Editoriale di Mauro Milesi – B&G numero 19 – Settembre – Novembre 2011

Non possiamo più stare a guardare
L’estate che lasciamo alle spalle ci ha sbattuto in faccia tutta la drammaticità della crisi che non accenna a mollare la presa. Anzi, dal 2008 la situazione è progressivamente evoluta passando dal piano finanziario all’economia reale, fino a una vera e propria rivoluzione dell’ordine mondiale. In questi ultimi tempi abbiamo visto crollare i mercati, assistito al declassamento del debito pubblico statunitense, constatato la crescente difficoltà dell’eurozona e osservato con preoccupazione i disordini nelle strade della Gran Bretagna.
All’interno di questo panorama l’Italia paga un caro prezzo. Il prezzo drammatico della mancanza di un progetto. Sono stati i mercati e l’Europa a ricordarcelo, svegliandoci di soprassalto dal perfido torpore di una stolta incoscienza. Il governo è dovuto correre ai ripari non per scelta, non per strategia, ma per procedura d’urgenza. Prima il tonfo della Borsa di Milano, poi il richiamo al rigore della Bce e dei leader di Germania e Francia hanno sottolineato come il Paese debba fare i conti con una sovranità sovranazionale che impone regole precise. Se si vuole stare in gioco. In tutto questo, la politica vive uno dei suoi momenti più neri. Mentre le aziende hanno dovuto rimboccare le maniche per sopravvivere e trovare uno sbocco competitivo nell’epoca della crisi, la classe politica italiana ha continuato a vivere di passerelle televisive, bagarre di quartiere e problemi giudiziari che l’hanno allontanata sempre di più dai problemi reali del Paese. La casta si è impantanata, continuando ad avvitarsi su se stessa, vivendo di proclami senza concretezza, nutrendosi dello scontro tra fazioni fine a se stesso.
Per questo chi ci governa non ha saputo pensare a un progetto vero per salvare e rilanciare il nostro sistema, preoccupandosi più a salvaguardare gli equilibri di una cerchia di poltrone che oggi ci appaiono scricchiolare sempre più. Non possiamo dimenticare che nei mesi scorsi il governo ha varato una manovra in cui la maggior parte delle azioni per il pareggio di bilancio erano fissate nel 2014, anno successivo all’attuale legislatura. E’ l’evidente dimostrazione di una politica che vive lo strappo dalla vita vera e dai bisogni veri e improcrastinabili dell’Italia a un passo dal baratro.
Solo il richiamo all’ordine dell’Europa e il crollo dei mercati hanno costretto l’esecutivo a fare un passo indietro e a correggere il tiro pensando a una manovra per il pareggio entro il 2013. Non ce la vengano a dire, questa è la verità. Abbiamo fatto dietrofront non per scelta, ma perché la situazione internazionale ci ha pesantemente tirato per la giacchetta.
Tutto questo ci ricorda la nostra fragilità e la nostra impotenza. Ci ricorda che se non siamo in grado di fare i conti con noi stessi, viviamo ormai in un mondo globalizzato che è pronto a ricordarci quali sono i nostri obblighi e i nostri limiti. L’Italia non può più tirare a campare. Però ancora annaspa in mancanza di un progetto per il rilancio, di riforme strutturali e di leader che sappiano guidare la barca in un mare così burrascoso. Se vogliamo gridare “Terra”, dobbiamo diventare tutti protagonisti del nostro destino obbligando la casta (non solo quella politica) ad abbandonare la nave.