo” di certi ambienti?
La laurea in ingegneria meccanica mi ha aiutata molto come biglietto da visita. Per tanti imprenditori il fatto di essere ingegnere è sinonimo di autorevolezza e competenza nonostante con loro io parli di marketing. Probabilmente se fossi stata psicologa certe porte non si sarebbero aperte. Devo anche aggiungere che, in eff etti, io non ho mai sentito una discriminazione per il mio essere donna.

Qual è il valore della consulenza oggi?
La consulenza deve saper offrire un metodo, nel senso che oggi più che mai le aziende necessitano di un nuovo approccio che garantisca una certa rapidità e autonomia. I problemi, anche per imprese di settori diversi, alla fine sono gli stessi e per lo più legati alle persone e al modo di lavorare. Ciò che fa la differenza è il metodo e la capacità di capire cosa si sta facendo, dove si vuole arrivare e perseguire quella strada.

Quale sogno nel cassetto vorrebbe veder concretizzato?
Si tratta di un sogno mai dichiarato ma a cui tengo particolarmente. Oggi lavoro con gli imprenditori e con i manager delle aziende. Se ci fossero le condizioni economiche mi piacerebbe aprire Offi cinaStrategia anche a chi non è ancora imprenditore, a chi ha un progetto e vorrebbe realizzarlo e gli manca solo quella motivazione in più, oltre alla capacità di valutare la fattibilità di un’idea imprenditoriale.

Lei ha scritto un libro dal titolo”Quando l’imprenditore non si diverte più”. In un contesto critico quale quello odierno come fare?
Riscoprire le proprie passioni e ritornare al proprio Dna. Se le cose si fanno con passione, si fanno bene. Spesso i progetti falliscono perchè non si hanno chiari gli obiettivi, e gli obiettivi sono chiari quando c’è passione.

 

Strategia oceano blu
La Strategia Oceano Blu è la teoria secondo la quale i mercati in cui operano le imprese di qualsiasi tipo sono metaforicamente visti come due oceani paralleli di colore diverso, uno rosso ed uno blu, a seconda del modo in cui si decide di operare sul mercato stesso. L’oceano rosso è un mercato ipotetico in cui i manager delle imprese si sono focalizzati da tempo, che comprende tutti i settori esistenti, dove vige una continua lotta tra competitors per aggiudicarsi una maggiore fetta di domanda all’interno dello stesso settore e dove c’è completa assenza di innovazione. In questo tipo di mercato le imprese devono accontentarsi di bassi margini di profitto, perché l’approccio strategico è quello tradizionale, basato sulla sconfitta della concorrenza. Viceversa, un oceano blu è caratterizzato da innovazione. Le nuove idee sono sviluppate attraverso mosse strategiche, cioè da un insieme di azioni e decisioni manageriali che portano alla nascita di nuovi prodotti e servizi che, a loro volta, fanno nascere nuovi mercati. Ma come si passa da un oceano rosso a quello blu? Anche se può sembrare difficilissimo abbandonare le logiche tradizionali e studiare nuove strategie, la svolta non è nell’idea geniale che sbaraglierà la concorrenza, ma è dare un valore innovativo a qualcosa che già esiste, interpretandolo in forma diversa. Si tratta di creare “innovazione di valore”: cambiare l’approccio mentale e superare così i confini tradizionali del proprio settore di riferimento per esplorare nuovi territori, guardando soprattutto ai non-clienti e creando nuovi spazi mercato incontaminati.

Teoria dei vincoli
Teoria dei Vincoli oggi è una risposta alla resistenza che tutte le persone mostrano di fronte al cambiamento. Maggiore è il cambiamento, maggiore sarà la resistenza. Nasce con l’intuizione del fisico israeliano Eliyahu Goldratt in ambito industriale alla fine degli anni 70 e qui, oggi, riesce a portare valore con un approccio alla gestione d’impresa completo e focalizzato sui pochi fattori responsabili del risultato economico finale. Il modello organizzativo si basa sull’idea che l’impresa è un sistema di processi, le cui interdipendenze ne regolano il funzionamento. La prestazione complessiva dell’impresa è determinata da un numero limitato di fattori – definiti vincoli – utilizzati come leva per il controllo e la crescita. Esiste sempre un vincolo che limita la capacità di conseguire migliori risultati; se così non fosse la performance del sistema sarebbe infinita e così il suo profitto. In quest’ottica per migliorare la performance di un’organizzazione è necessario gestire il suo vincolo. I vincoli determineranno l’output del sistema sia che essi siano conosciuti e gestiti, sia che non lo siano. Tuttavia, soltanto nel primo caso diventano una buona opportunità, una leva reale per il business. Gestire il vincolo significa controllare la velocità con cui l’intero sistema genera valore.

testo di Laura Di Teodoro
fotografie di Vincenzo Lombardi