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Economia/Imprese

“Più sei incompetente e meglio ti giudicano”

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Conoscere la materia, essere esperti di un determinato settore, spesso vale, in termini di denaro, meno che saperne poco o nulla. Sembra una contraddizione e invece se si considera che la retribuzione in molti casi è oraria si capisce perchè, il tempo investito nella preparazione e nello studio, viene poi ampiamente pagato. Questa è l’opinione di Angelo Pasquarella, amministratore delegato di Projectland, che in questa intervista affronta quello che lui chiama il “Paradosso dell’incompetenza”

Come è possibile che l’incompetenza porti a maggiori riconoscimenti? Gli imprenditori non regalano i soldi…
Certo, non c’è niente di intenzionale. Sono i paradossi che derivano dall’applicazione di regole che funzionano nel mondo industriale ma che non vanno più bene nel mondo postindustriale, che rappresenta gran parte della nostra economia. Esiste in molti di noi una sorta di paradigma attraverso il quale si ritiene che il tempo sia il parametro per lo svolgimento di ogni attività. E’ la conseguenza del modello industriale del lavoro, che ormai (dopo 200 anni) fa parte del nostro DNA. Quando il lavoro è dettato da una predefinita struttura organizzativa alla quale dobbiamo adeguarci, il tempo è il parametro del nostro contributo alla produttività aziendale.
Se il lavoro consiste infatti nello svolgere un compito: più tempo impiego e più compito svolgo. Non è invece così per il lavoro intellettuale.

Va bene, ma non comprendo il nesso…
Se devo ad esempio risolvere un problema conteranno più che il tempo la mia competenza e la mia capacità di inventarmi dei metodi, dei modelli, degli strumenti per risolverlo. In altre parole non c’è un meccanismo organizzativo che ha già risolto il problema in partenza, ma sono proprio io che devo trovare la soluzione: sono io il modello organizzativo. Mi servirà certo tempo, ma soprattutto competenza. Più complessi sono i problemi è più prevale l’apporto della competenza.

Sì ma questo non significa pagare di più l’incompetente…
Facciamo un esempio. Ammettiamo che lei abbia da risolvere un intricato caso legale collegato ad una specifica materia e che lei si rivolga ad un qualsiasi avvocato. Se accetterà l’incarico, non sarà per lui semplice districarsi in una materia che non governa bene: dovrà approfondire argomenti che non conosce, effettuare ricerche, magari sciogliere dubbi chiedendo favori a colleghi che hanno avuto molti casi simili a quello da lei sottoposto. L’avvocato penserà “ho fatto una fatica inenarrabile in questa causa, ho impiegato molto del mio tempo, mi sono impegnato molto e mi merito una bella parcella” Se il tempo impiegato diviene il parametro di riferimento, la conseguenza è che lei pagherà di più il servizio e con buona probabilità otterrà dei risultati più scadenti. Agli occhi invece di un legale specializzato nella problematica, quanto sottoposto poteva apparire addirittura banale e, anche ai suoi occhi, per quanto cara, la parcella appariva proporzionata ad un’attività di ordinaria amministrazione. Sarebbe stata quindi più contenuta.

Per il professionista mi ha convinto, ma nelle aziende…
In aziende in cui prevalgono i compiti, il tempo è il giusto punto di riferimento, in aziende in cui prevale l’attività di soluzione di problemi è la competenza il giusto punto di riferimento. Se utilizzassi il tempo come parametro cosa otterrei? Più tempo impiego a risolvere il problema (quindi più sono incompetente) e più mi lamenterò, più dovrò fare straordinari, più chiederò aumenti. Dal mio punto di vista peraltro è giusto così: perché, per me scarsamente competente, il mio lavoro è complesso difficile, faticoso e quindi meritevole di essere assai ben remunerato. Se poi vi saranno inefficienze, le attribuirò al tempo, sempre troppo poco per realizzare compiti così complessi. In questo tranello cadono anche imprenditori e manager…

Perché?
Agli occhi di chi osserva superficialmente, l’incompetente appare una persona molto impegnata, alle prese con problemi difficili, un grande lavoratore perennemente oberato da incombenze, insomma uno che “lavora di più” e che quindi rischia di essere premiato. La persona con elevate competenze sembra lavorare meno, i compiti a lui affidati sembrano di facile soluzione e rapidi da eseguire. Se il parametro è il tempo più si è competenti e più si è penalizzati!

E allora?
Per le attività ad alta intensità di conoscenza, l’unica soluzione è passare da un sistema di gestione basato sul tempo a un sistema basato sui “risultati attesi”. Non occorre guardare al tempo o al clamore intorno ad un problema bensì solo al risultato che si ottiene da ciascuno! Questa però è una vera e propria rivoluzione copernicana perchè richiede sistemi di valutazione, modelli di gestione e mentalità da parte del management ancora non presenti in molte aziende.

Testo a cura di Fabrizio Amadori