Editoriale di Mauro Milesi – B&G numero 20 – Dicembre 2011 – Febbraio 2012
Crescita o sviluppo?
Solo un anno fa ci aspettavamo un futuro completamente diverso. Guardavamo al 2011 con una certa fiducia, nella consapevolezza che la strada era comunque difficile e in salita. Adesso, a distanza di 12 mesi, ci ritroviamo nuovamente a guardare l’orizzonte, ma la prospettiva ci appare decisamente cambiata.
Il giro di boa non c’è stato e la nostra percezione per il 2012 è sicuramente più pessimista. Troppe cose sono successe e troppe non sono accadute. L’Italia vive un momento di profonda difficoltà con tanti nuovi sacrifici richiesti a imprese e famiglie, senza tuttavia avere un vero piano per lo sviluppo.
Un piano che manca non solo per il nostro Paese, ma che non c’è nemmeno per l’Europa e, più in generale per il nostro modello universale di business (almeno in Occidente).
La crisi ci ha insegnato tante cose. Abbiamo imparato a capire meglio i nostri errori, a rimboccarci le maniche, a studiare nuove forme di business, a lottare per la competitività e a tirare la cinghia. Ma così, a nostro avviso, non può bastare. Il primo è un problema di politica interna. Mentre le aziende hanno lavorato sodo per cambiare, migliorando le proprie performance e le organizzazioni interne, la politica non è stata in grado di fare lo stesso salto di qualità. In tempi difficili il capitano della nave deve saper navigare in acque avverse e la nostra classe politica non si è dimostrata all’altezza. C’è ancora troppa melma, ancora troppa casta, ancora troppi parvenu.
Il secondo è un problema di politica internazionale. L’Europa c’è solo sulla carta e l’euro (con tutto quello che comporta) ne sta pagando tutte le conseguenze. Oggi si tenta di correre ai ripari, ma è il classico meccanismo della politica miope che non sa programmare. La moneta unica ha bisogno di regole uniche, di una politica unica e di un sistema economico-finanziario unico (a cominciare da una banca centrale con veri poteri). Ma sarà dura trovare un accordo. Come è duro far digerire il principio di sussidiarietà sovranazionale. In molti paesi, Italia compresa, le regioni ricche sostengono, spesso loro malgrado, quelle più in dif-fi coltà. In Europa, pur avendo una moneta condivisa, questo non avviene. I Paesi meno in diffi coltà non hanno alcuna intenzione di aiutare quelli più in difficoltà, se non dinnanzi a condizioni eccessivamente a loro favore. Attenzione la sussidiarietà incondizionata non è un bene, ma nemmeno chiedere un dazio troppo alto. In un sistema globalizzato, bisogna capire che siamo sulla stessa barca. E non sta certo navigando col vento in poppa.
Il terzo problema è macro-economico. C’è una differenza sostanziale tra crescita e sviluppo. Ma spesso vengono considerati sinonimi. Dalla crisi non abbiamo capito che il nostro modello di crescita infinita in un mondo finito non potrà continuare per molto. Questo meccanismo è proiettato verso il collasso. Dobbiamo produrre sempre di più, quindi dobbiamo consumare sempre di più e via discorrendo fino a che punto? Dobbiamo cambiare prospettiva e puntare allo sviluppo, che non è necessariamente una crescita quantitativa, ma qualitativa.
Questa è la vera ecosostenibilità, il resto è praticamente fuffa.