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Speciale COVID19

Covid-19: l’impegno dei genitori nella cura della famiglia è cresciuto di 28 ore a settimana, mamme italiane le più colpite

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Per cucinare, pulire, prendersi cura dei figli e della loro educazione durante il lockdown un genitore ha incrementato il proprio impegno di circa 28 ore a settimana, quasi l’equivalente di un secondo lavoro. Questo rileva l’indagine di Boston Consulting Group, leader globale nella consulenza strategica, “COVID-19 Impact on Working Parents” che ha coinvolto più di 3mila genitori che lavorano in cinque Paesi, Italia compresa. Se pensiamo che dal computo sono escluse altre attività, come il fare il bucato, stirare o fare la spesa, diventa chiaro il quadro di quanto COVID-19 abbia avuto un impatto sui genitori e le famiglie.

Il 60% degli intervistati in Paesi dove le scuole e gli asili hanno chiuso non ha avuto alcuna forma di aiuto esterno per la cura e l’educazione dei propri figli e un altro 10% ha avuto meno aiuto di prima della crisi.

Nonostante anche i padri abbiano dichiarato di non essersi sottratti alla propria parte di lavoro di cura, sono tuttavia ancora le madri a farsi carico della maggior parte del carico, in linea con quanto avveniva già prima della crisi. Sono, in media, 15 le ore di lavoro in più a settimana che le donne dedicano al lavoro domestico e famigliare rispetto agli uomini, l’equivalente di un giorno e mezzo di lavoro.  In Italia, purtroppo, lo iato è più ampio, con le mamme che dichiarano un impegno che ha raggiunto le 79 ore a settimana rispetto alle 55 dei papà: 24 ore di differenza, tre giorni di lavoro in più. Va detto anche che i papà italiani hanno aumentato in modo più consistente rispetto ai “colleghi” del resto del mondo la quantità di tempo per la cura della famiglia: 29 ore in più rispetto al periodo pre-crisi a fronte delle circa 25 di statunitensi, britannici, tedeschi e francesi.

Laura Alice Villani, Managing director e Partner di BCG, osserva anche come “Se circa 45% delle famiglie intervistate ha dichiarato di dividersi in modo equo le responsabilità di cura, dove questo non avviene le donne sono propense in percentuale doppia ad essere coinvolte in modo esclusivo nella cura dei bambini, della loro istruzione e nelle faccende domestiche. Queste nuove esigenze – prosegue Villani – stanno influenzando la capacità dei genitori di fare il proprio lavoro.  Quasi la metà dei genitori intervistati ha dichiarato che hanno visto diminuita la loro performance professionale a causa della gestione di queste responsabilità aggiuntive. Più di un terzo è preoccupato per le valutazioni delle prestazioni e sta perdendo il sonno per cercare di fare a tutto. Un peso emotivo – e fisico – che ricade in gran parte sulle donne e su cui anche le aziende devono riflettere in vista della costruzione di un percorso di ingresso e gestione della nuova realtà a cui ci siamo affacciati”.

La buona notizia è che le aziende si stanno adattando.  Solo il 20% degli intervistati ha dichiarato di non essere stato supportato da parte del datore di lavoro con differenti strumenti per gestire le responsabilità domestiche e di assistenza durante la pandemia. “Durante il lockdown, in BCG – sottolinea Villani – “oltre alle iniziative di sostegno alla genitorialità già in campo – dalla possibilità di aderire al programma Maam al parental toolkit a una forma avanzata di smart working integrale – abbiamo strutturato una serie di programmi per supportare le nostre persone impegnate anche nella cura della famiglia. Si va da un Flextime program dedicato ai caregiver, che prevede delle agevolazioni in termini di ore di lavoro senza un impatto diretto sullo stipendio, al lancio di un canale digitale e di una newsletter dedicate ai dipendenti con bambini sotto i 14 anni e ai loro familiari, con condivisione quotidiana di attività educative e giochi per supportare l’intrattenimento dei bambini durante la chiusura delle scuole”.