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Migliaia di pagine web per Donald Trump e la sua strategia di marketing

Negli ultimi 20 anni, l’attuale presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha comprato, tramite le sue società, poco meno di 4mila siti Internet: per la precisione, sono stati 3.643 i siti fatti registrare fino ad oggi, ma tutto lascia pensare che si tratti di un numero destinato ad aumentare. Cerchiamo di capire il perché.

Che cosa fa Trump con tutti questi siti?

La campagna acquisti pianificata e messa in atto da Trump e dalla sua rete di collaboratori rientra in un’ottica di marketing strategico che tiene conto non solo dell’importanza della presenza sul web, ma anche della necessità che tale presenza si traduca in una reputazione positiva. Entrando più nel dettaglio, si può notare che tra i siti ce ne sono alcuni con nomi banali e facili da prevedere – è il caso di TrumpBuilding.com o di TrumpOrganization.com, mentre altri sono perfino impensabili, almeno a un’analisi superficiale, come SendTrumpToTheMoon. Perché mai il tycoon americano avrebbe dovuto comprare un nome di dominio che lo invita apertamente ad andarsene sulla luna?

Come neutralizzare i nemici

Lo scopo è più semplice di quel che si possa ipotizzare: con una mossa astuta di questo tipo, infatti, Trump neutralizza i suoi nemici. Se è vero che molti dei siti hanno a che fare con l’attività imprenditoriale di Donald, è altrettanto vero che altri sono più o meno connessi con la sua attività politica. E non tutti sono nati negli ultimi due anni (da quando, ciò, l’uomo di affari ha manifestato la propria intenzione di candidarsi alla Casa Bianca): un fatto che induce a sospettare che le ambizioni politiche dell’ex protagonista di The Apprentice affondino le radici in tempi antecedenti a quelli ipotizzati fino ad ora.

La campagna elettorale in Rete

La campagna elettorale in Rete svolta da Trump si è concretizzata, quindi, con l’acquisto – solo in apparenza paradossale – di domini come NoMoreTrump.com o TrumpMustGo.com, che in virtù di tali acquisizioni sono stati tolti dal mercato per rendere impossibile un loro utilizzo da potenziali avversari dell’attuale inquilino della Casa Bianca. Il percorso compiuto è stato molto lungo e dura da venti anni: il primo acquisto, infatti, risale al 20 gennaio del 1997, giorno in cui è stato creato Donalddjtrump.com.

L’esclusione delle parole chiave

Uno degli aspetti più interessanti tra quelli che hanno catalizzato l’attenzione e la curiosità degli esperti del settore riguarda l’impiego di parole chiave caratterizzate da una connotazione negativa, come “fraud”, cioè “truffa”, e “sucks”, cioè “fa schifo”: è come se Trump avesse voluto togliere ai propri avversari un’arma preziosa di contestazione, quella della parola. Per esempio, per la keyword “fraud” non è stato registrato solo Trumpfraud.com, ma sono stati aggiunti anche Trumpfraud.org e Trumpfraud.info. In altri termini, quella orchestrata è stata una campagna studiata in ogni minimo dettaglio, in cui economia e politica si sono intrecciate. E se vi capita di fare un salto su SentTrumpToTheMoon.com, sapete chi è il proprietario di quel sito.