L’importanza del fattore umano
Spostare l’obiettivo dell’attività d’impresa alla dimensione umana per costruire un dialogo più a misura d’uomo e appagante tra chi chiede e chi offre. È quanto sostiene Marzio Dal Cin, Presidente Consorzio Qualità Assolombarda, intervenuto al convegno Human Satisfaction organizzato da Bonferroni.
Speciale Human Satisfaction – Seconda parte
Quanto conta il fattore “umano” nella gestione del cliente e nella comunicazione d’impresa?
Personalmente arriverei quasi ad affermare che gestione del cliente e comunicazione d’impresa sono basate esclusivamente sul fattore umano. Dobbiamo sempre ricordare, prima di ogni considerazione di tipo imprenditoriale o commerciale, che noi stessi, in molti momenti della nostra giornata e della nostra vita, siamo “clienti” di qualcosa, e se facciamo un piccolo esame di coscienza ci accorgiamo che le nostre scelte sono sempre mosse, alla fine, anche e soprattutto da fattori umani: l’immagine, l’impatto psicologico, la sicurezza per noi e gli altri, la salute, il benessere, la soddisfazione… tutti elementi umani comuni a grandi e piccoli.
Come concretamente le aziende devono muoversi per mettere al centro il fattore “umano”?
Mettendosi dal punto di vista della persona a cui si rivolgono, conoscendone le pulsioni e le attrazioni. In tal senso è importante che le imprese determinino con reale certezza quale è il valore competitivo aziendale percepito dal cliente, non quello che esse credono di avere, basandosi spesso erroneamente su fattori arbitrari, storici o semplicemente desunti da osservazioni male interpretate.
Quanto questo cambiamento di visione – il passaggio dalla customer alla human satisfaction – può incidere sulla qualità di un’azienda?
Il passaggio è fondamentale in quanto riporta l’obiettivo dell’attività d’impresa alla dimensione umana, perché in fin dei conti alla radice di ogni azienda esiste sempre una persona, o più persone, e non un’entità astratta. Le imprese riflettono nel loro comportamento, e quindi anche nei loro valori, le persone che ne sono alla guida, e in quest’ottica vanno diretti gli sforzi comunicativi d’impresa.
Come vede il consumatore di oggi? Come è cambiato nel tempo?
“Consumatore” è un termine molto sfruttato e a mio avviso anche piuttosto brutto, che dà la sensazione di un automa che esiste solo per bruciare e divorare ogni oggetto o servizio che gli viene proposto, distruggendolo, quasi fosse una belva famelica e insaziabile, dotata solo di istinti primordiali. Mi piacerebbe che questo termine fosse sostituito dalla parola “persona” o anche “cliente”, che è sicuramente più gradevole di “utente”, molto sfruttato da fornitori di servizi pubblici. Il “consumatore” infatti non è una macchina ottusa a cui non far mancare nulla da “consumare”, ma un essere vivente con i propri bisogni, necessità, anche di natura psicologica e sentimentale. Di questo sicuramente i primi ad essersene resi conto sono essi stessi (NOI stessi) ed ecco la maggiore ricerca negli ultimi anni di un dialogo più a misura d’uomo e appagante tra chi chiede e chi offre.