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Nuovi scenari del “Quarto Potere”

Quarto potere

La storia ci ha insegnato che l’informazione ha sempre avuto un ruolo determinante nello sviluppo della società, ruolo che negli ultimi anni è cresciuto esponenzialmente insieme allo sviluppo dei nuovi mezzi  di comunicazione. Vediamo in che modo e fino a che punto questo potere viene esercitato

Che l’informazione sia un incredibile strumento di potere lo spiegava già 70 anni fa Orson Welles col suo magistrale “Quarto Potere”, il titolo diceva già tutto. Ciò che invece sfugge a molti sono due aspetti, che talvolta contano più della notizia stessa: il “come” questa viene data, e …perchè altre notizie non siano state date.

Partiamo da quest’ultimo. Quando lavoravo nel dipartimento marketing di un grosso quotidiano nazionale, i colleghi giornalisti mi spiegavano come solo il 7% delle informazioni che ogni giorno arrivavano in redazione veniva poi tradotto in articolo. Estremizzando, e con tutti i limiti che le semplificazioni comportano, potremmo dire che veniamo a conoscenza di solo 1 informazione su 10 disponibili.

La stragrande maggioranza delle note d’agenzia o dei comunicati stampa non hanno quindi un seguito sull’edizione del giorno dopo. Au reverse, non è una novità che l’italiano medio è da anni nauseato dalla politica, eppure le prime pagine dei quotidiani e dei tele-radiogiornali sono spesso monopolizzate dalle dichiarazioni dei vari leader di partito. Cosa spiega queste presunte anomalie?

Anzitutto, spesso l’informazione fornita in realtà non è affatto interessante. Chi la invia ai media è convinto che si tratti di qualcosa cui valga la pena dare la massima evidenza, mentre di fatto incuriosirebbe solo qualche suo parente. Ne scrivo con cognizione di causa, essendo io il primo a trasmettere ogni tanto dei comunicati il cui contenuto non credo cambierebbe le sorti dell’umanità, per usare un eufemismo. In secondo luogo, la selezione delle notizie pervenute viene operata anche per motivi di spazio: tutto non ci sta. Se pensiamo ai giornali del 12 settembre 2001, all’indomani dell’attentato alle Torri Gemelle, quella sola notizia ha monopolizzato tutti gli spazi dei media, rimandando al giorno successivo (in alcuni casi, le settimane successive) ogni altra informazione, ancorché degna di nota. Alcune fra quelle escluse sono persino cadute nel dimenticatoio perché nel frattempo divenute stantie, col che citiamo un altro criterio chiave di selezione: la tempistica.

Tutte le testate, inoltre, hanno una propria linea editoriale, per rimanere fedeli alla quale è giusto che decidano in piena autonomia se e in che termini un’informazione debba essere trattata, e questo naturalmente contribuisce in maniera determinante all’ulteriore selezione del “divulgabile”. Infine, e saltando altri aspetti come la veridicità di presunte notizie – tutta da verificare -, le maglie della rete s’infittiscono quando si mette in pratica la più antica legge del giornalismo: “Una buona notizia, non è una notizia”. Certo vi sono delle eccezioni: un’emittente televisiva privata pochi anni fa ha ideato il “Tg Rosa”, fatto di sole buone notizie. Chi legge “Focus”, noto mensile italiano di scienza per non addetti ai lavori, sa che ogni edizione si apre con una rubrica intitolata “Le buone notizie”. Ed è seguitissima. Ma si tratta, appunto, di eccezioni.

Passiamo ora all’importanza del “come” si trasmette una notizia. Pensiamo ai telegiornali nostrani più noti, quelli a diffusione nazionale. Fermo restando che ognuno ha i propri gusti, spesso dettati dall’orientamento politico, in effetti molti (è il mio caso) scelgono il TG sulla base di come ci ha abituato a dare le notizie.  C’è chi ama lo stile Mentana del primissimo TG5, per il quale una notizia era tale solo se urlata, e chi come me preferisce il tono persino soporifero dei TG diretti da Mimum (rimpiango molto il suo TG2). Fosse solo una questione di voce poi: da qualche parte in Russia si sono inventati le telegiornaliste (…) che si denudano mentre leggono il notiziario. Al di là di questo caso limite, è fuori discussione che oramai tutti i media offrono le stesse notizie, a quel punto il lettore, l’ascoltatore o il telespettatore scelgono sulla base di criteri che esulano dal contenuto e si concentrano piuttosto sulla forma.

Nel caso dei TG la questione è addirittura drammatica: i contenuti sono freschi come la frutta di fine stagione. L’italiano medio, categoria cui fieramente appartengo, è drogato d’informazione. Già alle 7 di mattina ascolta le notizie alla radio oppure si “sfoglia” Televideo o Mediavideo. Poi si mette in macchina ascoltando il tg-radio, arrivato in ufficio accende il PC ed ecco Internet: tutti nel corso della giornata diamo un’occhiata al sito di Corriere, Repubblica, Sole24Ore o del giornale locale, anche perché per molti la professione necessita l’essere aggiornati. Infine, magari in pausa pranzo si dà pure una lettura veloce al quotidiano “cartaceo”. Morale della favola: è matematicamente impossibile che il TG delle 13.00 e ancor più quello della sera ci raccontino qualcosa che già non sappiamo o che comunque sia realmente interessante.

Così dobbiamo ammettere che programmi come Striscia la Notizia o Le Iene e simili sono fra i pochi che seguiamo in maniera meno distratta: perché fanno giornalismo d’inchiesta, di approfondimento, di denuncia, e ci raccontano finalmente qualcosa di nuovo e di diverso. In forma umoristica, certo, in forma di satira, magari con inviati travestiti come se fosse sempre carnevale.

Ma ci raccontano le cose che veramente c’interessano: quanto ci stanno fregando quando facciamo il pieno di benzina, quanto è più economico il latte in polvere in Germania, quanto spreco di denaro viene fatto per strutture ospedaliere inutilizzate o quali manigoldi bussano alla nostra porta per fregarci soldi con vari stratagemmi. Ed ecco che il contenuto, la notizia in sé, finalmente torna ad avere un peso maggiore. Che a darcela sia stato un tizio in tutina gialla e con una ventosa incollata in testa, poco importa.

Si potrebbe ora aprire un’ampia parentesi sul potere eccessivo di certi media (inferiore solo a quello delle agenzie di rating… e purtroppo non è una battuta), i quali sono in grado di creare dal nulla vere e proprie mode, nuove espressioni,  nuove manie, ma anche di generare false psicosi, allarmismi spesso ingiustificati. Giù la maschera: dietro le notizie ci sono spesso forti interessi, di politici, di aziende, di persone influenti in tutti i settori e ambiti decisionali. Ma non mi spingo oltre perché non è questa la sede più opportuna. E poi perché su B&G non facciamo eccezione: anche qui ci sono problemi di spazio!

testo di Leonardo Marabini, Esperto di comunicazione e marketing e Direttore commerciale e marketing di Kilometro Rosso