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Marketing

Dal consumatore alla persona. Come cambia la pubblicità

human satisfaction

Porre al centro della comunicazione e della pianificazione pubblicitaria l’essere umano, le sue necessità emotive, razionali ed etiche. Superare la pubblicità-monologo per aprirsi al dialogo tra brand e consumatore e arrivare a creare, mantenere e sviluppare la Comunità di marca.

Sono questi alcuni dei fondamenti della teoria della Human Satisfaction sviluppata da Marzio Bonferroni, fondatore e presidente di UniOne, società di consulenza progettuale e operativa per la comunicazione d’impresa che ha presentato e snocciolato i dettagli del nuovo metodo in un convegno tenutosi a Milano nelle scorse settimane.

Per quanto la pubblicità tradizionale possa essere raffinata, attenta a soddisfare bisogni e desideri dei consumatori, innovativa e coinvolgente, sembra non bastare più, e questo avviene già da tempo. Il pubblico ormai non compra più soltanto un prodotto o un servizio, compra anche e soprattutto una gratificazione.

Come ha sottolineato lo stesso Bonferroni, “per affrontare e superare le diffi coltà del mercato e la sua sempre maggiore complessità, l’impresa innovativa di ogni dimensione deve riscoprire il dialogo con le persone”.

Detto in altre parole, se l’impresa di domani vuole sopravvivere deve considerare il proprio cliente non più “consumatore” ma “persona”. E quindi deve pensare, per soddisfarne i bisogni, non alla customer satisfaction ma alla Human Satisfaction.

Partiamo con il capire perchè è così importante il concetto di Human Satisfaction e il superamento del vecchio concetto di costumer satisfaction?

Da studi fatti negli ultimi 15 anni è emerso che “consumatore” è diventato un termine ristretto legato a una visione utilitarsitica e consumistica, ingiusta se vogliamo considerare la visione umana del consumatore. La Human Satisfaction pone al centro l’essere umano e la sfera delle sue globali necessità emotive, razionali ed etiche. Per arrivare a soddisfare queste necessità (items) si tratterà anzitutto di saperle analizzare e misurare, per poter accertare come una marca e un’impresa le soddisfino, misurando così i gap che possono esistere tra le necessità e le soluzioni che la marca e l’impresa offrono. Su questa base obiettivamente misurabile, è dunque da rivedere a fondo, come già rilevato, la modalità creativa dei messaggi, ripartendo da quel primo vero “prodotto creativo” che in realtà non è il messaggio, bensì la strategia di comunicazione che ovviamente comprenderà messaggi e architetture di comunicazione interne ed esterne tra di loro coordinate agli stessi obiettivi.

Come si struttura il vostro metodo?

Il nostro metodo si struttura in passaggi a fasi ben definite. Dapprima c’è l’ascolto e l’individuazione dei bisogni degli stakeholder nelle tre aree fonda-mentali della persona: emozionale, razionale, etica. In un secondo passaggio vengono rilevati i gap tra la necessità del pubblico e l’offerta del marchio, tramite la Human Satisfaction Measurement. Viene quindi elaborata una soluzione strategica con l’intervento di un vero e proprio team multidisciplinare composto ad esempio da umanisti, filosofi , giornalisti.

L’obiettivo è quello di creare, mantenere e sviluppare la Comunità di marca in modo dialogico soddisfacente e durevole per garantire all’azienda un presidio profondo, non vincolato a investimenti onerosi ma sporadici.

L’ascolto delle esigenze del consumatore diventa quindi prioritario?

Prima di progettare è necessario ascoltare. La comunicazione è dialogo e non monologo. La pubblicità monologo è difficilmente misurabile e scarsamente efficace, soprattutto per carenza di contenuti di valore riconosciuto dal pubblico, per un contributo attraverso i messaggi alla soluzione delle necessità non solo razionali ma anche emozionali ed etiche. Il dialogo e la relazione, oggi elementi strategici deter-minanti, sono invece possibili se si considera al centro dell’attenzione il cliente come persona globalmente intesa nelle sue necessità emotive, razionali ed etiche. Il monologo non stabilisce alcun legame durevole tra cliente e marca.

Spesso i messaggi sono “figli” di una filosofi a di breve termine, che punta alla massimizzazione del profitto ma non alla sua ottimizzazione: esattamente quella filosofi a utilitaristica che tanti disastri ha procurato nel mondo finanziario e non solo. Questa filosofi a a sua volta affonda le radici nella visione dell’homo oeconomicus, dimenticando che l’essere umano è in realtà homo relationalis, come insegnano l’antropologia, la sociologia, l’etica e la psicologia.

La pubblicità, così come oggi la conosciamo, essendone figlia legittima, riconduce troppo spesso alla customer satisfaction riduttiva e restrittiva. La pubblicità non deve far sorridere ma deve far dire al consumatore “quel prodotto mi serve”.

Ha parlato di team multidisciplinare. Cosa intende?

Si tratta di un team che chiamo “nuovo creativo”. Subentra alla tradizionale coppia creativa e raduna prospettive diverse e competenze variegate, esperti di comunicazione e di marketing, specialisti di ambito umanistico (antropologo, psicologo, sociologo, scrittore e giornalista specialista, talent scout creativo) e di ambito scientifico (statistico, fisico, medico, tecnologo).

Studia i concept, i messaggi, i canali e i mezzi di comunicazione secondo una logica ampia e innovativa.

Qualè invece il ruolo della Comunità di Marca?

È un modo per conoscere a fondo il pubblico di persone-clienti presenti nella parte alta della piramide di mercato e di conseguenza per offrire a ognuno di essi la più idonea soddisfazione emotiva, razionale ed etica. Ci permette di stabilire un mondo esclusivo di riferimento marca-clienti, raggiunto in maniera stabile e durevole. E soprattutto riduce il rischio di investimenti inutili e di campagne sporadiche.

Alla luce di questa necessità, cosa sono chiamate a fare sia le aziende che le agenzie di pubblicità?

Si tratta di un lavoro e di un cambiamento che devono attuare entrambi. Imprese che hanno accettato di orientarsi ai valori del rispetto e della qualità umana, del dialogo e della relazione, hanno ottenuto risultati positivi di profitto. Hanno deciso di ascoltare e di risolvere le necessità che compongono quella totale e integrale soddisfazione personale che è la Human Satisfaction.