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Il tempio del tabacco

davidoff

Viaggio esclusivo nel cuore della Repubblica Dominicana, dove sorge CiDav, la struttura produttiva dei sigari Davidoff. Un luogo magico in cui la passione e la cultura per il sigaro si uniscono alla precisione “svizzera” tipica dell’azienda

Ci sono luoghi, al mondo, nei quali non puoi capitare per caso. Uno di questi luoghi incantati è la piana di Palmarejo, nel cuore della Repubblica Dominicana, poco al di là della periferia polverosa di Santiago de los Caballeros. C’è solo una comunità creola dedita al gioco d’azzardo, all’agricoltura, al commercio e alla lavorazione del tabacco. Palmarejo è una spianata di terra. Non ci cresce nulla, intendiamoci, ma il genio dell’uomo vi ha impianto il più fecondo dei semi. Quello dell’ingegno e della passione. Il risultato è una magnifica struttura in stile coloniale, inaugurata nel 1998, di nome CiDav (acronimo di Cigarros Davidoff). Entrandovi, la sensazione che l’edificio silenzioso che si prepara ad accoglierci non sia “solo” una fabbrica di sigari prende sempre più piede. La sensazione è che sia anche un tempio votivo. Ho pensato a lungo a questa sensazione.
Ho pensato ai grandi numi di questo luogo, da Henky Kelner a Zino Davidoff. Henky Kelner è una componente stabile dell’edificio, ci trascorre praticamente tutto il tempo che sottrae alle piantagioni. Così come suo figlio. Zino ha impregnato della sua essenza ogni mattone, ogni scaffale, ogni cuore. Qui si custodisce il culto, le tradizioni ancestrali del tabacco. I grandi sacerdoti del tabacco assomigliano più a scienziati che ad antichi stregoni. Ogni dettaglio produttivo è rigorosamente controllato, pianificato. Il tabacco, materia prima e pietra angolare d’ogni progetto, entra in CiDav già pronto per essere lavorato e trasformato in sigari. In effetti, tutta la cura che il tabacco in foglie non riceve negli impianti adibiti all’essicazione posti ai margini delle piantagioni, la riceve nella fabbrica denominata “OK Cigar”, edificio questo realizzato da meno di due anni e posizionato a destra (guardando la fabbrica) di CiDav. In questa struttura, attrezzata con validissimi torcedor e sottoposta ad un continuo e maniacale trattamento igienico (si potrebbe mangiare per terra tanto è pulito), vengono create le marche di proprietà della maison elvetica che tutti i fumatori conoscono (parliamo quindi di Avo, di Griffin’s, di Zino, ecc…). Qui, in OK Cigar gran parte degli ambienti interni, specie quelli al piano terra, sono destinati alla lavorazione e alla miscelazione del tabacco che poi raggiungerà anche le altre due fabbriche (il terzo edificio del complesso è chiamato Occidental Cigar ed è destinato esclusivamente alla produzione delle “private labels”, ovverosia le linee di sigari private prodotte su commissione). La qualità dei tabacchi lavorati e stoccati è diversa rispetto alle altre fabbriche cubane. Solo ad un primo sguardo risultano evidenti le molteplici classificazioni di San Vicente, di Olor, di Piloto, di Pelo de Oro (quest’ultimo di provenienza sudamericana), e di moltissimi ibridi creati e studiati da Henky Kelner. Il tabacco arriva in fabbrica dopo la seconda fermentazione. La prima e la seconda fermentazione avvengono infatti sempre sul luogo di raccolta, mentre in fabbrica si procede a tutte le ulteriori lavorazioni ed all’invecchiamento. Allo stesso modo, e per esigenze organizzative, tutto il tabacco che entra in OK Cigar è già analiticamente classificato per tipologia, zona di provenienza e qualità. La fumigazione è il primo procedimento che le foglie di tabacco ricevono entrando in OK Cigar. In questo modo è possibile controllare i parassiti del tabacco evitando danni al raccolto. Poi, tutto il tabacco, classificato in modo a tal punto analitico da far pensare ad una farmacia (sulle etichette c’è perfino l’indicazione della pila di fermentazione dalla quale proviene la singola foglia), fa il suo ingresso in cucina. Per molti versi questa stanza è il cuore pulsante dell’intera struttura produttiva. Qui, infatti, vengono assunte le decisioni irrevocabili come vedremo subito. Ed è in questa stanza che si decreta il successo o il fallimento di un sigaro. Una delle caratteristiche peculiari della produzione relativa ai sigari Davidoff è proprio questo locale. Qui, su un lungo tavolo, le foglie vengono prima divise per tipologie, caratteristiche, provenienza e invecchiamento, quindi vengono assemblate in piccoli mazzi. Ma non si tratta di semplici fasci di foglie. Ognuno di essi, supervisionato da sapienti miscelatori, è destinato a comporre la tripa di un sigaro ben preciso e le foglie assemblate in questa stanza non si separeranno più. Ecco perché, poco a fianco, c’è un grande deposito stipato di cartoni. Su ognuno di essi non c’è più – come prima – l’etichetta con i dati inerenti il tabacco, ma c’è scritto il nome del sigaro. La definitiva trasformazione è avvenuta e da qui, la storia di ogni singola foglia è definitivamente segnata. A questo punto si potrebbe seguire il tabacco di sopra, direttamente in galera ed assistere così alla produzione dei vari Zino, Griffin’s, Avo, ma la curiosità è troppo forte e il richiamo di Davidoff diviene irresistibile. Non resta che seguire il tabacco eletto, quello che i master blender hanno classificato con il punteggio più alto. Il tabacco destinato a CiDav. Entrando nel grande edificio coloniale si resta subito “vittime” dell’organizzazione “svizzera” degli ambienti: perfetta separazione di ogni stanza, pulizia maniacale, silenzio e tranquillità. Eppure ogni singola mattonella della fabbrica trasuda passione. C’è perfino un pezzo di Ecuador nel piano seminterrato, il pezzo “più pregiato” dell’intera installazione produttiva. Un caveau dal contenuto inestimabile. Una sala di dimensioni sorprendenti destinata allo stoccaggio delle foglie da fascia destinate ai piani superiori dove staziona l’unico tabacco di provenienza extra dominicana utilizzato da Davidoff. Non che in Repubblica Dominicana non si produca tabacco da fascia, anzi se ne fa di ottima qualità, ma i costi produttivi e la resa non sono tali da consentirne un impiego stabile e conveniente. Nel caveau dedicato alle foglie da capa, sonnecchiano un numero sterminato di confezioni da centoventi libbre ognuna, provenienti dall’Ecuador e dal Connecticut. Ognuna di esse ha un valore di mercato di circa 5.000 dollari. L’intera gamma di foglie da fascia impiegate da Davidoff, fatta eccezione per una piccola produzione dominicana e per alcune foglie di importazione americana, arriva come abbiamo detto dall’Ecuador. Le varietà coltivate sono per lo più Connecticut (nelle varietà broadleaf e in misura marginale shade). Il tabacco da fascia ecuadoregno gode di indubbi vantaggi rispetto all’assai più costoso americano: costi di produzione decisamente inferiori ed insussistenza del “moho azul”, quindi alta resa nel raccolto. Un’interessante curiosità: le piantagioni di capas in Ecuador, che producono in esclusiva per Davidoff, non sono di proprietà Davidoff. A differenza delle foglie da tripa che vengono disidratate per la lavorazione, le foglie da fascia – estremamente delicate ed assai più preziose – vengono pesantemente umidificate prima di passare al reparto di scostolatura. In un ambiente umidissimo ed appena illuminato, le foglie vengono idratate per immersione in un contenitore, quindi vengono appese affinché l’acqua, penetrata nel picciolo, raggiunga in modo naturale ogni parte della foglia senza ulteriori interventi umani e nel modo più delicato possibile. Si tratta di un metodo di umidificazione utilizzato solo in questa fase. Alla nebulizzazione delle foglie si ricorre infatti solo nelle case di cura fuori le piantagioni, dove avvengono le fermentazioni. A differenza delle foglie da tripa, prima di venire umidificate, le foglie da capa subiscono la seconda fermentazione in un ambiente a ciò appositamente dedicato. La prima avviene invece presso le case di cura in Equador. In questa zona della fabbrica un rumore continuo rende difficoltose le conversazioni. Sono le macchine per la scostolatura delle foglie da capa che garantiscono – nonostante l’età – un taglio netto della vena centrale della fascia senza provocare danni alle pregiatissime foglie da fascia. Visto il loro costo, l’impiego di questo piccolo aiuto meccanico non crea alcuno scandalo. Al termine della scostolatura, le foglie da fascia subiscono la prima importante classificazione e vengono divise – prima di essere stivate in grandi armadi di legno massello – per colori, qualità e formati. Quelle che non raggiungono la qualità minima desiderata vengono destinate all’impiego come capote. Man mano che si sale ai piani più alti l’illuminazione elettrica lascia il posto a quella del sole. La temperatura del reparto di confezionamento è più fresca, accomodante. Prima di arrivare sui banchi di lavoro passiamo per il reparto di distribuzione, dove ogni torcedor, tramite una gestione documentale accuratissima, ritira le quantità e le qualità di tabacco necessarie a produrre i sigari cui è stato destinato. L’ultima destinazione è la fabbrica dove lavorano duemila dita con la precisione di orologiai d’oltralpe. Sorprende, ma solo all’inizio, la concentrazione dei torcedores. Ogni singolo sigaro prodotto in CiDav viene controllato manualmente dal supervisore, ed ogni minimo difetto ne determina lo scarto. Ogni scarto viene registrato sulla scheda personale del torcedor, ma questo non viene punito per i propri errori. Il salario base del torcedor resta invariato, a prescindere dagli errori che sono comunque minimi. I più bravi, quelli che commettono meno errori vengono invece premiati con un bonus sul salario. In fondo alla galera, grandi bancali ospitano le scatole già imballate. Sui cartoni vengono stampigliate le destinazioni finali: Dubai, Ginevra, Singapore, e così via. Ed anche per noi è tempo di partire. La nostra destinazione, Milano, non è su nessun cartone. Ad oggi infatti le leggi del nostro Paese non consentono a Davidoff di aprire una propria boutique in Italia come succede nelle capitali mondiali. Con un pizzico di tristezza lasciamo CiDav e la sua straordinaria, affascinante efficienza, con la speranza, in futuro, di poterla ritrovare tra le strade della nostra città, ancora troppo diversa da Rue de Rive. 

 

Le black star che amano Davidoff
Nuovi formati e nuovo design per la giovanile e accattivante linea di sigari di casa Davidoff, Zino Platinum, nella doppia versione Scepter Series e Crow Series: come moduli si va dallo “Stretch”, al “Chubby”, al “Grand Master”, allo “Stout”, al “Low Rider”. Nuove anche le miscele di tabacchi che compongono gli Zino Platinum blend, una sapiente commistione di foglie dominicane e peruviane. La rigogliosa terra dominicana regala i tabacchi Ligero, favolosi, a cui si sommano i Ligero raccolti in Perù (circa il 25% della miscela). Anche il “vestito” è di tutto rispetto e segue la tendenza del pubblico americano che ama la perfezione: la sottofascia è una foglia che trova i natali in Connecticut, fatta fermentare e maturata appositamente per ben quattro anni. La fascia ha la progenie in un seme del Connecticut cresciuto in Ecuador, anche questo appositamente fermentato e invecchiato per due anni. Illustri personaggi americani dal colore “maduro” del mondo del cinema, dello sport e del business ne sono già grandi estimatori, basti pensare agli attori Denzel Washington e Forest Whitaker, all’attrice Theresa Randle, alla modella Naomi Campbell, al regista Spike Lee, agli intramontabili miti della NBA Julius Irving (Dr. J), Charles Barkley anch’egli grande giocatore dei Philadelphia 76ers, Dennis Rodman dei Detroit Pistons, per non parlare dei giocatori di football americano come Emmit Smith dei Dallas Cowboys e Jerry rice dei San Francisco 49ers.

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testo di Simone Scelsa Vice Presidente della Casa del Habano di Milano

 
La citazione
Di tutti i piaceri che conosciamo, già il semplice tentativo è piacevole. L'impresa risente della qualità della cosa a cui mira.
Michel De Montaigne

Link utili
www.casadelhabano.it

www.itagency.it
www.davidoff.com