Editoriale di Mauro Milesi – B&G numero 14 – Agosto – Settembre 2010
I segnali di ripresa ci sono
I segnali di pericolo anche. La lenta risalita dalla crisi ci offre dati positivi, con un secondo trimestre 2010 in cui il Pil è cresciuto dell’1,1% rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Ancor più confortante il dato della produzione industriale che registra un +8,2% rispetto al 2009: è la miglior performance dal 2000. Sono segnali confortanti di un’Italia che ha saputo darsi da fare. Dati che premiano il valore di un certo modo di fare impresa da parte di chi ha saputo guardare il mondo senza paraocchi, rimboccandosi le maniche e, se necessario, operando significative riorganizzazioni delle proprie aziende.
Sono stati momenti duri (e lo saranno ancora), ma buona parte del Paese ha reagito e adesso ne abbiamo anche le prove statistiche. Abbiamo visto e raccontato storie di imprese che sono riuscite a sconfiggere la crisi grazie a imprenditori illuminati che non sono rimasti con le mani in mano: rivoltando i reparti come calzini, studiando nuove strategie, ottimizzando i costi, riducendo gli sprechi, investendo, se necessario, per essere più competitivi.
Ne è prova l’export italiano, capace di conquistare nuovi mercati e tenere il passo in quelli a maggiore concorrenza. C’è ancora molto da fare, ad esempio sul fronte Cina, creando soluzioni produttive complementari ai cinesi, facendoli diventare alleati, partner e non concorrenti. E’ una delle tante sfide, come quella della qualità, della salvaguardia di quel Made in Italy di cui tutti si vantano, ma pochi fanno davvero. Ed ecco il primo segnale di pericolo. In un momento in cui l’offerta oltre i nostri confini si rivela una strada fondamentale per la nostra economia, la politica non trova il sistema di varare una legge con norme chiare che tutelino il Made in Italy, che agevoli il percorso per meglio posizionarlo nei mercati internazionali.
Si litiga, si discute, non si decide. Non si decide nemmeno su chi debba essere il nuovo ministro dello Sviluppo Economico. Sono passati mesi dalle dimissioni di Scajola, eppure il dicastero resta ad interim e molte deleghe sono state spezzettate su altri ministri. Delle due l’una: o la questione non è considerata importante (colpevolmente) o quel ministero non era importante. E allora perché è stato creato? Insomma, la politica sembra deludere ancora una volta e più che mai in questo periodo dove si assiste a una bagarre su questioni che nulla hanno a che vedere con il futuro del Paese. Mentre l’Italia, le famiglie e le imprese lottano per uscire dalla crisi, la politica si avvita su se stessa, si rispecchia sempre di più nel suo essere “casta”. Ma senza politica, la buona politica, non riusciremo ad andare lontano, non riusciremo a costruire il terreno per restare ai livelli dei Grandi. La politica si deve ricordare che il Paese viene prima delle liti e dei giochi di palazzo, che il Paese non può perdere altro tempo in apnea.