Editoriale di Mauro Milesi – B&G numero 21 – Marzo – Maggio 2012
Due pilastri per la stabilità
Famiglie e imprese sono il nucleo portante del Paese. C’è chi storcerà il naso,lo sappiamo, pensando che ci siamo dimenticati qualcuno. Eppure la famiglia e l’azienda sono gli spazi in cui c’è ancora la possibilità di trovare riparo, conservare le forze e continuare a lottare in questi tempi difficili.
C’è ancora amore, c’è ancora passione, c’è ancora voglia di fare e costruire dentro questi due piccoli, ma grandiosi mondi pieni di valori autentici che resistono all’oblio di un Paese in declino. L’Italia che vuole risollevarsi si appoggia su questi due pilastri per trovare la stabilità necessaria.
Ma il terreno di fondo è viscido e la melma si fa largo tra le crepe, insieme a scarafaggi e parassiti. La famiglia è il cuscinetto sociale che tutto assorbe, tutto ammortizza, tutto aggiusta. Finché può. Lo sanno i nostri giovani disoccupati che sono costretti costantemente ad aggrapparsi alle radici domestiche, lo sanno milioni di padri e madri che combattono ogni giorno senza alcun sostegno sociale, lo sanno gli anziani che ritrovano nella famiglia il calore negato da un Paese senza memoria. Ma il cerchio si stringe, le casse si prosciugano e l’energia del focolare non durerà per sempre.
L’articolo 1 della Costituzione va riscritto: l’Italia è una repubblica democratica fondata sulla famiglia. Chi è scandalizzato può anche cambiare pagina. Però c’è un’altra “ famiglia” che continua a fare la sua parte: è la piccola e media impresa italiana. Decine di migliaia di aziende che restano sul campo ogni giorno, sfidando la complessità con la forza dell’innovazione, il coraggio di scelte difficili e la pazzia di chi non guarda solo al bilancio.
Conosco personalmente decine di imprenditori che in questo momento non hanno alcuna intenzione di mollare pur di fronte a perdite e passività. Nel mondo della speculazione e della finanza virtuale, l’economia reale è fatta da tanti piccoli “capitani d’impresa” che restano aperti nonostante tutto, che non vogliono mollare lasciando a casa i loro collaboratori e le loro famiglie. Forse non c’è il grande business nelle vene di chi non si vuole arrendere di fronte alla realtà di un mercato sempre più aggressivo e complesso (l’oceano rosso), ma c’è il sentimento sociale del danno che deriverebbe dalla chiusura di un’azienda.
E’ una visione romantica e anacronistica, ma ci ricorda che c’è qualcuno in questo Paese che non può permettersi di stare seduto nella comodità delle poltrone del palazzo. Qualcuno si deve ancora sporcare le mani e guardare in faccia la realtà. Come fanno ogni giorno famiglie e imprese.